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Il ritorno del lupo: predatore o preda dell’immaginario?

Il primo passo per una coesistenza sostenibile tra uomo e lupo passa attraverso una corretta informazione. L'intervento di Adriano Martinoli, docente di Zoologia e Conservazione della Fauna

lupo buono o cattivo

Il lupo, e più in generale i grandi carnivori, negli ultimi anni hanno acquisito un posto di primo piano su tutti i media. Si trovano notizie, interventi e approfondimenti su televisioni, radio, quotidiani, blog… pare che i grandi carnivori siano ovunque, nello spazio dell’informazione: è quasi una garanzia, il riscontro attrattivo sul pubblico di queste specie e della loro human dimension, ossia degli aspetti sociali, economici e culturali che influenzano − e sono influenzati − dalle interazioni tra gli esseri umani e la fauna, concetti sintetizzati spesso con la percezione delle specie da parte della popolazione.  In effetti parlare di lupi, orsi e linci (per citare i grandi carnivori europei…) non lascia indifferente il pubblico, che viceversa appare fortemente sensibile (sia positivamente che negativamente) a queste specie e dalle tematiche ad esso correlate.

Ma nella realtà, quanti di questi numerosi lettori hanno una propria diretta conoscenza della specie? Chi di voi, che in questo momento sta leggendo questo articolo, si è mai trovato a tu-per-tu con un lupo? Chi ne conosce le abitudini e il comportamento, per esperienza diretta e personale? Se non nessuno è probabile che i conoscitori del lupo siano molto pochi, giusto?

Come per molti fenomeni che non sono così frequenti o diffusi, anche nel caso della “frequentazione lupina” la formazione dei nostri pareri, delle nostre opinioni, è più probabile avvenga per via indiretta, attraverso quello che leggiamo e apprendiamo proprio dagli organi di stampa, dai mezzi di comunicazione. A tale proposito, non possiamo quindi non citare una tematica molto interessante dal punto di vista comunicativo, ovvero la media dependency theory.

Il lupo è tornato in provincia di Varese: “Un esemplare si è stabilito nel Parco Pineta”

Raccontare il ritorno del lupo

Di cosa si tratta? Da un lato, l’assenza totale di informazioni rispetto ad uno specifico tema, e quindi l’assenza di una posizione personale in merito al tema stesso, lascia ampio spazio all’effetto fake news: qualunque dato, non importa se di buona o cattiva qualità, è apparentemente “meglio di niente”. Più grande sarà la “sete di sapere” su un dato argomento, più grande sarà la dipendenza del pubblico da una fonte informativa, qualsiasi essa sia. L’assenza di un’opinione propria, derivante dalla mancanza di conoscenze, presta il fianco al riverbero di informazioni false o quanto meno mistificatorie.

Inoltre, nell’ambito della comunicazione scientifica, il modello del deficit informativo teorizza che le basi conoscitive in ambito scientifico possano essere migliorate anche attraverso un maggiore coinvolgimento pubblico, direttamente da parte della comunità scientifica o attraverso gli specifici mediatori culturali che operano nel settore (ad esempio i giornalisti scientifici). L’obiettivo è proprio quello di fornire strumenti per una consapevolezza più solida di un dato contesto (nel nostro caso della biologia, dell’ecologia ecc.), per creare una conoscenza collettiva, condivisa. E per arrivarci, il grosso sforzo da porre in atto è quello di tendere al miglioramento del trasferimento di informazioni dagli esperti di scienza al pubblico. Ma questo passaggio, purtroppo, non sempre è una impresa semplice.

Trasferire le conoscenze scientifiche è un contesto in cui giocano un ruolo non secondario gli aspetti sociali e culturali, che possono influenzare i percorsi formativi e la formazione di atteggiamenti e giudizi. È un processo delicato, perché, la scienza non è un fenomeno democratico: c’è chi ne sa di più e chi di meno, c’è chi ha informazioni più complete e chi no, c’è chi “ha ragione”, perché è più informato, e chi deve riconoscere di avere la possibilità di arricchire le proprie conoscenze: come ben sosteneva Piero Angela, “la velocità della luce non si decide per alzata di mano”. E lo stesso vale per la gestione dei grandi carnivori.

Così come per la fisica, anche per quanto concerne le questioni ambientali e faunistiche, l’obiettivo comunicativo deve essere quello di fornire informazioni adeguate per superare i deficit conoscitivi, ma senza dimenticare che non sempre dare più informazioni alle persone necessariamente cambia le loro opinioni, in parte perché le persone vogliono dire la loro (ed essere ascoltate), e anche perché le convinzioni etiche, politiche e religiose, oltre che agli aspetti culturali, storici e all’esperienza personale, hanno influenza determinante nella formazione di un’opinione, che non è solo basta su fatti scientifici, ma − anzi − dai fatti scientifici discende, mediata da convinzioni, cultura, storia ed esperienze personali.

La coesistenza tra uomo e lupi

Anche nella diffusione delle informazioni sui grandi carnivori e quindi sul lupo, occorre privilegiare questi presupposti. Chiarezza, dialogo e coinvolgimento sono alla base di un percorso che porta alla coesistenza tra uomo e natura. Conoscere la specie, ossia l’animale reale, con le sue caratteristiche biologiche (quanto si muove, come vive, di cosa si nutre, quali comportamenti mette in atto…) è fondamentale per poter creare condizioni di coesistenza che possano funzionare, perché la specie presente nei nostri boschi, nelle nostre montagne e, a volte, in prossimità dei nostri centri abitati, è Canis lupus, che con Cappuccetto Rosso, i Tre Porcellini e Twilight, con gli stereotipi antichi e moderni, con l’animale del nostro immaginario, non ha assolutamente nulla a che fare.

Questo significa che per gestire il lupo (e l’orso, e la lince…) dovremmo adottare il criterio “prendere o lasciare?” Che le scelte per la definizione tecnica di un indirizzo gestionale, o di una strategia di coesistenza debbano per forza di cose dipendere anche da una predominanza di condivisione nell’opinione pubblica? Certamente no! Sarebbe come indire un referendum per stabilire la velocità della luce, con buona pace di Piero Angela! Così come in natura le dinamiche tra specie dipendono da reciproche influenze, anche nel caso delle interazioni con l’uomo, la nostra specie è in grado di porre in essere su habitat ed ecosistemi, naturali e non, pressioni e influenze ampie, massicce, sia direttamente che indirettamente, e di questo dobbiamo assumere la piena consapevolezza. È sempre più presente la concezione che ipotizzare una totale estraneità dell’uomo alla gestione delle dinamiche “naturali” (e quindi anche del lupo) sia profondamente irrealistico, nonché innaturale, proprio perché anche l’uomo è parte coinvolta, e con il lupo (e la “natura” in generale) condividiamo gli stessi spazi e le stesse risorse

Tutto questo avrà un costo: il lupo “reale” del XXI secolo è altro, rispetto al lupo “immaginario” dei secoli passati. Sarà opportuno imparare a non lasciare più vagare i cani da soli di notte, sarà meglio non lasciare più cibo a portata di mano, magari mettendo le ciotole dei nostri cani o gatti all’aperto. Per gli allevatori diventerà più oneroso il controllo delle greggi o del bestiame, perché sarà arrivato il tempo di imparare nuovamente ad applicare strategie di prevenzione che non erano più adottate ormai da decenni, vista l’assenza dei predatori storicamente estinti a causa dell’uomo.

In più, esattamente come gli esseri umani, anche i singoli lupi hanno caratteri individualmente differenti, quindi possiamo imbatterci in soggetti che potrebbero aver acquisito o meno comportamenti potenzialmente pericolosi per l’uomo. E in questo caso è decisamente più responsabile agire per rimuovere questi soggetti, creando paradossalmente un beneficio a tutti gli altri lupi che non hanno comportamenti identificabili dai più come “non consoni” a una convivenza.

Un attacco di un lupo a un uomo è assai improbabile, ed esiste una remota possibilità che questo accada. Ma è bene non dimenticare che si tratta comunque di un carnivoro, e che quindi la probabilità di una aggressione non può essere zero. La coesistenza sarà possibile solamente quando il concetto di gestione attiva della specie verrà riconosciuto e compreso, da tutti, ed entrerà a pieno titolo nelle strategie ampiamente condivise.

Intervenire sui lupi “problematici” richiederà interventi delle autorità, e questo sarebbe una garanzia verso la popolazione umana e lupina. Qui un approfondimento.

Verso la conoscenza collettiva: il ruolo del Leader Intermedio di Opinione

Il trasferimento di conoscenze e la divulgazione possono non essere così semplici da realizzare, soprattutto nel caso in cui ci si riferisca a fatti e fenomeni della vita quotidiana, che proprio perché sono sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni, vengono dati per scontati o per noti a chiunque. Il Dipartimento di Scienze Teoriche e Applicate dell’Università degli Studi dell’Insubria, in collaborazione con MUSE, Fondazione Edmund Mach, Istituto Oikos e VareseNews, offre dal 2019 un Master in “Fauna e Human Dimension”, proprio con l’obiettivo di formare delle figure professionali in grado di trasmettere in modo efficace conoscenza sulle tematiche naturalistico-ambientali e dei paesaggi e sull’interazione di questi con l’uomo. Per approfondimenti: http://uagra.uninsubria.it/Master-FaunaHD/

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