Luigi Albertini, il direttore che fece grande il “Corriere della Sera” dal 1900 al 1925
Nasceva il 19 ottobre 1871 uno dei più grandi direttori di giornale del Novecento. Fu l’industriale Ernesto De Angeli, lavenese, a proporlo all’editore del “Corriere” Eugenio Torelli-Viollier, che dal 1885 guidava il giornale di proprietà del bustocco Benigno Crespi
Quella di Luigi Albertini è una vicenda umana abbastanza singolare, iniziata, come spesso accade per le persone di genio, in giovanissima età. Nato ad Ancona, Albertini era stato un brillante studente liceale, ma aveva in un primo tempo accantonato gli studi universitari per dedicarsi al giornalismo, prima a Torino presso quello che da lì a poco sarebbe diventato il quotidiano “La Stampa” e poi a Roma; nella capitale venne presentato ad Ernesto De Angeli, un industriale originario di Laveno e solo apparentemente poco noto, se si considera che a lui è intitolata una grande piazza ed una fermata della MM1 di Milano.
De Angeli era un socio di minoranza del “Corriere della Sera”, entrato nella società assieme ad un altro uomo di lago, l’industriale della gomma Giovan Battista Pirelli. Molto ambizioso e volitivo, De Angeli propose alla direzione l’assunzione del giovane Albertini, il quale già aveva alle spalle un’esperienza di otto mesi a Londra e conosceva la redazione del quotidiano “The Times”.
Albertini entrò al Corriere negli ultimi anni dell’Ottocento con l’incarico di segretario di redazione, un ruolo che conferiva al giornale un’impostazione moderna e di stampo anglosassone. Il giovane dimostrò subito doti talmente spiccate da diventare direttore della testata già nel 1900, a soli 29 anni, iniziando una straordinaria avventura giornalistica ed imprenditoriale che avrebbe portato la tiratura del quotidiano a quintuplicarsi in dieci anni.
Dotato di grandi capacità sia come direttore che come manager, Albertini sopravanzò i giornali concorrenti sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Il “Corriere” spodestò “La Perseveranza” come quotidiano milanese rappresentante del pensiero politico conservatore; allo stesso modo sopravanzò ampiamente la tiratura del “Il Secolo” che all’epoca si vantava di essere la testata più diffusa in Italia. In breve il “Corriere della Sera” divenne uno strumento di consenso popolare, anche grazie a scelte editoriali coraggiose. Giornalisti di rango riempirono le colonne del giornale, primo fra tutti Luigi Barzini, un grande cronista con notevoli capacità letterarie, ma anche Gabriele d’Annunzio divenne celebre come scrittore grazie al Corriere, ben prima della Beffa di Buccari, del Volo su Vienna e dell’impresa di Fiume. Al suocero di Albertini, Giuseppe Giacosa, si deve invece la creazione nel 1899 del settimanale “La Domenica del Corriere” e nel 1908 arrivò poi il “Corriere dei Piccoli”.
Come espressione del conservatorismo e quindi della cosiddetta ‘destra storica’, il Corriere si distinse per la sua avversione a Giovanni Giolitti ed ai metodi ‘trasformistici’ che dominarono la politica italiana nel primo quindicennio del Novecento. Albertini fu naturale avversario dei socialisti, ma anche dei cattolici, perché essi all’epoca erano ancora oppositori dello stato liberale. Il quotidiano milanese raggiunse quindi il culmine della sua influenza con il pesante appoggio all’interventismo italiano durante la Prima guerra mondiale: il Corriere di Albertini fu dunque molto vicino al Re, appoggiò il governo Salandra e durante il conflitto sostenne Luigi Cadorna, un generale di grande levatura e preparazione ma anche molto discutibile sul piano umano. Gaetano Salvemini, il grande antifascista che avrebbe poi insegnato storia ad Harvard durante l’esilio, sostenne che l’Italia non sarebbe mai entrata in guerra nel 1915 senza la forte influenza esercitata dal “Corriere della Sera” diretto da Luigi Albertini.
La direzione albertiniana del Corriere terminò col fascismo, perché già dopo la Marcia su Roma il giornale venne minacciato di distruzione da parte delle squadracce fedeli al dittatore di Predappio e, dopo il Discorso del 3 gennaio, quando il regime prese i caratteri di una dittatura, Albertini capì che la sua sorte era segnata. Lasciò dunque la direzione nel novembre del 1925 per la sua paradossale posizione di oppositore ‘da destra’ del fascismo.
Con i soldi della cospicua liquidazione ottenuta dal “Corriere della Sera” il senatore Albertini acquistò dei terreni da bonificare a Torrimpietra, nei pressi di Fiumicino, nei quali costituì e condusse, negli anni dell’età più matura, una floridissima azienda zootecnica.
Benito Mussolini, che come noto era nato in un borgo agricolo e di mestiere aveva fatto a lungo il direttore di giornale, si vantò dunque di aver trasformato un cattivo giornalista in un virtuoso agricoltore.
Antonio di Biase
Scheda libro e video RAI dedicato:
Ottavio Barié – “Albertini” – UTET – 1972
Passato e Presente 2023/24 – Luigi Albertini. Il giornalismo moderno – Video – RaiPlay
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