Ritrovarsi dopo anni tra Saronno e Milano, in fuga dalla guerra in Ucraina
Vera e Lesya arrivano dallo stesso paese della campagna intorno a Leopoli: Vera abita in Italia da 15 anni, Lesya è arrivata a marzo col figlio, fuggendo dal conflitto. Il loro racconto tra solidarietà e ostacoli burocratici
Luca e Vera, la coppia italo-ucraina che vive a Gerenzano che avevamo intervistato pochi giorno dopo lo scoppio della guerra a Kiev, sono stati raggiunti dalla sorella di lei e dalla sua bambina di sei anni. In Ucraina rimane il padre di Vera, 62 anni: è nella regione di Leopoli, in campagna, ma non vuole abbandonare il proprio paese per nessun motivo.
«In questi lunghi mesi di guerra ne sono successe tante – raccontano i due coniugi -. Il fratello del papà di Vera è andato al fronte, un cugino è morto a Lugansk. La situazione è complicata, sempre di più. La sorella di Vera e sua figlia di 6 anni sono arrivate in Italia il 7 maggio, dopo essere state in Polonia ospiti di una conoscente, con la speranza di poter tornare a casa presto. Così non è stato. Sta con noi e anche l’altra sorella di Vera, che abita a Legnano, anche lei in Italia da 15 anni, ci dà una mano. Per chi ha un “appoggio” è più semplice, mentre chi non ha nessuno deve affrontare tantissimi ostacoli burocratici soprattutto. Con il papà di Vera ci sentiamo al telefono: se dopo due squilli non risponde sale l’ansia, prima pensavamo fosse nei campi, ora c’è molta preoccupazione in più. Noi da qui abbiamo proseguito con gli aiuti come abbiamo potuto, in contattato con diverse associazioni: abbiamo utilizzato il nostro garage come punto d’appoggio, tanti amici hanno portato viveri e materiale da spedire. Anche i miei colleghi in Svizzera ci aiutato tanto. La solidarietà è stata tanta, si è sentita e si sente la vicinanza, anche se la sensazione è che niente sarà più come prima. La vita sociale che c’era prima non c’è più, gli amici non postano più nulla sui social, non c’è più spensieratezza, la guerra ha occupato tutti gli spazi».
Tra le cose negative e tristi che la guerra si porta dietro, ci sono anche degli incontri a sorpresa che aiutano a sperare. È il caso di Vera e della sua ex compagna di scuola Lesya, arrivata in Italia, in Lombardia, poche settimane fa: ha trovato un alloggio a Binasco ed è qui con il figlio di 10 anni. L’incontro è stato commovente e sorprendente, perché ritrovarsi dopo tanti anni a così tanti chilometri da casa, seppur in una situazione così complessa, non può che lasciare un turbinio di sentimenti.
Lesya Pukas, questo il nome dell’amica di Vera, ha 38 anni e viveva a Leopoli col figlio. Lavorava alla radio “Lviv Wave”, viveva in un appartamento che aveva comprato e aveva appena finito di ristrutturare, aveva un’auto e conduceva una vita felice, almeno fino al 24 febbraio, quando tutto è cambiato: «Quella mattina arrivò la terribile notizia: le truppe russe si stavano dirigendo verso Kiev… Orrore, dolore e disperazione. Il mio compagno che è un militare ha ricevuto la telefonata dal suo comandante alle 5:45 del mattino, ci siamo svegliati tutti, il suo comandante gli diceva di correre immediatamente in caserma. Non dimenticherò mai le sue parole: “Dovresti lasciare la casa il prima possibile”: infatti abitavamo al 14°piano ed era molto pericoloso. Non sapevo cosa fare ma sapevo che la cosa più importante era quella di proteggere mio figlio e me stessa. Abbiamo rapidamente raccolto le cose più necessarie e siamo andati da alcuni parenti in una piccola città al confine con la Polonia – racconta Lesya -. Già il giorno dopo abbiamo visto enormi code di auto, camion pieni di persone che avevano deciso di correre per raggiungere la vicina Polonia, in quei momenti non pensavamo di lasciare il nostro paese perché speravamo che tutto sarebbe finito presto e saremmo tornati presto a lavorare e a studiare. Invece ogni giorno il traffico aumentava, e le persone aspettavano per molto tempo in macchina e faceva molto freddo. Dato che la casa dei nostri parenti era vicino a questa strada che porta verso le Polonia io e mio figlio portavamo coperte e the’ caldo a queste persone. Da quel giorno spesso si sentivano le sirene degli allarmi aerei, spesso siamo dovuti scendere in seminterrati polverosi e freddi e siamo stati anche per molte ore. La tensione cresceva cosi come gli scontri in prima linea. Mio figlio era terribilmente nervoso e preoccupato ogni volta che sentiva il suono della sirena; non lo avevo mai visto così. Ho cercato di proteggere la sua psiche dalla guerra, ma non sempre è stato facile. Dopo 2 settimane abbiamo deciso di tornare a Lviv speravo di poter di nuovo lavorare per mantenere me e mio figlio, ma il mio lavoro consisteva nella vendita di pubblicità alla radio e naturalmente con la guerra tutti gli inserzionisti avevano tolto le loro pubblicità e cosi ho perso anche il lavoro. Nel frattempo l’ansia cresceva sempre di più e una mattina mentre stavamo scendendo dal 14°piano al rifugio abbiamo sentito il terribile suono delle esplosioni e salire verso il cielo un fumo nero, era una razzo che era caduto non lontano dalla nostra casa…E’ stato molto spaventoso. Una settimana più tardi vicino a Leopoli a circa 50 km sono caduti diversi missili sul centro internazionale per la manutenzione della pace e della sicurezza che si trova nella città di Yavoriv causando 35 morti e 135 feriti. Dopo questi terribili eventi ho preso la decisione più dura della mia vita: lasciare temporaneamente l’Ucraina e muovermi con mio figlio in un posto più sicuro. La mia amica mi ha proposto di andare insieme a lei in Italia perché sua sorella viveva già li da 22 anni, alla fine siamo partite tre donne con tre figlie e siamo arrivate in Italia in provincia di Milano il 22 marzo».
Accolta in Italia col figlio, non sono pochi i problemi che Lesya ha incontrato in queste settimane: «Siamo alloggiate dove lavora la sorella della mia amica, a casa di un anziano che gentilmente ha accettato di ospitarci tutte, temporaneamente. Appena arrivate abbiamo dovuto compilare moltissimi documenti e questo è stato molto difficile perché non capivamo la lingua e neanche cosa stavamo firmando e perché servivano tutti questi documenti. Ci avevano promesso che si sarebbe liberato un appartamento per noi entro una settimana, ma tutto questo non è avvenuto nonostante la sorella della mia amica ha fatto di tutto chiedendo in comune di darci una tutela alla nostra situazione, rispondevano sempre che non c’era posto. Il signore anziano dove alloggiamo dopo una settimana in cui ci ha ospitato gratuitamente ora ha richiesto per farci rimanere un affitto che stiamo pagando, ma con difficoltà – prosegue -. Dobbiamo ringraziare la generosità delle persone del posto che ci hanno aiutato con prodotti alimentari, scarpe, vestiti e molti altri beni per noi necessari, inoltre siamo riuscite a mandare i nostri figli a scuola. Per questo ringrazio sempre la sorella della mia amica che si preoccupa e si dà da fare e ringrazio gli assistenti sociali del comune che ci aiutano. Per avere possibilità di sopravvivere ci siamo messe a cercare qualche lavoretto come pulizie e altro cercando nei gruppi Facebook. Spesso qualcuno ci ha accusato di essere illegali, di non pagare le tasse, ma i nostri lavoretti sono da 15-20 euro a settimana, come è possibile pagare le tasse su queste cifre? L’Italia ufficialmente ha detto che da aiuti ai rifugiati ucraini, ma è difficile capire quale procedura seguire per averli, solo a fine aprile è arrivata qualche informazione su cosa fare, uno di questi punti è la la richiesta per il permesso di soggiorno temporaneo. Tramite e-mail abbiamo mandato tutti i documenti necessari in Questura e dopo circa due settimane abbiamo ricevuto la risposta che abbiamo appuntamento per le impronte digitali il 7 luglio! Siamo in Italia dal 22 marzo! Noi stiamo studiando l’Italiano e cerchiamo in continuazione proposte di lavoro e siamo disponibili a lavorare facendo qualsiasi occupazione finchè non impariamo bene la lingua, però molti datori di lavoro spesso approfittano della nostra situazione indifesa e precaria e propongono condizioni di lavoro non umane, come lavorare senza un giorno di riposo o con orari interminabili, cosa non possibile dato che abbiamo figli piccoli che senza noi madri qui non hanno nessuno. Io ringrazio il cielo di avere chi ci sta aiutando tanto, ma mi chiedo come fanno le persone che sono arrivate qua e non hanno nessuno, né parenti né amici? Ci sono tante persone volenterose che aiutano tantissimo, ma serve fare di più per aiutare chi scappa dalla guerra».
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