23 mila tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente, nove arresti
Maxi-operazione di Noe e Dda di Torino contro il traffico di rifiuti in Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia. Le due discariche lombarde erano a Ossona e Pregnana Milanese
Maxi-operazione questa mattina (mercoledì) contro il traffico di rifiuti dei Carabinieri del Noe e della Procura di Torino in Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia, con la collaborazione dei NOE e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri territorialmente competenti.
Un imponente dispositivo di circa 200 militari è stato impiegato per eseguire un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 16 persone (6 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 7 con obbligo di firma) emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torino – Giacomo Marson – su richiesta Direzione distrettuale antimafia – sostituto procuratore Enrico Arnaldi di Balme – nei confronti di soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di traffico illecito di rifiuti in concorso e realizzazione di discariche abusive ubicate in Piemonte, Lombardia e Veneto. Nel corso delle indagini sono stati sottoposti a sequestro 9 capannoni industriali riconducibili ad aziende operanti nel campo del trattamento dei rifiuti unitamente a vari automezzi – anche appartenenti a società di trasporto – utilizzati nelle attività criminali, per un importo complessivo di circa 3.000.000 di euro. Circa 23 mila le tonnellate di rifiuti movimentate e smaltite illegalmente.
Le attività investigative hanno consentito di individuare l’esistenza di un gruppo criminale operante nel campo del trattamento e trasporto dei rifiuti, dedito alla gestione e smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti, costituiti da rifiuti indifferenziati urbani e speciali provenienti prevalentemente – su diversi canali – da varie regioni del Nord Italia, attraverso lo stoccaggio ed il successivo abbandono in capannoni industriali dismessi, dando luogo, in tal modo, alla creazione di numerose discariche abusive, localizzate e sequestrate nelle località di Sale (AL), Breda Di Piave (TV), Oltrona San Mamette (CO), Ossona (MI), Cerrione (BI), San Pietro Mosezzo (NO), Pregnana Milanese (MI), Romentino (NO), Caltignaga (NO) e Momo (NO).
Le indagini hanno avuto origine da un monitoraggio condotto dal Gruppo Carabinieri Tutela Ambientale di Milano, responsabile del coordinamento dei dieci Nuclei Operativi Ecologici del nord Italia, sul fenomeno degli incendi ai danni degli impianti formalmente autorizzati alla gestione dei rifiuti e di diversi capannoni industriali adibiti a discariche abusive, avviato nel marzo 2018 a seguito della recrudescenza di tale fenomeno in tutto il territorio.
L’indagine ha consentito la corretta lettura criminale del fenomeno ipotizzando così in tali circostanze la sussistenza a monte di una attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, ritenendo l’incendio degli stessi non un fatto a se stante da perseguire “tal quale” bensì una modalità per l’illecito smaltimento – senza oneri – di quelle che sono le componenti di costo per le aziende di settore, ossia gli scarti non più recuperabili.
E’ così stata scoperta un’articolata rete criminale costituita da diversi soggetti, alcuni dei quali collegati direttamente e/o indirettamente ad imprese operanti nel settore dei rifiuti, altri privi di qualsivoglia titolo autorizzativo che, attraverso operazioni continuative e con ruoli diversi, in modo organizzato, condividevano un articolato e rodato programma criminoso che prevedeva lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali per il conseguimento di un profitto ingiusto.
Nel corso delle attività i soggetti colpiti dall’odierno provvedimento cautelare avevano diversi ruoli, nell’ambito dell’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti smantellata gravitante sulle società Tommasi Srl di Sale (AL) ed ECO Ambiente di Caltignana (NO). La ricostruzione della catena parte dai produttori o primi recettori di rifiuti (solitamente società solide e ben patrimonializzate), passando per gli imprenditori titolari di una formale autorizzazione al trattamento dei rifiuti, i trasportatori, i soggetti che si occupano del reperimento dei capannoni da adibire a discarica abusiva, gli intermediari.
Le attività illecite si concretizzavano in un flusso di rifiuti reso possibile attraverso trasbordi illegali di rifiuti all’interno dei siti dove venivano scaricati e poche ore dopo ricaricati su “navette” che stoccavano il materiale all’interno dei capannoni industriali. Altra operazione illecita, denominata “giro bolla”, veniva attuata dal gestore dell’impianto per far apparire come adempiuti gli obblighi di ricevimento e recupero senza in realtà neanche scaricare dal mezzo. I rifiuti venivano ricevuti con regolare formulario di identificazione mentre all’autista del mezzo che li trasferisce (anche in questo caso di “fiducia”) viene rilasciato un documento di trasporto che attesta formalmente il trasferimento di materiale ottenuto da operazioni (fittizie) di recupero e/o riciclaggio.
Gli inquirenti hanno acceso un faro anche sull’iter autorizzativo attraverso il Suap dei comuni (lo Sportello Unico Attività Produttive) dove c’era la disponibilità diretta di uno o più capannoni dismessi acquisiti attraverso contratti di locazione, privi di qualsivoglia titolo autorizzativo alla gestione dei rifiuti, nonché sprovvisti dei presidi antincendio, dove poter stipare abusivamente i rifiuti; la presentazione di un’istanza diretta ad avviare un procedimento amministrativo al fine di ottenere un’autorizzazione in regime semplificato per il recupero di rifiuti non pericolosi. Tale tipo di richiesta rappresenta spesso un particolare escamotage amministrativo a cui fare ricorso per eludere i controlli perché fornisce una apparente legittimazione formale all’attività posta in essere nei capannoni industriali acquisiti per stoccarvi i rifiuti. I militari hanno anche notato che la movimentazione dei rifiuti nei capannoni dismessi veniva affidata a manovalanza extracomunitaria (con poche pretese economiche da retribuire a giornata lavorativa, in nero).
I rifiuti venivano pertanto immessi nel circuito illegale utilizzando un falso codice dell’elenco europeo dei rifiuti (EER) riferito prevalentemente a “plastica e gomma” oppure a” imballaggi di materiali misti”, cioè rifiuti su cui è ancora possibile un recupero di materia, in luogo del corretto codice corrispondente ai rifiuti che non presentano frazioni valorizzabili, che possono quindi essere smaltiti solo in discarica autorizzata o termovalorizzatore.
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