Chi ha paura della Giöbia?
Ghiotta di risotto, malvagia, tanto magra da poter scendere dal camino. Queste sono solo alcune delle credenze popolari su una figura la cui identità si intreccia con magia, mito e tradizione del nostro territorio
(foto di Mattia Martegani) Come da tradizione, il nuovo anno si è aperto con i consueti falò di gennaio: con quello dell’Epifania, e quelli di Sant’Antonio e della Giöbia, in cui il fuoco la fa da protagonista, si ripetono usanze antichissime e ormai consolidate, che trovano radici nelle pratiche contadine di epoca pre-cristiana, in cui, il tanto temuto inverno, stagione del freddo e del buio, simbolo di privazioni e sacrificio, andava esorcizzato. I falò erano considerati la luce che richiamava il sole, il nuovo inizio e la stagione calda e luminosa. L’ultimo giovedì di gennaio nelle piazze e nelle aree aperte, si compie il rito della Giöbia, in cui un pupazzo rappresentante una vecchia, viene arso in un grande falò. Era d’uso fare tre giri attorno al grande fuoco, inneggiare alla Giubiana e trarre auspici dalle fiamme. Il rogo della Giöbia assume valenze diverse, in relazione alle usanze popolari tipiche di ogni luogo, la tradizione è infatti diffusa in tutta l’Italia Settentrionale ma si concentra in modo particolare in Piemonte e Lombardia specialmente nelle aree della Brianza, Alto Milanese, nel Varesotto e nel Comasco e si accompagna a manifestazioni folkloristiche che comprendono ricette e piatti tipici.
Le famiglie povere usavano preparare la panna facendola raffreddare al clima rigido delle notti invernali per poi essere montata con un frustino, simile a una scopetta, ottenuto dai rami di acero o robinia o con un sacchettino di tela robusta che veniva agitato manualmente o ancora, con una bottiglia. Quando la panna arrivava ad essere solida veniva consumata con le castagne lessate che, grazie alla conservazione in sacchi di tela o in casse di legno, erano disponibili per l’intero inverno. In alcuni casi la panna molto densa veniva “siglata” con uno stampo in metallo o legno, di solito utilizzato per il pane o il burro, così da imprimere un tocco personale al dolce.
In alcune località le castagne venivano bollite direttamente nel latte; un’alternativa alla panna era il latte addolcito con miele accompagnato da pani dolci, in molti casi si trattava di pane raffermo ammollato nel latte a cui veniva aggiunto miele o zucchero e spezie o frutta secca. Il risotto e salsiccia (luganega) è uno dei piatti che si lega a questa festa: esisteva la credenza che la Giöbia amasse il risotto, simbolo di fertilità e felicità, e quindi se ne lasciava un piatto sul tavolo in modo che lo potesse consumare così da non dar fastidio agli abitanti della casa: pare che chicchi di riso rappresentassero gli insetti che, con l’arrivo dell’estate, avrebbero tormentato i contadini intenti nei lavori dei campi, mandati dalla vendicativa Giöbia nel caso in cui non avesse ricevuto una buona accoglienza.
La figura della Giöbia è stata spesso accostata a quella della Strega, a un personaggio fiabesco che aveva capacità magiche, compresa quella di penetrare nelle case passando per la cappa del camino tanto che, nell’immaginario popolare, era vista come una anziana, una donna alta e magra, dalle gambe lunghe, caratteristiche che rendevano agevole il suo passaggio lungo la cappa fumaria; anche il termine Giubiana, uno dei nomi con cui è ancora oggi indicata, era attribuito a un fantasma lungo e sottile. Ogni luogo, seguendo consuetudini e dialetti locali, assegna infatti a questo mitico personaggio un nome diverso, tra i più conosciuti : Giöbia, Giubiana, zobia, zobiana. Il suffisso ana, che in molti casi chiude il nome, crea un accostamento con altre figure leggendarie come Morgana, Anguana, Befana.. figure che si legano al mondo della magia, personaggi mitologici che hanno preso forma in relazione ai culti più antichi e che col tempo hanno assunto la connotazione di personaggi fantastici e grotteschi, perdendo il loro significato originale.
Il termine Giöbia, nei dizionari dell’ottocento, corrispondeva all’attuale giovedì: joviana è colei che arriva il giovedì, il giorno in cui le Streghe si radunavano. L’origine di questa credenza si ricollega in parte alle Quattro Tempora dell’anno, un tempo che per la religione cattolica era dedicato alla preghiera e alla meditazione. Istituito nel 222 da papa Callisto e in seguito perfezionato da San Gregorio Magno questo tempo dell’anno veniva celebrato all’inizio delle quattro stagioni dell’anno, Quattro serie di tre giorni che comprendevano preghiera, digiuno e penitenza, con lo scopo di ottenere benedizioni per i raccolti e il lavoro umano, consacrare a Dio il tempo e le stagioni, per ringrazialo per i raccolti e i benefici già ottenuti. Si svolgevano il mercoledì, il venerdì e il sabato, lasciando così un tempo di sospensione al giovedì.
Il passaggio tra paganesimo e cristianesimo è stato graduale, le pratiche di culto politeiste si sovrapposero, in molti casi, a quelle monoteiste, i nostri avi si ritrovavano spesso a incontrarsi nei boschi o nei campi per amoreggiare, banchettare e brindare davanti al fuoco, danzare e cantare, come facevano un tempo le Figlie di Diana il cui culto era diffuso nei territori del Varesotto, un modo istintivo per riconnettersi all’antica Religione. Alla Giöbia, Giubiana o Zobia viene spesso sovrapposta l’immagine di una Strega, una Strega da dare alle fiamme, simbolo del male, in questo ambito la conoscenza della storia locale si mette in luce in tutta sua utilità… non è solo un insieme di immagini e dati atti ad alimentare la poesia del passato ma aiuta a comprendere l’evoluzione dell’uomo in relazione ai luoghi e alle epoche. Messaggi importanti che attraverso i racconti e le opportune spiegazioni è utile trasmettere anche ai bambini in modo che la filosofia degli avi, la loro fede e le speranze, non vadano perse e la storia diventi, a tutti gli effetti, esperienza di vita.
Il testo è stato elaborato con dati raccolti da testimonianze orali nel corso degli anni e comparato attraverso dizionari e libri. Treccani enciclopedia on line Quattro tempora di Luigi Giambene, Enciclopedia 1935 Cultura neolatina, Volume 16, Edizioni 2-3, 1956 B. Migliorini, G. Bertoni, M. Bartoli, Dal nome proprio al nome comune, studi semantici sul mutamento dei nomi propri persona in nomi comuni negl’idiomi romanzi. 1925-1927 M.Ponza, della Stamperia reale, 1830 G. Pirotta, Collezione delle migliori opere scritte in dialetto milanese, Volume 1, Dialetto milanese, 1816
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
lenny54 su Entrano in vigore le nuove tariffe "metropolitane", Saronnese e Busto più vicine a Milano
Felice su Fucile d'assalto e mitragliette nella casa dell'ex ispettore di Malpensa
lenny54 su In vendita casa Bossi, villa simbolo della "Lega di una volta"
lauralaura su Ospedali troppo caldi: la Regione comprerà i condizionatori
gcbiakmw su Lo spinello fa male
Rita Campiotti su Torna IceOut, qual è la vostra gelateria preferita?
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.