Don Ciotti e quell’abbraccio ai giovanissimi di Busto e Cassano
L’emozionante intervento di don Luigi Ciotti, che ha messo sotto i riflettori i giovani studenti di Busto Arsizio e Cassano Magnago, presenti alle celebrazioni il ricordo della Deportazione dei lavoratori della Ercole Comerio
Probabilmente nessuno se lo aspettava. Non gli studenti, non i loro docenti, né gli organizzatori dell’evento. Eppure don Luigi Ciotti, ospite d’eccezione delle celebrazioni per l’81esimo anniversario della deportazione dei lavoratori della Ercole Comerio, ha saputo mettere sotto i riflettori i giovani.
Il fondatore del Gruppo Abele e dell’associazione Libera contro le mafie, atteso oratore della giornata di sabato 18 gennaio, fin dal suo arrivo ha lasciato intendere verso chi il pubblico avrebbe dovuto rivolgere lo sguardo: i giovanissimi studenti presenti all’incontro.
Ed è stato lui, per primo, capace di far sentire ogni ragazzo un interlocutore prezioso.
Arrivato al teatro Manzoni, raggiunto da Istituzioni, giornalisti e ammiratori, a ciascuno ha risposto con cordialità, ma poi lo si è visto dedicarsi in modo affettuoso soprattutto ai giovanissimi accanto a lui.
Seduto in mezzo ai ragazzi, a ciascuno ha rivolto domande interessate, sulla scuola, la vita, intrattenendosi con il sindaco del Consiglio comunale dei ragazzi di Cassano Magnago e complimentandosi con chi, sul palco, ha saputo tradurre in balli, musiche e spettacolo la tragedia dei martiri della Ercole Comerio.
Ed è a loro, a tutti loro, che don Ciotti si è rivolto durante il suo intervento, con parole che hanno toccato il cuore di tutta la sala: «Vorrei augurare a tutti voi una vita riuscita, che possa riempirsi di senso e significato. La vita si vive una volta soltanto, ma non abbiate mai paura di entusiasmarvi per la vita: troverete dei momenti facili e dei momenti difficili, ma non perdete mai questa voglia di mettervi in gioco. Perché la vita se la si riempie diventa leggera, se la si lascia vuota diventa pesante. Care ragazze e ragazzi, sono io che ringrazio voi perché nei vostri interventi, al parco e in questo teatro, ci avete portato momenti forti per guardarci dentro e guardarci attorno».
Forte il riferimento di don Ciotti ai deportati della Comerio, il cui volto era evidente nelle immagini che campeggiavano sotto il sipario: «Le vostre parole, i vostri gesti, la vostra passione ci hanno invitato a riflettere: io vi guardavo sul palco, con queste immagini dei martiri sopra di voi, quasi a proteggervi. Questi martiri non ci chiedono solo una celebrazione, ma un impegno. Abbiamo bisogno di un noi plurale e diverso».
«Ragazzi, c’è bisogno di voi. Lo so, questa è una società che si preoccupa per voi, ma non si occupa a sufficienza di voi. C’è bisogno di voi, appassionati, sensibili, curiosi: perché voi portate nuova linfa a quegli ideali che vanno riscoperti».
Parole ricche di stima, ma anche fiduciose dell’apporto che le nuove generazioni potranno dare alla nostra società.
A seguire, con lo sguardo colmo di tenerezza, come un nonno o un caro amico, ha dedicato loro discorsi sull’importanza della scuola e l’impegno di quegli insegnanti, quegli educatori, che li aiutano ogni giorno a prendere coscienza di cosa davvero conti.
Infine don Ciotti, chiamando sul palco alcuni giovanissimi del Consiglio comunale dei ragazzi di Cassano Magnago, ha concluso il suo discorso raccontando un dettaglio curioso e parlando della fisionomia di uno dei più piccoli degli animali, la formica, che possiede due stomaci e, attraverso il secondo, porta il cibo per le formiche in difficoltà, rimaste nel formicaio.
Una metafora dell’occuparsi degli altri che ha raccontato così: «Pensiamo a quei volti di questi martiri: prendiamo coscienza del sacrificio di queste persone, che lottavano per la loro dignità e hanno sacrificato la loro vita per un ideale e come loro i partigiani e tutti quei cittadini che si sono messi in gioco per la nostra libertà e la democrazia del nostro Paese. Quindi, anche se siamo piccoli, fragili, spendiamo un po’ “del nostro stomaco, come le formiche”, investiamo un po’ della nostra vita per dare vita, per dare una mano a chi vicino a noi fa un po’ fatica, ascoltandolo e aiutandolo».
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