I lavoratori della Macchi di Venegono Inferiore in sciopero per la mensa che non c’è
Nella storica azienda meccanica, leader nel settore delle macchine per l'estrusione di materiali plastici, i lavoratori costretti a mangiare sui banchi da lavoro, seduti per terra o davanti al computer. Una situazione che ha fatto scattare uno sciopero di due ore e il blocco degli straordinari
Tornano a sventolare le bandiere rosse del sindacato fuori dai cancelli della Macchi di Venegono Inferiore, dove questa mattina i lavoratori si sono fermati per due ore di sciopero e sono usciti dai cancelli. Motivo della vertenza il mancato accordo sulla mensa, un tema molto sentito dai 138 dipendenti dell’azienda.
«Il problema è datato e mai risolto dalla proprietà della Macchi, nonostante diverse promesse ad oggi non concretizzate – spiega Alessandro Gravante, sindacalista della Fiom Cgil – Qui si lavora a giornata, non c’è un servizio mensa nonostante ci siano quasi 140 dipendenti, ma non c’è nemmeno un locale adibito a refettorio, dove potersi sede a mangiare in un luogo idoneo. Così i lavoratori sono costretti a mangiare un panino o il pasto portato da casa appoggiati al tornio o al bancone degli attrezzi, seduti per terra o davanti al computer per chi lavora negli uffici. Una situazione non solo poco dignitosa per i dipendenti ma che contrasta con le normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Abbiamo vagliato diverse soluzioni per venire incontro ai dipendenti, ma ci siamo trovati di fronte ad un muro da parte dell’azienda».
La vertenza, che va avanti da tempo e negli ultimi tre mesi è tornata di attualità, non si sblocca e così delegati e sindacato hanno concordato questo primo sciopero e il blocco degli straordinari: «Non stiamo parlando di una questione insormontabile e di costi insostenibili per un’azienda leader nella produzione di macchine per l’estruzione di materie plastiche, che esporta in tutto il mondo, che nel 2021 ha avuto un fatturato di 56 milioni di euro e un utile di 2 milioni e 600mila euro. E’ stato proposto un aumento del ticket attualmente di 5 euro e 20. E’ stata proposta una mensa all’interno dell’azienda. E’ stato proposto un ticket elettronico, esentasse fino a 8 euro. Ma nulla di tutto questo ha ricevuto una risposta positiva da parte della Macchi spa. Da qui la mobilitazione di oggi, che continuerà fino a quando l’azienda formulerà una soluzione positiva al problema sollevato dai lavoratori».
Già nel 2021 dipendenti e proprietà avevano ingaggiato un braccio di ferro su una serie di questioni, tra le quali il premio di risultato e nel mese di maggio era stato proclamato il primo sciopero nei 60 anni di storia dell’azienda: «Anche se in questa azienda lo sciopero fa notizia è una dinamica che fa parte delle normali relazioni sindacali all’interno di una realtà produttiva – dice Nino Cartosio, segretario generale della Fiom Cgil di Varese, venuto a salutare e sostenere i lavoratori della Macchi – C’è una rivendicazione dei dipendenti per migliorare le condizioni di lavoro, si entra in conflitto con il datore di lavoro, si va al confronto. Negli ultimi mesi abbiamo discusso molto, siamo anche stati due volte in Confindustria Varese ma l’azienda non cede. Qui però è una questione etica oltre che normativa, possiamo vedere nel 2023 operai che mangiano seduti sui bancali o al banco del tornio?».
La situazione di malcontento dei dipendenti della Macchi riguarda anche altri aspetti: «Questa è una potenza come azienda, ma non si sa mai con chi parlare – aggiunge Calogero Ingrassia, delegato Fiom e membro del direttivo – Ci sono altre questioni, dai servizi igienici da sistemare alle docce insufficienti, fino ai buoni pasto che non tutti ricevono, che non aumentano se non di pochi centesimi e che sono spendibili in pochi locali della zona, non sufficienti per tutti. Questa della mensa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso».
«E’ vero che dal 2021 qualcosa è migliorato nelle relazioni sindacali, abbiamo ottenuto il premio di produzione che scatterà nel 2024, ma ci sono ancora tante cose da sistemare – conclude Gravante – In fondo basterebbe un po’ di apertura e il riconoscimento del ruolo dei lavoratori nei successi dell’azienda».
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