Dopo l’assoluzione per il doppio stupro di Venegono Inferiore presentata richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione
Uno dei due imputati rimasto in carcere in regime di custodia cautelare per quasi un anno presenta il conto. Ora la palla passa alla corte d’Appello di Milano che potrà decidere nel 2024. La richiesta: 240 euro al giorno per 15 mesi passati in carcere
Per lui, la Procura di Varese aveva chiesto la condanna a 9 anni e 2 mesi per un reato gravissimo, cioè la doppia violenza sessuale consumata ai danni di altrettante giovani donne sul treno Milano-Varese e nei locali di una stazione della medesima linea, a Venegono Inferiore, fatti avvenuti la sera del 3 dicembre 2021. Ma la decisione della corte aveva ribaltato la sua posizione pronunciando sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto“ (assolto dai medesimi reati anche il secondo imputato). Ora una nuova vita si apre per Hamza Elayar, 27 anni, che ha trovato un lavoro come operaio e ha pure attivato le procedure amministrative per la regolarizzazione (è originario del Nord Africa).
Ma nel frattempo i legali Maurizio Puntuneri e Fabio Bascialla stanno affilando le armi del diritto per rivalersi sullo Stato attraverso il procedimento risarcitorio per ingiusta detenzione (che tecnicamente risponde all’istituto dell’”indennizzo per ingiusta detenzione”: non ha valenza risarcitoria, piuttosto è da considerarsi come ripartiva di una condizione patita). Lo confermano gli stessi legali al termine di un complesso iter di “collezione“ e presentazione di tutti gli atti, tutta la “storia“ legata al fascicolo dell’imputato e prima ancora dell’indagato, dal fermo per indiziato di delitto ordinato dalla Procura, passando per gli interrogatori dinanzi ai due gip (prima Busto Arsizio, poi Varese dove gli atti sono stati trasmessi per competenza territoriale), e al resto delle attività di indagine sino alla loro chiusura, cui sono seguiti gli atti processuali. Un faldone completo che dovrà servire ai giudici della Corte d’Appello di Milano per decidere se e in che misura considerare la richiesta dei legali del giovane.
«Dal momento della presentazione della richiesta, avvenuta qualche mese fa, di solito passa un anno prima che la competente sezione della Corte d’Appello possa fissare l’udienza per eventuale discussione, che avviene dopo la notifica degli atti all’Avvocatura distrettuale dello Stato», spiega l’avvocato Maurizio Punturieri, che specifica anche i contenuti della richiesta. «La cifra complessivamente richiesta risulta ad oggi indefinita. Ci siamo tuttavia parametri sui 240 euro al giorno che la giurisprudenza considera parametro standard per ingiusta detenzione, e abbiamo chiesto alla Corte di aumentare tale importo discrezionalmente per la giovane età del nostro cliente, e in virtù del clamore mediatico che il fatto ha suscitato nell’opinione pubblica». L’avvocato Punturieri spiega: «Non solo il nostro assistito si è subito pronunciato innocente ed estraneo ai fatti contestati nel corso egli interrogatori, ma ha pure concorso nell’identificare subito le generalità dei responsabili, riconosciuti poi in foto in aula dalle vittime, le quali non hanno invece mai riconosciuto Hamza Elayar come responsabile degli stupri trovandoselo davanti, faccia a faccia».
L’iter per l’indennizzo non è semplice. I giudici di Milano dovranno valutare per un eventuale indennizzo il periodo che va dai primi di dicembre del 2021 quando avvenne l’arresto fino al 7 marzo 2023, quando la terna giudicante varesina ha pronunciato sentenza di assoluzione: 15 mesi passati in carcere in regime di custodia cautelare (ne sa qualcosa un altro e più famoso imputato scagionato perché innocente: Stefano Binda, condannato prima all’ergastolo e poi assolto fino in cassazione e che ancora sta aspettando l’equo indennizzo, fra opposizioni e ricorsi). Gli imputati, però, erano due.
Anche i legali del secondo giovane scagionato, Anthony Gregory Fusi Mantegazza, ancor più giovane (avvocato Monica Andreetti), stanno valutando la possibilità di seguire il medesimo iter legato all’indennizzo anche se la strada in questo caso potrebbe essere in salita dal momento che questo istituto esclude l’accesso al risarcimento dello stato nei casi di “colpa grave“ dell’indagato: nell’interrogatorio di convalida del fermo Fusi Mantegazza aveva fatto alcune affermazioni legate ai fatti, che potevano prestarsi ad interpretazioni poco chiare che potevano portare i magistrati in errore così da portarli a decidere per l’applicazione della misura cautelare (Infatti, secondo la Cassazione “la privazione della libertà personale può considerarsi ”ingiusta” solo se l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa con una condotta dolosa o gravemente colposa”). Mantegazza, oltre ad aver ritrattato quanto affermato in sede di interrogatorio seguito all’arresto, specificò chiaramente in aula di non essere stato il responsabile dei fatti ad esso contestati.
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