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“Povero Angelo, quel figlio era la sua croce”

Nella zona del Santuario dove è avvenuto l'omicidio tutti ricordano Angelo Alberti, l'anziano ucciso dal figlio martedì sera: "Luca è sempre stato una testa calda, ma lui cercava di tenerlo sulla strada giusta"

Angelo Alberti era una persona perbene e riservata. Ma aveva un rapporto a dir poco burrascoso con il figlio Luca, come ricordano tutti nella zona del Santuario a Saronno. Proprio Luca, 46 anni, ha ucciso il padre a coltellate nella sera di martedì, all’interno dell’appartamento al secondo piano nel palazzo di fronte all’antica chiesa di Saronno. Il figlio, che avrebbe chiamato i soccorsi dopo il fatto, ha confessato nella notte l’omicidio del padre 86enne.
Mercoledì mattina nella zona semicentrale della città non si parla d’altro. Angelo Alberti, saronnese da sempre, lo conoscevano tutti. Abitava nel quartiere da oltre 35 anni. Appassionato di maratona, fino a qualche anno fa, ogni domenica, andava a farsi 20 chilomenti correndo. È stato sposato due volte, vedovo da 20 anni, più o meno da quando era andato in pensione. Una vita passata da pendolare, facendo avanti e indietro da Milano, dove aveva lavorato come tipografo al Corriere della Sera per 30 anni. «Ha sempre amato il suo lavoro, era l’unica cosa che, nonostante la malattia, ricordava ogni volta che lo si incontrava» racconta Roberto, l’edicolante della piazza.

Infatti, Angelo da qualche anno era malato di Alzhaimer o demenza senile, non ricordava quasi nulla: «Lo conoscevo da 30 anni – ricorda Angelo Arnemi, il fiorista del chiosco posizionato di fronte alla casa di Angelo e Luca, mentre mostra commosso una foto con la vittima -. Ci facevamo lunghe chiacchierate, fino a prima che si ammalasse e iniziasse a non ricordare nulla. Non parlava molto del figlio, ma tutti sapevamo che avevano un rapporto difficile a causa delle intemperanze del ragazzo». 
In piazza arriva anche un ex collega di Luca Alberti, Antonio: «Lavoravamo insieme nella vetreria di Origgio – racconta -, è sempre stata una testa calda e anche lì aveva provocato diversi problemi ai titolari. Non si riusciva molto a ragionare con lui. Poi è stato licenziato e non l’ho più visto. Conoscevo il padre e mi dispiaceva molto che fosse costretto a subire così gli sbalzi d’umore del figlio». 

Le liti pare non avvenissero solo all’interno dell’appartamento: «Succedava anche al bar sottocasa – racconta un altro consocente, Mauro -. Litigavano per nulla, per cose da poco, poi il figlio se ne andava alzando la voce e sbattendo porte e cose. Ma Angelo non parlava mai male del figlio, anche se sapevamo tutti a cosa erano dovuti i lividi che ogni tanto si vedevano». 
«Era una persona perbene, squisita – aggiunge Patrizia della Pasticceria del Santuario -. Andava spesso a farsi una passeggiata, anche da solo fino a prima di ammalarsi, poi con la badante. Era riservato, ma è sempre stato gentile con tutti, nonostante la situazione che viveva in casa con il figlio». 
«Mi ricordo quando accoglieva in casa sua me e i miei figli – prosegue il forista Angelo -. Sempre gentile, sempre premuroso. Ma si vedeva che aveva costantemente una preoccupazione per il figlio, anche se non ne voleva mai parlare. Era riservato, lottava per tenerlo sulla strada giusta, non aveva mai smesso. Quel ragazzo è sempre stato la sua croce».

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 26 Marzo 2014
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