Le Bestie di Satana nel ricordo dei cronisti che seguirono il caso
Dal decano Gabriele Moroni, principe della cronaca nera lombarda, a Claudio Del Frate, cronista varesino all'epoca corrispondente del Corriere, fino a Roberto Rotondo che lo seguì per Varesenews
In questi giorni ricorrono i dolorosi anniversari degli omicidi commessi dalle Bestie di Satana. La mattina del 24 gennaio del 2004, infatti, inizia tutta la vicenda con la scoperta shock dell’omicidio di Mariangela Pezzotta per mano di Andrea Volpe, Elisabetta Ballarin e Nicola Sapone.
Da quella vicenda partiranno le indagini della Procura di Busto Arsizio che porteranno alla scoperta di una vera e propria setta che si è macchiata di altri tre omicidi. Abbiamo parlato con tre cronisti che hanno scritto di questa vicenda, seguendola sin dalle prime fasi, fino al processo: Gabriele Moroni de Il Giorno, Claudio Del Frate del Corriere della Sera e Roberto Rotondo, oggi in Rai e all’epoca a Varesenews.
Il ricordo più profondo e forte che Gabriele Moroni si porta dietro dalla vicenda delle Bestie di Satana è il primo incontro con Michele Tollis, padre di Fabio il sedicenne ucciso e seppellito dietro il cimitero di Somma Lombardo il 17 gennaio 1998 insieme all’amica Chiara Marino: «Era la tarda primavera del 1998 e stavo lavorando ad un pezzo sui ragazzi che scappano da casa. Venne in redazione questo signore piccolo e distrutto dalla scomparsa di suo figlio, sembrava un pugno chiuso. Mi raccontò la storia delle sue ricerche per sapere che fine avesse fatto il figlio. Lo rividi nel 2004 in procura a Busto Arsizio. Era un uomo addolorato ma soddisfatto, il suo dolore era contenuto e dignitoso». Moroni, che poi negli anni ha dedicato due libri al tema (Le Bestie di Satana. Voci dall’incubo del 2006, ed. Meravigli, e Sette Sataniche e psicosette, ed. Diarkos) paragona questa vicenda, per crudeltà, solo al caso del piccolo Tommy, sequestrato e ucciso a Parma quando aveva solo 17 mesi, nel 2006: «Sono, senza dubbio, le storie più brutte che ho seguito. La vicenda delle Bestie ha avuto un solo merito, quello di far scoprire il settarismo acido».
Claudio Del Frate nel 2004 era il corrispondete del Corriere della Sera a Varese: «Ricordo che nella vicenda ci entrai gradualmente a partire dall’omicidio di Mariangela Pezzotta. Mi colpì il fatto che fu un delitto fuori scala, seppellita ancora in vita e finita a badilate ma pensavamo tutti che si trattava di tossici scoppiati. Ricordo la Ballarin ridotta ad un cencio quella mattina, portata in ospedale perchè non riusciva a riprendersi. Non immaginavamo che dietro ci fosse di mezzo il satanismo almeno fino a marzo di quell’anno, quando fu arrestato Nicola Sapone». Del Frate e tutti i colleghi furono costretti a rivedere il loro giudizio pochi mesi dopo: «Ricordo che a giugno fummo i primi a dare la notizia della confessione di Andrea Volpe e del ritrovamento di Fabio e Chiara. Mi colpì il fatto che ragazzi così giovani e senza una preparazione “malavitosa” fossero riusciti a tenere segreto il duplice omicidio per così tanto tempo. Crudeltà, omertà e movente sono le tre caratteristiche che danno l’idea dell’enormità della vicenda. Per quanti ne abbia seguiti, questo è decisamente il caso di nera più potente che abbia mai seguito. Ogni tanto ripenso al fatto che uno come Mario Maccione faceva atletica e aveva frequentato i salesiani come me. Come scriveva Camus ne “Lo Straniero” quando l’impiegato qualunque si trasforma in assassino e dice al giudice: “Signor giudice sono uguale a voi”».
Roberto Rotondo è il più giovane dei tre che abbiamo intervistato. Oggi lavora in Rai ma all’epoca faceva parte della squadra di Varesenews: «Quel giorno eravamo in turno in pochi. Sulle prime le informazioni erano molto frammentarie e confuse, tanto che una mia collega scrisse un titolo che, col senno di poi, sembra un po’ folle: “Trovata donna in un prato”». Poi i ricordi si fanno più nitidi: «Faceva molto freddo e il comandante provinciale dei Carabinieri era il colonnello Russo. Sul posto aveva una faccia un po’ stranita. Subito si capì che si trattava di un omicidio terribile e di una situazione allucinante. C’era disagio da parte di tutti perchè si era capito che la vittima era figlia di un esponente politico di Forza Italia e una delle persone arrestate era la figlia di un collega». Rotondo ricorda i fatti di giugno, quando si trovò a seguire l’esumazione dei corpi di Chiara Marino e Fabio Tollis nei boschi di Mezzana: «Faceva molto caldo, era umido ed era pieno di zanzare. Associo queste sensazioni fastidiose e disturbanti a questo momento, come se fossero state amplificate dalla pesantezza della situazione». Per lui quel caso è stato, soprattutto, una palestra: «Ho visto lì tutti i grandi giornalisti della cronaca nera italiana. Ho un ricordo particolare dell’incontro con i famigliari delle vittime e della necessità di approcciarsi a loro nella maniera giusta. All’epoca i giornalisti della carta stampata dettavano la linea a tutti. La cronaca all’epoca aveva ancora delle regole inviolabili dettate dai capibranco».
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