Alice: “Ho tanta voglia di recuperare il tempo perso”
Storie di giovani in un anno di pandemia. Una serie di interviste a ragazze e ragazzi del territorio per dare voce a chi, in un anno di emergenza sanitaria, non ha avuto molte occasioni per esprimersi. La voce di Alice, 21 anni, di Busto Arsizio
Young covid, storie di giovani in un anno di pandemia. Un nuovo spazio nato per dare voce a chi, in un anno di emergenza sanitaria, non ha avuto molte occasioni per esprimersi.
La pandemia ha inevitabilmente tolto qualcosa (o qualcuno) a tutti durante uno degli anni più bui della storia recente del nostro Paese e del mondo intero. Tutti hanno sofferto, chi più, chi meno.
Ci sono state però anche le vittime collaterali del covid, quelle di cui nessuno parla: i giovani. Abbandonati, fin dall’inizio, loro, che sono il presente e saranno il futuro del nostro Paese.
L’obiettivo di questa rubrica, curata dal nostro giovane stagista Matteo Angelonomi, è dare una voce a chi, da un anno a questa parte, non ne ha avuta, grazie ad una serie di interviste a ragazze e ragazzi del territorio. Se volete scriverci per raccontarci come avete vissuto questo anno pandemico, fatelo scrivendo a saronnonews@gmail.com o a yaaas.mail@gmail.com o compilando QUESTO MODULO
Alice Gallazzi ha 21 anni ed è residente a Busto Arsizio. Studentessa di Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, è una grande appassionata di moda e, proprio per questo, sogna un futuro nel fashion marketing.
Alice, come hai vissuto l’emergenza sanitaria all’inizio? E ora?
«All’inizio avevo paura, nessuno me compresa riusciva bene a capire di cosa si trattasse, i tanti morti, i tanti contagi, tutto è successo molto velocemente. Il periodo l’ho vissuto relativamente bene fino ad ottobre, quando, dopo l’estate, ci hanno richiusi in casa; da lì in poi psicologicamente ho sofferto molto, tra il non poter uscire di casa e la presenza degli esami universitari. Ora sono tutto sommato tranquilla, anche se la limitatezza dei rapporti sociali mi fa sentire molto a disagio».
Cosa ti mancava inizialmente? E ora, dopo un anno, cosa senti che ti è mancato maggiormente?
«Inizialmente mi mancava semplicemente la libertà di fare ciò che ho sempre fatto. Ora, dopo un anno, la cosa che mi è mancata di più sono i momenti di spensieratezza con gli amici e più in generale il poter uscire la sera, data la presenza del coprifuoco».
Hai sempre rispettato le misure restrittive previste nei DPCM? Se no, perché? Che hai fatto?
«Inizialmente, come tutti (o quasi), ho rispettato tassativamente le direttive del Governo. Dopo un’estate di relativa normalità, il fatto che ad ottobre ci abbiano richiusi nuovamente mi ha portato a voler sfruttare le poche occasioni di libertà che ci erano concesse: l’attività sportiva, il poter circolare liberamente all’interno del proprio comune; ne ho approfittato per un saluto a qualche amico ed a qualche amica che erano mesi che non vedevo».
Cosa farai appena ci sarà “vera libertà?”
«Recupererò il tempo perso, sfruttando ogni momento, ogni serata e, soprattutto, tornerò a socializzare con le persone».
Alla luce di quanto accaduto in questo anno, che idee ti sei fatto del futuro che aspetterà te ed in generale i tuoi coetanei?
«L’avvento dello smartworking ha portato dei vantaggi, come la riduzione dello stress lavorativo, l’aumento del tempo disponibile da poter dedicare a sé stessi, la diminuzione del pendolarismo; ci sono stati ovviamente anche degli svantaggi, come il dover acquistare un dispositivo elettronico per chi ne era sprovvisto, l’azzeramento dei rapporti sociali sul posto di lavoro oppure della comunicazione diretta con il proprio gruppo lavorativo. Personalmente auspico e credo che l’opzione dello smartworking rimanga un qualcosa di concreto anche per il futuro, anche per quanto riguarda l’università, non come unica opzione ma come alternativa per chi magari abita lontano dalla sede universitaria o per chi ha impegni lavorativi».
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