“Cazzaniga chiuse la porta e mio padre morì in 10 minuti”
Angelo Lauria aveva 69 anni ed è una delle vittime degli "amanti assassini". Morì nel 2013 sotto gli occhi dei famigliari. La testimonianza della figlia
Chi ha deciso che dovesse morire quel giorno, forse Dio? No, non Lui, ma un dottore che si credeva un dio. Il povero Angelo Lauria aveva 69 anni, stava male ma avrebbe vissuto ancora e nessuno aveva il diritto di decidere della sua vita. Era un paziente cardiopatico con un cancro ai polmoni. Malato terminale, era curato in oncologia a Saronno. Il 9 aprile del 2013 fu portato in pronto soccorso perché aveva difficoltà respiratorie. Morì nel giro di pochi minuti. Quella mattina era circondato dall’affetto della moglie e dei suoi 4 figli tra cui Patrizia, 47 anni, di Rovello Porro (Como), che è ancora sotto choc per quanto accaduto.
Che cosa prova?
“Questa storia ci ha sconvolto, non sapevamo che Cazzaniga avesse ucciso nostro padre – racconta – in realtà non ci siamo mai spiegati che cosa sia accaduto, è successo tutto stranamente molto velocemente. Non ci hanno mai dato nessuna spiegazione. Mai avuto risposte. E’ un sospetto che andato avanti nei nostri pensieri, fino a oggi”
Come vi hanno avvisato ieri?
“Ci hanno mandato una notifica. Ci hanno detto di stare tranquilli, che eravamo parte lesa. Martedì mattina siamo andati in caserma, e la notizia ci ha paralizzato”.
Cosa vi hanno spiegato?
“Ci hanno detto che il dottor Cazzaniga gli ha somministrato una dose massiccia di farmaci, per farlo morire. Chiaro e tondo, è stato un omicidio. Abbiamo scoperto il motivo per cui è morto, ma in un modo bruttissimo”.
Come andò quella mattina?
“Papà aveva 69 anni ed era malato di tumore. Il reparto di oncologia ci mandò in ps. Lo accompagnai io a fare una vista oncologica. Risultò che aveva acqua nei polmoni e che l’avrebbero ricoverato. Lui era tranquillissimo. Gli feci prendere una pastiglietta, una volta giunti in pronto soccorso. Uscii per avvisare i miei fratelli e lasciai mia mamma. Dopo un po’ la cacciarono fuori. Lui la voleva vicino, perché aveva avuto ictus e non comunicava bene. La mandarono fuori. Dopo un quarto d’ora venne il dottor Cazzaniga”.
Cosa vi disse?
“Ci disse che dovevano ricoverarlo. Io usci in sala d’aspetto. Mi richiamò lui stesso, dopo 10 minuti. Mi fece un annuncio: se volete venire a salutarlo… Non mi sembrava possibile, pensavo fosse un sogno. Raccontò che lo avevano mandato in coma farmacologico. Quando rientrammo praticamente era già morto. Pensavamo che ci stessero avvisando dell’avvenuto ricovero, e invece ci chiamarono per andarlo a salutare perché era morto…”
Il dottor Cazzaniga aggiunse qualcosa?
“Mi invitò a toccarlo, a parlarci, perché lui mi avrebbe sentito. Poi mi disse che gli si era fermato il cuore e poco dopo chiese se poteva chiamare il prete. Fece tutto lui. In una mattina qualunque, mentre la gente entrava e usciva dal pronto soccorso. Lui se ne stava seduto alla scrivania. Ma secondo me, mio padre era già morto. E’ stato un incubo, e per tre anni ce lo siamo portati dietro. E alla fine abbiamo scoperto che cosa aveva combinato”.
Non avete pensato a denunciare?
“Come potevamo contestare un medico, noi siamo ignoranti di medicina. Io so solo che papà era tranquillo. E che da lì ci è crollato il mondo addosso. Abbiamo pensato tante volte di rivolgerci a un avvocato, ma quando ti metti contro i grandi non ne vieni fuori. Ci siamo sempre sentiti piccoli”.
Chi vuole ringraziare?
“Un grazie va detto all’infermiera che ha denunciato. Lei è una gran donna, poteva succedere a chiunque una cosa del genere, e un po’ tutti abbiamo il brutto vizio di vedere le cose brutte, ma poi nasconderci. Ha salvato tante vite. E poi i carabinieri, che sono stati dei grandi, e i magistrati”.
Cosa pensa del dottor Cazzaniga?
“Era un medico, e avevamo fiducia nei medici. L’importante è che stia dentro e abbia finito di fare del male alla gente”.
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