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Il mercato dell’arte e l’investimento: Picasso rende il doppio rispetto a Warhol

Il funzionamento del mercato dell'arte e le strategie di investimento dei fondi artistici spiegati da Alice De Nigris del Liuc Finance & Investment Club

Andy Warhol a Malpensa

L’autore di questo articolo è Alice De Nigris del Liuc-Finance & Investment Club dell’Università Liuc di Castellanza
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Il mercato dell’arte e i suoi gestori
L’arte è la rappresentazione del bello, della storia e della cultura; la finanza, uno strumento che permette di allocare risorse e finanziare progetti generando rendimento. Sebbene sembrino due realtà apparentemente distanti, hanno creato un incastro perfetto che ha portato a ciò che oggi conosciamo come il “mercato dell’arte”.
L’art market è caratterizzato da una mancanza di autorità normativa e una non trasparenza delle dinamiche che compongono il mercato, che vanno a creare un’ampia volatilità dei prezzi. Quest’ultimi sono definiti da variabili oggettive, come l’autenticità e la datazione dell’opera, che vengono espresse all’interno di cataloghi stipulati dalle migliori case d’asta al mondo come Christie’s e Sotheby’s.

Nonostante ciò, importanti economisti come Adam Smith e David Ricardo consideravano il prezzo dei beni artistici non determinabile in quanto il loro valore intrinseco dipende da elementi soggettivi, quali il gusto personale e l’attaccamento emotivo, differenti per ogni compratore. Ciò rende l’arte un ottimo asset per coloro che ne sanno cogliere le peculiarità.
La compresenza di questi elementi rende questo mercato una nicchia dove è consigliabile operare con il supporto di un esperto; per questo, nel tempo, si è assistito alla creazione di fondi che si occupano specificatamente di investire e promuovere questo settore.

I fondi d’arte sono fondi d’investimento privati che si occupano di creare rendimenti attraverso l’acquisizione e la cessione di opere d’arte. (Definizione di ARTFA).
Il primo di questi, capace di creare valore, nasce a Londra nella seconda metà degli anni Novanta: il BRPF (British Rail Pension Fund). Il fondo londinese tra il 1974 e il 1999 produce un rendimento aggregato del 11,3% annuo composto, con una liquidazione finale di circa 170 milioni di sterline rappresentanti il controvalore degli assets artistici. Questo apre le porte ad un settore che crescerà, fino ad arrivare al pari di un qualsiasi mercato azionario e obbligazionario.

Struttura e strategie
I fondi artistici hanno una struttura ben precisa per garantire qualità e fiducia: sono composti da un mix di esperti d’arte che, con la propria conoscenza, valutano correttamente le opere cogliendone le peculiarità e l’importanza. A questi si uniscono degli specialisti di finanza incaricati unicamente di allocare e gestire le risorse artistiche al fine di creare rendimento. I capitali investiti rimangono immobilizzati per un periodo dai tre ai cinque anni, a seconda di quanto stabilito nello statuto. Il fondo durante questo periodo acquista arte per poterla poi successivamente rivendere entro la data di scadenza.

Vi sono diverse tecniche per effettuare una compravendita di successo: la più remunerativa è la Distress Art che permette di acquisire opere a prezzo d’asta da collezionisti che si trovano in banca rotta o insolvenza. Spesso viene accompagnata dalla Bulk Being, operazione d’acquisto di ingenti quantità di merce al fine di abbattere i costi di transazione ed ottenere sconti.
A differenza di altri veicoli di investimento regolamentati, i fondi artistici possono utilizzare un’ampia gamma di strategie, poiché non soggetti a restrizioni contrattuali o legali nella scelta delle stesse. La strategia maggiormente utilizzata nonché la più appropriata è quella del Buy and Hold, spesso viene affiancata da strategie minori che permettono di incrementare il rendimento finale.

Essendo un mercato nicchia e con dinamiche particolari, è possibile acquistare opere in luoghi differenti a prezzi inferiori per poi rivenderle in piazze che valorizzano l’asset maggiormente; questa operazione prende il nome di Arbitraggio Geografico.

Per operazioni ad alto rischio, si opta per la comproprietà dell’opera da parte del fondo e di investitori terzi, per dividerne le spese e l’azzardo dell’investimento. Per ottimizzare il valore del magazzino, invece, il gestore del fondo può decidere di concedere in prestito a mostre o musei le opere dietro remunerazione. Denominata Showcasing, questa operazione permette di creare un’ulteriore entrata nell’attesa del disinvestimento.

Un ulteriore elemento distintivo di questa tipologia di fondi è l’impossibilità per l’investitore di conoscere anticipatamente quali opere d’arte verranno introdotte all’interno del portfolio. Inoltre, qualora fosse contrario all’acquisto di una determinata opera, non avrà possibilità di opporsi in merito.

La struttura delle commissioni è composta principalmente da due voci di spesa, la prima è data dalle commissioni di gestione annuali, comprese tra l’1% e il 3% del valore patrimoniale netto del portafoglio mentre la seconda è definita dalle commissioni di performance, equivalenti a circa il 20% dell’incremento annuo del benchmark calcolato sul NAV (net asset value) 30/6.

Asset artistici come quelli finanziari
I mercati si basano su determinati indicatori e quello dell’arte non è differente. L’indice di riferimento per questa tipologia di assets si chiama Artprice100 index: esso rileva l‘ipotetico risultato finanziario che si otterrebbe investendo sugli artisti più venduti al momento per trarre benefici finanziari dal loro successo. L’indice è calcolato partendo da un portfolio basato sui cento artisti più venduti al mondo, sulla base dei ricavi d’asta che hanno conseguito nei cinque anni precedenti. Si applica poi un criterio di liquidità che va a comprendere solo gli artisti aventi un totale di almeno 10 opere vendute per anno. L’artprince100 è un benchmark comparabile ai maggiori indici azionari come il Dax o l’S&P 500; questo permette di capire meglio quali siano le sue potenzialità ed inserire asset artistici nel proprio portfolio per diversificarlo ulteriormente in quanto il suo andamento non è legato ad eventi globali come crisi economiche o sanitarie.

“In termini finanziari, investire in capolavori d’arte non è mai stato così costoso, con prezzi d’asta che oggi raggiungono spesso le otto o nove cifre in dollari. Ma allo stesso tempo, grazie alle soluzioni di comproprietà, non è mai stato così facile”, afferma Thierry Ehrmann, Ceo di Artmarket.com e fondatore di Artprice.

The Artprice100© index: Artist + portfolio weighting in 2022

“il grande nemico dell’arte è il buon gusto” Marcel Duchamp

Fonti
Investire in arte – strumenti fonti e trends, Giulia Turati
www.Artprice.com
Economia dell’arte, Gianfranco Negri-Clementi

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Pubblicato il 15 Maggio 2023
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