Il declino del Made in Italy industriale
È un momento difficile per il manifatturiero italiano. Nel 2024 la produzione industriale italiana ha registrato un calo del 3,5% rispetto all’anno precedente, mentre dal picco di aprile 2022 la contrazione ha raggiunto il 15%

Questo articolo è a cura di Giorgia Alessi dello Starting Finance club dell’Università Liuc di Castellanza
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Introduzione
L’industria manifatturiera è da sempre uno dei pilastri dell’economia italiana, riconosciuta a livello globale per l’eccellenza del Made in Italy, sinonimo di qualità e innovazione. Tuttavia, il settore sta attraversando una fase di profonda difficoltà. Nel 2024, la produzione industriale italiana ha registrato un calo del 3,5% rispetto all’anno precedente, mentre dal picco di aprile 2022 la contrazione ha raggiunto il 15%.
Tra i comparti più colpiti vi sono quelli maggiormente esposti all’export, che risentono delle tensioni internazionali e della debolezza del mercato interno. La produzione di autoveicoli ha subito una flessione dell’11,3%, mentre l’industria tessile ha registrato un calo del 10,5%.
Le cause di questa crisi sono molteplici e derivano da una combinazione di fattori economici, tecnologici e geopolitici. Il 2025 rappresenta un anno cruciale per il futuro del settore: l’Italia si trova al centro di un cambiamento strutturale che potrebbe ridefinire il ruolo del Paese nel panorama industriale globale.
Un ventennio pieno di sfide
Le difficoltà attuali dell’industria italiana non possono essere ricondotte a un solo fattore né attribuite esclusivamente alla politica nazionale. Negli ultimi vent’anni, il settore manifatturiero ha dovuto affrontare una serie di trasformazioni globali che ne hanno messo a dura prova la competitività.
La crisi finanziaria del 2008, innescata dal fallimento di Lehman Brothers, ha lasciato segni profondi nel tessuto produttivo italiano. La contrazione del credito ha costretto molte aziende a tagliare i costi e, tra le prime voci colpite, c’è stata la riduzione del personale. Questo ha comportato la perdita di competenze strategiche, con un impatto diretto sulla produttività e sulla capacità di innovazione delle imprese.
Successivamente, la rivoluzione digitale ha ridefinito i processi produttivi, con l’introduzione di tecnologie avanzate come l’Intelligenza Artificiale e l’Industria 4.0. Sebbene questi strumenti abbiano migliorato l’efficienza e ottimizzato la produzione, molte aziende – in particolare le PMI – hanno faticato a stare al passo con l’innovazione, restando indietro rispetto ai competitor internazionali.
Parallelamente, gli equilibri economici globali sono cambiati radicalmente. La delocalizzazione in Cina, inizialmente vista come un’opportunità per ridurre i costi di produzione, si è rivelata una strategia rischiosa con l’inasprirsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. Dazi e restrizioni tecnologiche hanno costretto molte imprese italiane a riconsiderare la loro strategia di internazionalizzazione, valutando il reshoring o il trasferimento della produzione in altri paesi asiatici e dell’Europa dell’Est.
A complicare ulteriormente il quadro, le sanzioni imposte alla Russia hanno ridotto le opportunità di export per settori chiave come la meccanica, il lusso e l’agroalimentare, spingendo le imprese italiane a individuare nuovi mercati in Nord America, Medio Oriente e Africa.
Infine, l’Inflation Reduction Act varato dagli Stati Uniti ha incentivato la rilocalizzazione industriale sul suolo americano, aumentando la pressione competitiva sulle aziende italiane. L’elezione di Donald Trump nel 2024 ha accentuato queste dinamiche, con un rafforzamento delle politiche protezionistiche che stanno ridisegnando gli equilibri commerciali globali. Di fronte a questo scenario, molte imprese italiane stanno spostando i propri investimenti negli USA, creando nuove sfide per l’economia nazionale e per il futuro della manifattura italiana.
Le nuove minacce: energia, commercio internazionale e protezionismo
Oltre a questi cambiamenti strutturali, l’industria manifatturiera italiana si trova ad affrontare nuove criticità che rendono ancora più complessa la ripresa del settore.
Uno dei principali ostacoli è rappresentato dall’aumento del costo dell’energia. Il prezzo del gas, in particolare, continua a salire a causa di una combinazione di fattori geopolitici ed economici. La guerra in Ucraina ha determinato un’instabilità nelle forniture di gas naturale, mentre la riduzione delle importazioni dalla Russia ha reso necessaria una diversificazione delle fonti di approvvigionamento, con un conseguente incremento della domanda e dei prezzi. Questo fenomeno ha avuto un impatto significativo sui costi di produzione, soprattutto per le industrie ad alta intensità energetica.
Un altro elemento critico è la debolezza del commercio internazionale. La domanda globale sta rallentando, rendendo sempre più difficile per le imprese italiane espandere i propri mercati di sbocco. Inoltre, le nuove barriere tariffarie imposte dagli Stati Uniti potrebbero aggravare ulteriormente la situazione. Se tali misure colpissero l’industria esportatrice tedesca, l’Italia ne subirebbe le ripercussioni in quanto principale fornitore di componenti e beni intermedi per le aziende tedesche. Nel 2024, il nostro paese ha registrato una perdita di tre miliardi di euro nelle vendite verso la Germania, un segnale preoccupante che evidenzia la crescente difficoltà del principale partner commerciale europeo.
In questo scenario complesso, le prospettive per gli investimenti italiani nel 2025 appaiono poco incoraggianti. Nonostante i fondi europei disponibili, la crescita prevista per il settore manifatturiero è praticamente nulla. In particolare, si stima una contrazione negli investimenti in macchinari e attrezzature. Questo dato riflette la mancanza di fiducia delle imprese italiane, che, di fronte a un’elevata incertezza economica e a una crescente pressione competitiva, esitano a impegnarsi in investimenti a lungo termine.
Conclusioni
Per invertire questa tendenza e rilanciare l’industria manifatturiera, è necessario un intervento immediato e mirato. Servono misure concrete per ridurre il costo dell’energia, incentivare gli investimenti e sostenere l’export. A partire da oggi, si aprono nuovi spazi di confronto e proposte per affrontare la crisi e individuare soluzioni efficaci, con l’obiettivo di avviare una nuova fase di crescita economica e industriale per l’Italia.
Fonti
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