Nei prossimi giorni mi recherò dall’avvocato che patrocina l’amministrazione comunale per essere edotta circa i termini che riguardano il tentativo di conciliazione proposto dal giudice per quanto attiene il processo che vede sia l’assessore Cristiano Borghi che l’amministrazione comunale, nella persona del sindaco e della giunta, parte accusata di razzismo. Ritengo che, per prassi, un tentativo di conciliazione debba essere fatto, ma sottolineo che di solito chi accetta di conciliare, se è la parte chiamata in causa, ammette, proprio patteggiando, la propria colpa. La nostra posizione è sempre stata chiara. Noi non abbiamo fatto atti, come ordinanze, che andavano nel senso di discriminare nessuno. L’agire del sindaco – a nome del quale parlo – è andato nel senso di dare una risposta ad una richiesta elevataci dai gerenzanesi che domandavano più sicurezza. I controlli e le azioni da noi poste in essere sono consentite e derivano da quanto la legge dello Stato permette alle amministrazioni pubbliche. I numeri messi a disposizione per le segnalazioni non sono stati fatti per favorire i delatori, ma per consentire a persone che hanno timore di poter esprimere i propri disagi senza patire spiacevoli conseguenze. L’invito fatto dall’assessore Borghi a non affittare ad extracomunitari andava nel senso di scuotere le coscienze e di mettere di fronte alle loro responsabilità quelle persone che, per puro lucro, affittano ad extracomunitari, regolari e non, creando problemi di convivenza soprattutto all’interno dei cortili. Quanto da noi fatto è stato politicamente strumentalizzato e si cerca di difendere i presunti diritti lesi di pochi, dimenticando quelli che riguardano la stragrande maggioranza della gente che ha diritto di vivere dignitosamente, senza paura e senza dover sentirsi ospite nella propria casa. Per questo la nostra linea non cambierà.