L’Italia è una fanfara
di Emanuele Forma
«…marciavano in testa dodici soldati colla carabina sulla spalla sinistra, tenendo nella destra corni da caccia con cui suonavano una marcia allegra, vivace e tale da far venire la voglia di correre anche agli sciancati…» (G. Quarenghi)
Il 2 giugno è il giorno della Repubblica, una festività che rappresenta il sentimento nazionale insieme alla bandiera, l’inno, i monumenti che condensano i valori sociali e culturali italiani. Abitavo con i miei genitori a Monte Mario, un quartiere di Roma. Il 2 giugno 1957 era una luminosa giornata come lo sanno essere solo le giornate di primavera nella capitale. Papà mi portò a vedere la sfilata delle Forze Armate ai Fori Imperiali. Per seguire la parata militare mi prese a cavalluccio sulle spalle; era una posizione privilegiata, dominavo, con un certo orgoglio, l’intera folla e la visione spaziava fino al Colosseo. Guardavo con stupore gli enormi carri armati. Sopra di noi solcavano il cielo assordanti stormi di aerei ad elica. Dopo il passaggio di un reggimento di cavalleria, la strada si svuotò, ma nessuno accennava a sgombrare come in attesa.
Ed ecco in lontananza un suono indistinto e, a mano a mano che si avvicinava, l’eccitazione della gente aumentava. Dal fondo della strada apparvero i Bersaglieri a passo di carica e al suono della fanfara. La folla pareva impazzita: batteva con foga le mani, chi sventolava il cappello, chi una bandierina tricolore di carta. Osservavo questo spettacolo a bocca aperta e sentii papà dire: “Questa è l’Italia”. Anni dopo, in verità più di mezzo secolo dopo, mi trovavo a cena a casa di amici; si chiacchierava in sottofondo il vocio indistinto della televisione. Trasmettevano la parata per il Columbus Day a New York. Sfilavano gruppi folcloristici e associazioni di tutte le nazioni, ma ciò che attirò la mia attenzione fu l’apparire improvviso di minuscole figure che avanzavano di corsa al suono sempre più distinto della fanfara dei Bersaglieri. L’eccitazione della folla era la stessa di tanti anni prima, applaudiva e sventolava bandierine. La telecamera inquadrò per qualche istante un anziano signore che piangeva con una dignità antica; mi vennero in mente le parole di papà e fui convinto che si trattasse di un italiano, lontano da molto tempo dalla sua terra. Più di recente, alla fine del secolo scorso, sono stato eletto nel Consiglio Comunale della mia città. Il confronto/scontro con i consiglieri degli altri schieramenti politici, sempre basato sul rispetto, ha dato vita, con il passar del tempo, alla nascita di rapporti di cordialità e, in alcuni casi, di amicizie che durano ancora oggi. Un ruolo non secondario l’ha avuta la trattoria di Raffaele e, in particolare, la pasta e fagioli e gli spaghetti aglio e olio. Durante questi prolungamenti notturni delle riunioni consiliari continuavano, con tono meno formale e esclusi gli astemi, le discussioni. Nel pieno di uno di questi accesi dibattiti mi è stato chiesto che cosa era per me l’Italia. Risposi: ”Per me l’Italia è una fanfara, e se mi date dieci minuti vi spiego perché.”
Racconto di Emanuele Forma (www.ilcavedio.org) Foto archivio storico Anmig Varese
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