Nel Giorno del Ricordo a Saronno l’omaggio ad Aldo Matteucci
Fu direttore della Regia Scuola d'Arte industriale di Gorizia. Nel maggio 1945 fu imprigionato e fucilato da un gruppo di forza armate slave. Uno dei salotti che arreda Villa Gianetti apparteneva a lui e fu donato al Comune nel 2001 dai discendenti, trasferitisi a Saronno dagli anni '80
È la storia di Aldo Matteucci quella che questa mattina, in occasione del Giorno del Ricordo, ha riecheggiato tra le mura di Villa Gianetti a Saronno. Il sindaco Augusto Airoldi, la vicesindaco Laura Succi e l’assessore Franco Casali hanno infatti incontrato Giuseppe Savatteri (nella foto di copertina insieme alla consorte), nipote di Matteucci, accompagnato dalla moglie Carla Sala e dalla cognata Maria Luisa.
Il “Giorno del Ricordo” cade il 10 febbraio, anniversario dei trattati di pace di Parigi, imposti all’Italia a fine della Seconda Guerra Mondiale, che comportarono la perdita delle colonie, di tre province tra Venezia Giulia e Dalmazia (a favore della Jugoslavia), di tre Comuni sulle Alpi Marittime (a favore della Francia). È stato istituito dalla Repubblica nel 2004, “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Furono 300mila gli italiani che lasciarono il territorio passato alla Jugoslavia, minacciati dall’eliminazione fisica di persone in parte ritenute colpevoli di complicità con la politica antislava e le repressioni violente del precedente regime fascista, in parte considerate genericamente ostili in quanto italiane, in parte solo “irriducibili” al nuovo regime comunista che si andava imponendo (una ricostruzione complessiva valida si trova nel documento della Commissione Italo-Slovena, frutto di un lavoro quasi decennale degli storici).
Per quanto le modalità di eliminazione siano state diverse, simbolicamente le violenze sono rappresentate dalle foibe, le cavità naturali usate per far sparire i corpi.
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Matteucci fu imprigionato e fucilato nel maggio del 1945 da un gruppo di forza armate slave. Nato a Senigallia nel 1885, di professione insegnante di disegno professionale, fu dai primi anni ’30 direttore d’istituto di diverse scuole d’arte, l’ultima delle quali la Scuola d’Arte di Gorizia. Proprio l’aver ricoperto questo prestigioso incarico e la conseguente iscrizione al Partito Nazionale Fascista, fu causa della sua deportazione: il 3 maggio 1945 venne infatti prelevato dalla propria abitazione da alcune forze armate slovene e non fece più ritorno a casa. Matteucci lasciò la moglie e due figlie, mentre il figlio maschio morì sul fronte russo.
«Passarono anni, fino a quando venne dichiarata la morte presunta. Tanti anni dopo sono emersi documenti, come il verbale del processo da cui sappiamo che probabilmente fu giustiziato il 7 maggio 1945» spiega il nipote Giuseppe Savatteri.
Come rilevato dall’archivista Andrea Germi, presidente dell’associazione Cantastorie Saronno, dai documenti emersi è possibile sapere che “una volta incarcerato venne interrogato dagli armati slavi, subì un sommario processo e la sentenza emessa è riportata in un foglietto: “7.5.45 Mateucci Aldo od Domenico da fucilare”.
Proprio uno dei salotti che arreda una delle sale al piano superiore di Villa Gianetti a Saronno è stato progettato da Matteucci e realizzato dagli studenti della Regia Scuola d’arte industriale di Gorizia. L’arredo venne donato al Comune di Saronno nel 2001 dai discendenti di Matteucci, trasferitisi in città dagli anni ’80. È composto da un divano, due poltrone, una specchiera, un tavolino da gioco, una cassa panca, una scacchiera, un centrotavola, una figura raffigurante un volto di donna e un’alzata da tavola.
«Questa donazione rende ancora più solenne la Giornata del Ricordo per il Comune di Saronno – ha sottolineato il sindaco Augusto Airoldi -. Come sindaco della città sono contento di poter essere colui che ufficializza questa donazione, avvenuta nel 2001».
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