La battaglia della Somme
di Gian Paolo Zoni
Il sole ha da poco abbandonato il mondo, regalandomi freddo, pioggia e buio. Ogni goccia che colpisce il mio volto lava un po’ del fango che lo ricopre. Sono qui da due giorni, in questa buca limacciosa, riparo e prigione allo stesso tempo. Ogni tanto un lampo. Immagino occhi attenti scrutare questo paesaggio lunare, nel tentativo di cogliere il minimo movimento, trovare una variazione nella fissità del terreno piagato dai reticolati e dai corpi silenti dei miei compagni.
Ci svegliarono all’alba. Ci misero in fila nelle trincee, fucile e zaino sulle spalle, elmetto di acciaio in testa. Passarono gli ufficiali. Per la patria, dissero. Per il Re, aggiunsero. Poi tornarono nelle retrovie.
Il sergente Platt, baffi neri e occhi tremolanti, fischietto in bocca, fissava il comandante in attesa dell’ordine di attacco. La fioca luce del mattino indugiava sui nostri giovani volti. Visi conosciuti, tutta gente di Bradford, la città dove sono nato. Paul, che perse il padre sei anni fa, e alla cui madre il signor Cox donava cibo di nascosto dalla moglie. Carne, quando a fine mese ritirava il salario, pane duro, sottratto alle galline che la signora Cox allevava nel piccolo giardino dietro casa, quando i soldi finivano. Comunque portava sempre qualcosa e senza pretendere nulla in cambio, ma forse, il signor Cox, qualcosa la otteneva.
Paul tormentava la cinghia del fucile, l’arrotolava e srotolava sul dorso della mano. Il mio caporeparto alla tintoria Salt, il mite e scrupoloso signor Peck, si mordeva il labbro fino a farlo sanguinare. Jan, cresciuto come me nelle strade sporche di Broomfields, tremava così forte da faticare a tenere l’elmetto in testa. E il piccolo Tim, appena diciottenne, baciava il crocifisso donatogli da sua madre prima di partire. Tutti con la paura nell’animo, tutti a cercare di nasconderla.
Il fischio, che mai avremmo desiderato sentire, inondò le trincee. Urlando, le scavalcammo. Di corsa attraverso quei campi fangosi e brulli. Il primo che venne colpito non lo riconobbi, ma il piccolo Tim era a pochi metri da me. Falciato da una raffica cadde come una marionetta. A uno a uno, tutti i miei amici, vecchi e nuovi, morirono. Sono ancora lì, tra le pietre e le pozzanghere rossastre. Anche Paul è qui, un po’ più in là della mia buca. Ucciso da una granata. Forse la stessa da cui è partita la scheggia che mi ha bucato l’intestino. E ora, sotto lo sguardo di un cielo scuro e indifferente, circondato da centinaia di volti muti, di occhi ciechi, fradicio e impaurito, un unico pensiero mi pervade: vivere, vivere, vivere…
Racconto di Gian Paolo Zoni (www.ilcavedio.org). La Somme fu una delle più grandi e sanguinose battaglie della prima guerra mondiale e in generale della storia umana.
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