La Luna curiosa
di Gian Paolo Zoni
Il racconto della domenica è a cura della scuola di scrittura creativa Edizioni del Cavedio coordinata da Fiorenzo Croci.
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La rivista di giardinaggio a cui si è abbonata mia moglie arriva ogni primo mercoledì del mese, puntuale come l’orticaria quando mangi fragole selvatiche prima di lavarle a dovere. Un bollettino postale da 40 euro per 12 numeri, tutti verdi. Sulla terza di copertina pubblica una poesia scritta dagli stessi lettori.
Di solito non la guardo neanche, ma ieri era sul tavolino in soggiorno, accanto alla poltrona dove mi ero seduto in attesa chela mia dolce consorte terminasse i preparativi per uscire a cena. L’ho sfogliata veloce e poi mi sono soffermato sul componimento, finiva così:
“I piedi si avvicinano alla schiuma rabbiosa
Sono quelli di chi non ha più niente da offrire
E tra le nubi la Luna curiosa
Lascia lo sguardo vagare nel chiaro
Così da notare soltanto un bicchiere
Dove prima stava l’amico mio caro.”
Mi ha ricordato una sera di inizio estate del ’77, e Clara.
Vivevo a Padova in quel periodo. Ero un quindicenne irrequieto. Il pomeriggio rubai dal portafoglio di mia madre ventimila lire. Cercai Gerry sulla Saturnia e comprai con quel denaro un po’ di erba. Andai al ponte dell’Osservatorio sul Bacchiglione, una zona poco frequentata. Il cielo ingrigiva e la lunga giornata di giugno volgeva al termine. Mi appoggiai al parapetto sotto l’unico lampione che era rotto da settimane. La notai che risaliva via Arpi, io avevo in mano una confezione di cartine.
Clara, tre anni più grande di me, la più bella della scuola, però faticai a riconoscerla. Cappello di paglia a coprire i capelli d’oro e il corpo da Pinocchio. Io all’inizio la ignorai, ero troppo concentrato nel mio lavoro. Le prime gocce di pioggia caddero bagnando il buro*. Lei con il cappello lo riparò. Le sorrisi. Restammo a fumare seduti a cavalcioni con il fiume che scorreva rapido a pochi metri dalle nostre scarpe. Lei era silenziosa, aspirava come se l’avesse fatto decine di volte, e probabilmente era così. Persi la cognizione del tempo. I suoi occhi, su quel volto pieno di spigoli, erano magnetici. Le diedi un bacio, di quelli veri, e lei non si ritrasse, fu meglio del fumo.
Era l’una passata e, mascalzone o no, a casa le avrei buscate. Le dissi che sarei stato felice di rivederla. Fece un mezzo sorriso, di quelli che hanno sapore di tutto, gioia esclusa.
Avrei potuto cambiare il corso degli eventi? Non lo so. La Luna quella notte non cedette alla curiosità, rimase indifferente al di là delle nuvole. E io, ormai davanti al portone dell’Osservatorio, cercai Clara con lo sguardo, trovai solo buio nel buio.
Il giorno dopo a Chioggia, dove il Bacchiglione si versa nel Brenta, due bambini in bicicletta avvistarono, tra le berule e le fienarole, un burattino dai capelli d’oro.
*Spinello in veneto
Racconto di Gian Paolo Zoni, illustrazione di Mauro Speri
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