Gli studenti di Saronno a lezione da Gratteri, una vita sotto scorta e di lotta alle mafie
Il procuratore in visita per parlare con circa 300 studenti dello Zappa. "Ai giovani magistrati insegno il rispetto delle regole". La legalizzazione delle droghe leggere? "Non serve. Insegnanti, portate i vostri ragazzi nei centri di tossicodipendenza e fateli parlare con chi ha dipendenze"
Qual è il segreto per resistere ad oltre 30 anni di vita sotto scorta? Forti ideali di giustizia e legalità. Così il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli Nicola Gratteri, da decenni in prima linea nella lotta alle organizzazioni criminali, ospite a Saronno.
L’incontro si è svolto nel pomeriggio di giovedì 18 aprile al cinema Silvio Pellico, davanti ad una platea di circa 300 studenti dell’Istituto Gino Zappa. L’iniziativa, patrocinata dal Comune, per presentare l’ultimo libro del magistrato “Il grifone. Come la tecnologia sta cambiando il volto della ‘Ndrangheta”.
Dopo i saluti istituzionali del sindaco Augusto Airoldi e del prefetto della provincia di Varese Salvatore Pasquariello, parola al magistrato, che stuzzicato dalle domande degli studenti, ha toccato tanti argomenti: dalle indagini sul traffico di cocaina in giro per il mondo, all’avvento della mafia albanese nell’import di droga, dallo scarso ruolo della burocrazia per evitare infiltrazioni mafiose, alla magistratura politicizzata.
«Per poter resistere tanti anni in cattività è necessario avere forti motivazioni. Gli esseri umani riescono a resistere a qualsiasi privazione, anche a quella della libertà. Io non posso fare 10 metri senza la scorta, senza concordare con loro il percorso e il tragitto. Ma io sono un uomo molto libero, sapete perché? Perché mi sono costruito una vita per potermi permettere il lusso di dire quello che penso. Questa è libertà, dire il proprio pensiero senza preoccuparsi di danneggiarsi la carriera. Per fare questo sono necessari tanti sacrifici e rinunce, ma la libertà non ha prezzo».
Per Antonio Nicaso, saggista ed esperto di ‘Ndrangheta e autore del libro insieme a Gratteri, le mafie sono una patologia del potere, un prodotto delle classi dirigenti: «È sbagliato pensare che le mafie siano figlie del brigantaggio, sono invece figlie dei poteri forti, sono purtroppo tutto ciò che lo Stato italiano ha voluto che fossero».
Tra i punti toccati dal procuratore Gratteri il rispetto del codice deontologico da parte da parte della magistratura: «Ai giovani magistrati insegno il rispetto delle regole. Le garanzie dell’indagato sono importanti, vanno applicate anche nella fase delle indagini. Dobbiamo stare molto attenti nella fase procedurale, essere seri e professionali, altrimenti rischia poi di saltare tutto il processo».
A domanda sulla legalizzazione delle droghe leggere, marijuana e hashish, il procuratore Gratteri ha espresso parere negativo: «L’80% dei tossicodipendenti sono cocainomani, non è quindi vero che legalizzare le droghe leggere impoverirebbe le mafie, che manterrebbero comunque il controllo delle piazze di spaccio». C’è poi la questione dell’effetto sulla salute di queste droghe: «Studi molto seri hanno dimostrato che l’uso sistematico di droghe leggere porti ad una riduzione della corteccia celebrale» ha aggiunto il magistrato. Come arginare quindi il fenomeno delle droghe? «Insegnanti, portate i vostri ragazzi nei centri di tossicodipendenza e fateli parlare con i tossici, fategli chiedere perché e come hanno iniziato. Sarò la migliore lezione della loro vita e non la dimenticheranno mai».
Sui test psicoattitudinali per i magistrati? «Nulla in contrario, ma facciamoli anche ai politici, che hanno in mano il destino delle persone. E già che ci siamo facciamo anche narcotest e alcoltest». Come riesce a gestire la rabbia e la delusione che questo lavoro comporta? «Da decenni sono allenato a mangiare pane e veleno. L’autocontrollo si affina con gli anni e con l’esperienza».
A conclusione dell’incontro, anche una battuta sui problemi della magistratura italiana. «L’eccessiva presenza delle correnti – ha dichiarato il magistrato -. Le correnti all’interno della magistratura hanno molta forza e danno l’idea che la magistratura sia divisa in gruppi di potere, ma non è così. Io penso che la magistratura sia un corpo sano, dovrebbero spiegare meglio quello che fanno e dovrebbe avere più coraggio a confrontarsi con la gente. Molti spesso dovrebbero scendere dal piedistallo per parlare con la gente comune e con un linguaggio semplice per poter essere capiti da tutti. Bisogna ricordarsi che facciamo un lavoro, assieme alle forze dell’ordine, per poter avere un territorio più libero e democratico».
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