Elezioni Quirinale, Bianchi: “Per avere uno Stato moderno dobbiamo picconare certi steccati”
A meno di due settimane dall'avvio del voto per il tredicesimo Presidente della Repubblica pubblichiamo le riflessioni dal "diario" del deputato varesino Matteo Bianchi
Varesenews sta seguendo da vicino l’avvicinamento del voto per l’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica (Segui lo speciale Quirinale) anche attraverso le testimonianze di quelli che saranno i protagonisti di quell’elezione: i grandi elettori della provincia di Varese. Oggi ospitiamo le riflessioni del deputato leghista Matteo Bianchi.
Mi sono sempre definito un amministratore locale prestato alla politica nazionale: sono cresciuto in Comune a Morazzone e per ben 22 anni ho preso posto tra i banchi del Consiglio comunale del mio paese. Per tale motivo, quando mi è stata proposta la sfida di candidarmi Sindaco a Varese alle scorse amministrative, ho accettato di buon grado, proprio perché il ruolo territoriale è quello su cui ho maturato più esperienza e disinvoltura.
Tuttavia, dopo tanti anni di gavetta politica ed impegno totalizzante, arrivare a ricoprire il ruolo di Deputato è un risultato che mai mi sarei aspettato di raggiungere. Oltretutto, durante la XVIIIesima legislatura (24 gennaio prima votazione), si eleggerà il Presidente della Repubblica: mancare a questo storico e raro appuntamento sarebbe stata una delle pochissime cose di cui mi sarei rammaricato se fossi diventato Sindaco del nostro capoluogo.
Ed ora sono qua a raccontare suggestioni e sensazioni, con l’emozione della prima volta.
Il Parlamento uscito dalle urne nel 2018 porta evidentemente ad una considerazione: non c’è una maggioranza chiara e di “tradizione”, palesatasi con fragilità delle composizioni dei Governi e la caduta del Conte 1 e Conte 2. C’è voluto un “fuoriclasse come Mario Draghi” (cit. Giorgetti), per mettere il paese su un binario adeguato ad affrontare le sfide dello scenario post-Covid. Ma questa fragilità è determinata da un’architettura istituzionale che non funziona più, figlia di un momento storico (il termine della seconda guerra mondiale e dei totalitarismi nazi-fascisti) che sono superati ed oggi abbiamo esigenze totalmente diverse.
La paura del ritorno dell’uomo forte, nell’immediato dopoguerra portò a propendere verso la soluzione della Repubblica Parlamentare anziché Presidenziale o Semi-Presidenzale. Ma oggi ha ancora senso questo approccio?!
Il Parlamento è ridotto a convertire decreti e non ha iniziativa legislativa se non su bazzecole, perché tempi e modi non sono confacenti alle esigenze di velocità e dinamicità imposte dalla società moderna. Questo ci induce a riflettere sul fatto che il prossimo inquilino del Quirinale, non solo dovrà avere una autorevolezza propria, ma anche una propensione enorme nel favorire un processo di attualizzazione e modernizzazione della burocrazia e dell’architettura repubblicana.
Ironia della sorte, dal 1992 (da Scalfaro in poi) tutti i Presidenti sono arrivati da un’area politica progressista di sinistra, ma gli stessi sono stati i più conservatori e restii nel favorire quei processi di cambiamento che servivano al paese e che erano stati palesati dal popolo con l’arrivo del bipolarismo e della Seconda Repubblica, dove la Lega è stata protagonista immettendo nel dibattito politico il tema del federalismo e delle autonomie.
Oggi il centrodestra ha una grande responsabilità: favorire il completamento di un processo storico per far tornare un paese al pari delle grandi democrazie occidentali in termini di funzionamento statuale e superare certi steccati che forse oggi è arrivato il momento di “picconare” in memoria dell’ultimo Presidente non riconducibile al centro-sinistra: Francesco Cossiga
Matteo Bianchi
Deputato Lega
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