Regione complica la vita alle RSA: tempi biblici per ammettere nuovi ospiti
La nuova normativa ha complicato le procedure di ammissione. Gli enti temono perdite economiche e chiedono il riconoscimento degli impegni finanziari sostenuti durante l'emergenza
Un mese di media per ogni nuovo ingresso. La nuova delibera regionale approvata per le RSA sta mettendo in crisi le strutture che temono perdite economiche insostenibili per le proprie casse.
Ogni nuovo ingresso prevede controlli sulla presenza del covid con periodi di quarantena tali da rallentare in modo significativo l’attività di accoglienza.
Secondo il dispositivo, la persona candidata va intervistata per accertarsi che non abbia contratto il coronavirus. I test sierologico e il tampone ne evidenziano la negatività: ma a quel punto occorrono 15 giorni di isolamento al domicilio, se conforme, prima di eseguire nuovamente il colloquio e il doppio controllo. Solo se tutto sarà regolare, l’ospite viene ammesso ma isolato per altri 15 giorni.
Più diretto il passaggio se il richiedente è ricoverato in una struttura riabilitativa dove è sufficiente la doppia indagine negativa per poter poter essere ammessi, ma sempre in isolamento. Difficile, a questo punto, il passaggio in struttura direttamente dagli ospedali dove i tempi di degenza, ridotti a 4 o 5 giorni, non sono compatibili con il periodo di quarantena richiesti. A quel punto dove inviare il paziente da dimettere ma non in grado di rientrare al domicilio?
Nel caso, invece, che un ospite si positivizzi mentre è in struttura, c’è l’obbligo di spostarlo immediatamente in un reparto ospedaliero o residenza covid.
La normativa regionale pone anche paletti per la riapertura ai parenti: il dispositivo li vieta ma attribuisce al direttore sanitario di ogni struttura la possibilità di deroghe, scaricando ogni responsabilità sulle singole scelte.
Ogni RSA, inoltre, è chiamata a definire le proprie linee guida e i percorsi in sicurezza da concordare con l’Ats di riferimento: un compito gravoso soprattutto per le realtà più piccole.
Una situazione che pone le RSA in difficoltà tra necessità di accogliere nuovi ospiti per assicurare adeguati proventi e impedire l’aumento delle rette e bisogno di riammettere parenti e amici dei degenti per la cui separazione si riscontrano gravi conseguenze. Tra i più esposti gli ospiti delle RSD ma anche tra gli anziani non è semplice gestire l’isolamento e la lontananza forzata ormai da più di tre mesi.
« Sono linee guida che si rifanno a indicazioni dell’Istituto Superiore risalente al 17 aprile, in ben altro contesto – commenta il presidente regionale di Uneba Luca Degani – Non si comprende come si possa prevedere un isolamento di una persona candidata a entrare in struttura. Come è possibile che si isoli da quei parenti o badante che l’aiutano quotidianamente? ».
E sui costi, Degani ritiene che sia il momento che Regione Lombardia sostenga il gravoso impegno che le RSA si sono accollate per seguire pazienti covid non ammessi nelle strutture, per tutelare ospiti e personale con i dispositivi di sicurezza e acquistando farmaci ulteriori necessari nell’emergenza: « C’è un tavolo aperto su questi temi, tavolo che al momento non ha dato risposte».
Per la provincia di Varese, inoltre c’è un tema in più: « Ats Insubria, unica in Lombardia, ha disatteso l’accordo sugli acconti procedendo con la diminuzione al 90% mentre tutte le altre hanno rispettato l’impegno a mantenerlo al 95% dato il momento critico. Speriamo che si tratti solo di una svista o fraintendimento».
Sulla vicenda è intervenuto anche il consigliere del PD Samuele Astuti che ha chiesto di organizzare in commissione sanità un’audizione con i rappresentanti del settore delle RSA e delle RSD: «Con la delibera approvata la scorsa settimana, che disciplina la riapertura delle RSA e delle RSD si è finalmente invertita la rotta e corretti i tragici errori dei mesi scorsi, ma molte questioni sono ancora aperte e problematiche, tra cui le modalità di visita dei famigliari, ma anche la cura degli ospiti affetti da Covid e la procedura di inserimento dei nuovi pazienti. Molte realtà del settore e degli altri soggetti coinvolti nella delibera 3226 del 9 giugno 2020 hanno denunciato la difficoltà di applicazione della delibera per mancanza di indicazioni univoche e per la deresponsabilizzazione della Regione. Per questo crediamo necessario ascoltare al più presto la loro voce in Commissione Sanità».
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