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Salumificio Ceriani, lavoratori in presidio: “O risposte o fallimento”

Da tre anni in cassa integrazione e da sette mesi senza stipendio, 60 lavoratori chiedono chiarimenti alla proprietà della storica azienda dopo che il tribunale ha revocato il concordato preventivo

«Siamo da sette mesi senza stipendio, se non ci sono altre soluzioni che si dichiari il fallimento». È la richiesta dei lavoratori dello storico Salumificio Ceriani di Uboldo che lunedì mattina si sono trovati davanti ai cancelli dell’azienda per protestare contro la proprietà per la gestione dell’attività. Oltre una trentina i dipendenti presenti, in rappresentanza dei circa 60 dell’azienda. Dal mese di agosto lavorano un giorno alla settimana, mentre la cassa integrazione va avanti sotto diverse forme da tre anni. «Proseguiremo anche nei prossimi giorni con questo presidio – spiegano Giuseppe Mottura della Flai-Cgil e Vincenzo Masi della Fai Cisl -. Non riusciamo ad avere risposte dalla proprietà e non ci sono più i tempi per aspettare oltre».

 

Il Salumificio Ceriani è un’azienda storica che ha sede principale proprio a Uboldo, con altri quattro stabilimenti in provincia di Parma. Ha circa 80 anni e fino a qualche anno fa vi lavoravano 130 persone, oggi diventate 100, di cui 65 a Uboldo. Le difficoltà sono iniziate intorno al 2004 fino ad arrivare al concordato preventivo firmato nel 2009 con il tribunale di Busto Arsizio. «Un concordato anomalo – spiegano i sindacalisti – perché ha lasciato la gestione alla proprietà, ovvero ad Alberto Turconi, azionista di maggioranza, con un semplice controllo da parte di un commissario esterno. Questo doveva permettere il risanamento dell’azienda con un tempo abbastanza lungo, fino al 2021, ma il rilancio non è mai avvenuto: prima la difficoltà a pagare i fornitori, poi anche i lavoratori».

Dalla fine del 2011 infatti nel salumificio non c’è più nemmeno la macellazione: «Un reparto importante, grazie al quale c’era il vero guadagno – proseguono -. Una scelta discutibile e che non capiamo: ora infatti si acquista il prodotto già macellato. Sempre da dicembre in avanti abbiamo accumulato sette mensilità più la quattordicesima non pagate ai dipendenti. Qualcuno non ha preso nemmeno il rimborso Irpef».

Qualche speranza sembrava esserci a inizio anno. «Abbiamo aspettato fino a oggi a farci sentire perché sembrava ci fosse un’azienda interessata a rilevare tutto – aggiungono Mottura e Nisi -. Agriopere aveva presentato un’offerta per affittare tutta l’azienda, ma il tribunale aveva chiesto ulteriori dettagli. Sono passati mesi e diversi incontri, ma la carte presentate sono sempre state insufficienti».

Ed ecco che il tribunale ritira il concordato preventivo lo scorso 4 ottobre. «Ora l’azienda si trova nella stessa condizione di tre anni fa – concludono -. Chiunque può chiedere il fallimento. L’azienda fino ad oggi non ha convocato le organizzazioni sindacali e nemmeno la Rsu. C’è un grande punto di domanda sul futuro».

La proprietà, rappresentata da Alberto Turconi, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, preferendo rimandare tutto a un comunicato stampa che dovrebbe essere distribuito nelle prossime ore. Nel frattempo, però, è arrivata anche la comunicazione ai lavoratori: i sindacati saranno ricevuti dalla proprietà martedì pomeriggio. Cauti i rappresentanti: «Speriamo che ora si possano avere delle risposte».

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 15 Ottobre 2012
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