The sound of silence
di Alessandra Stifani

Scenografia di un giorno di Pasqua: la terrazza di casa, tre personaggi chiassosi e una primavera inondata di silenzio. Iniziamo da Oreste, giardiniere di mestiere e climber per passione. Era entrato nella vita di Sofia, eterea musicista dotata di orecchio assoluto, cantando a squarciagola con in mano un cuore di bue da novecento grammi. Sofia, incuriosita dai toni baritonali del ragazzone, aveva posato il flauto traverso e lanciato uno sguardo nell’orto. I possenti bicipiti e i fianchi asciutti avevano fatto il resto. Così il rozzo e burino, come lo chiamava la suocera in un tripudio di erre alla francese, aveva conquistato la fanciulla dal bisbigliare sommesso, frutto di una soffocante educazione borghese. Un’alchimia improbabile, che aveva raggiunto la perfezione in sala parto quando la voce modulata di Sofia si era lasciata andare a un urlo da note crociate. Nulla in confronto al grido acutissimo che l’aveva sovrastata. Ecco Ennio, un bel puttino deciso come un tuono. Avrebbe dovuto chiamarsi Amedeo in onore di Mozart, ma dopo il primo vagito, si era guadagnato il nome ispirato a Enia, divinità dell’urlo furioso della battaglia. E, a cinque mesi suonati, ancora esortava le guarnigioni ogni due ore in un crescendo implacabile. Le notti passavano tra gli angosciosi lamenti materni – noo, ancora! – e il rauco russamento dell’agreste giovanotto. Una colonna sonora degna degli Urlatori degli anni Sessanta. Poi arriva il 12 aprile 2020.
L’aria è trasparente, il cielo terso. Sono sparite le scie biancastre degli aerei e il rimbombo cupo delle auto sul lungolago. In lontananza le campane chiamano invano alla messa pasquale e nessun fragore di moto suggerisce la gita fuori porta. Una coppia di colombi si posa tra i riflessi argentati delle frasche dell’ulivo.
Sofia apparecchia la tavola in cucina: due tovagliette all’americana, il servizio di tutti i giorni e un piatto a forma di pulcino con quattro uova sode tagliate a metà, fresche di giornata. È primavera, le galline producono alla grande e scorrazzano libere nel pollaio in fondo al giardino. Almeno loro. Sdraiato sul divano, Oreste ripensa all’ultima uscita in falesia oltre un mese fa: gli amici, i muscoli tesi, i tiri stampati. L’ultima della stagione – chi l’avrebbe mai detto? – e sospira. Sullo schermo del tablet è rimasto il volto del nonno: una lacrima sulla guancia invecchiata e il sorriso tirato. Non porterà il coniglietto di cioccolato. Abita in fondo al paese, una distanza siderale di questi tempi. Un saluto veloce, qualche colpo di tosse e il respiro pesante – no, niente febbre, ci rivediamo presto…
Sofia esce sulla terrazza con Ennio, finalmente assopito al tepore del sole di mezzogiorno. Oreste la abbraccia da dietro e insieme ascoltano il suono del silenzio, là dove canta la voce della speranza.
Lockdown, 9 marzo -18 maggio 2020
Racconto di Alessandra Stifani (www.ilcavedio.org), illustrazione di Lucia E. Frattini
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