In un anno la Lombardia si è “mangiata” suolo fertile uguale a mille campi da calcio
Avanzano cemento e asfalto, tra superstrade, case, capannoni e piazzali logistici. Dati ancora preoccupanti dal rapporto Ispra, lo denuncia anche il mondo dell'agricoltura. Legambiente critica: "La legge regionale contro il consumo di suolo non funziona. E anche Milano fa male"
Avanza inesorabile ogni anno, incurante da un lato delle preoccupazioni, dall’altro dei magri strumenti di contrasto fin qui approvati: parliamo del consumo di suolo in Italia e in Lombardia. Nel 2023 asfalto e cemento hanno eroso altri 6439 ettari di terreno fertile. Il dato emerge dal Rapporto Ispra sul consumo di suolo in Italia, pubblicato oggi, che conferma e consolida anche il primato lombardo di regione più cementificata d’Italia: con 2910 chilometri quadrati di territorio lastricati da cemento o asfalto la Lombardia stacca tutte le altre regioni quanto a estensione del territorio urbanizzato: ben il 12,2% dell’intera superficie regionale è coperta di superfici inerti e non traspiranti, un valore quasi doppio della media nazionale.
Il 2023 ha segnato l’ennesimo avanzamento della cementificazione della Lombardia, cresciuta di ben 7,3 km2, un incremento che è secondo, sia pur di pochissimo, solo a quello altrettanto negativo della Emilia-Romagna, regione con la quale la Lombardia condivide il fenomeno sregolato della crescita dei capannoni logistici spuntati a dismisura nell’ultimo decennio nelle campagne sia a Nord sia a Sud del Po, e soprattutto lungo le direttrici pedemontane.
«La Lombardia, insieme a Emilia Romagna e Veneto, è una delle regioni che si sono dotate di una legge contro il consumo di suolo» commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia.
«A dieci anni di distanza dall’approvazione della norma, i risultati però non si vedono: il cemento continua ad avanzare. L’inefficacia di queste norme sta nella incapacità di attivare processi alternativi all’uso scriteriato di suoli agricoli: si continuano a costruire capannoni logistici e data center su terreni verdi, anziché sulle troppe aree dismesse che costellano il nostro territorio, e in questo modo si perde due volte: sia sprecando suolo agricolo, sia rinunciando alla possibilità di riabilitare zone degradate».
Un altro dato che si consolida è la crescita del consumo di suolo focalizzata sulla direttrice Brescia–Bergamo–Milano, quella servita, oltre che dalla storica autostrada Torino-Venezia, anche dalla più recente BreBeMi, infrastruttura che conferma di essere una vera e propria ‘pista d’atterraggio’ per capannoni logistici piazzati a casaccio in mezzo alle campagne delle tre province.
Milano, Monza e Varese le province più “consumate”
La Lombardia resta in assoluto, come detto, la regione a maggior consumo di suolo. Un triste primato che viene confermato da due dati concomitanti: è quella con la maggior superficie di territorio consumato (12,2% del totale) e quella dove l’urbanizzazione avanza di più, con 728 ettari di suolo naturale “scomparsi” nel 2023, trasformati in strade, autostrade, villette, capannoni, piazzali della logistica che hanno preso il posto dello strato di terra fertile, quella che si forma nell’arco di secoli.
A Milano l’aumento è stato di 131 ettari consumati in un anno, che porta a ben il 31,9% di territorio coperto da cemento e asfalto.
Il primato – negativo – sul dato 2023 spetta però a Brescia, con un totale di 137 ettari di suolo consumato in un anno, frutto anche della grande espansione della logistica lungo le autostrade, un tema già sollevato in altre occasioni dagli enti di ricerca.
Resta invariata invece la provincia a maggior consumo di suolo in assoluto: si tratta di Monza e Brianza, dove il 40,8% della superficie non è traspirante, coperta di strade, parcheggi o edifici di vario genere.
Dopo Milano e Monza la provincia a maggior consumo di suolo in senso assoluto è quella di Varese: nel 2023 nuove infrastrutture e stabili si sono “mangiati” 61 ettari di suolo naturale – boschi, prati, terreni agricoli – portando il suolo consumato al 21% del territorio provinciale.
Dietro c’è anche una grande differenza territoriale: se al Nord della provincia (Varese, valli e zona Lago Maggiore)la pressione è limitata, è invece molto elevata nel Sud provincia, nella zona di Gallarate e Busto, intorno a Malpensa dove sono previste nuove, pesanti infrastrutture, in parte legate all’aeroporto e alla logistica. Come la nuova superstrada per Malpensa, il nuovo polo Amazon, il progetto – molto discusso – di nuovi capannoni su campi agricoli tra Tornavento e la via Gaggio, uno dei pochi polmoni verdi nella zona del Basso Varesotto.
Infatti, oltre la metà (il 52%) del consumo di suolo dell’intera regione si colloca nelle tre province, con Brescia che primeggia con il suo dato di 137 ettari di campi agricoli trasformati in capannoni e strade, nel solo 2023. Il rischio è che tra Milano e Brescia, un pezzo per volta, si vada a configurare un unico, grande nastro formato da piastre logistiche e industriali, spodestando l’attività agricola e la ricchezza di ambienti naturali e risorgive.
Protesta contro nuovi poli logistici nella zona delle colline tra Brescia e MantovaSpicca poi come sempre il dato della provincia di Monza e Brianza, che con il suo 41% di territorio dato in pasto al cemento si mantiene stabilmente al primo posto nazionale tra le province ad altissimo consumo di suolo, sopravanzando la stessa provincia di Milano (32% di suolo cementificato): un dato che nei prossimi anni è destinato a peggiorare ulteriormente, visto che sui pochi spazi liberi della Brianza monzese sta per atterrare il mega cantiere di Pedemontana.
“Anche Milano fa male”
Sebbene il consumo di suolo in Lombardia, legato a nuovi capannoni industriali e di logistica, prenda prevalentemente di mira le campagne e gli spazi aperti dei piccoli centri, anche le città capoluogo non ne sono indenni. In grande risalto quest’anno il dato di Milano, che si è giocata in un solo anno 15 ettari di campi agricoli trasformati in nuovi edifici.
«Milano che continua a consumare suolo è una pessima notizia: altro che ‘desigillatura’ per far posto al verde permeabile»commenta Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia, riferendosi alle sbandierate pratiche di sostenibilità attuate dal Comune. «Se la crescita in verticale doveva liberare spazio per la città pubblica e per il respiro del suolo urbano, questo evidentemente non sta succedendo. Da questo punto di vista la sanatoria del ‘SalvaMilano’ è una pezza molto peggiore del buco», dice Di Simine riferendosi al decreto votato a Roma, con sostegno di centrodestra e parte del centrosinistra per “disinnescare” le inchieste sull’edilizia a Milano.
Gli addetti dell’agricoltura preoccupati
In positivo ci sono invece i dati di altre città, come Lodi e Lecco, in cui nel 2023 il consumo di suolo è stato quasi nullo.
Le province della bassa pianura, molto attive sul fronte agricolo e più periferiche rispetto ai grandi assi, consumano comunque suolo man mano, nonostante la forte vocazione agricola.
Il tema del consumo di suolo rè connesso alla capacità di resistere ad alluvioni e fenomeni atmosferici estremi (il suolo “consumato” non è traspirante, non assorbe l’acqua) ma è anche centrale per l’agricoltura, che in aree come il Milanese fa sempre i conti con la “pressione” di strade e capannoni.
«La situazione è drammatica», dice il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini. «La cementificazione selvaggia non fa che rendere il nostro Paese sempre più vulnerabile e non ce lo possiamo permettere». Per questo l’associazione degli agricoltori «torna a chiedere con urgenza l’approvazione di una legge sul consumo di suolo, da anni ferma in Parlamento tra ‘stop and go’ e continue sollecitazioni».
«Solo con una normativa chiara ed efficace in materia -continua Fini- si può tutelare una risorsa fondamentale per gli agricoltori e le aree interne, base delle produzioni agricole e fonte di reddito per le comunità rurali, ma anche un patrimonio unico per tutti i cittadini, perché un suolo fertile è l’argine più prezioso contro l’inquinamento e il dissesto idrogeologico».
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