Per lo stupro di Venegono la seconda vittima non riconosce nessuno dei due imputati
In aula sentiti fra i testi della difesa anche il genetista del processo per la morte di Yara Gambirasio, Marzio Capra. L’analisi del profilo Google di uno dei due ragazzi arrestati
«No non l’ho mai visto». Dopo Anthony Fusi Mantegazza, non riconosciuto dalla seconda vittima (quella nella sala d’aspetto di Venegono inferiore), anche il volto Hamza Elayar, presente in aula, non risulta noto alla ragazza raggiunta e molestata la sera di venerdì 3 dicembre 2021. È difatti passato più di un anno dalla doppia violenza sessuale avvenuta prima sul treno in direzione Varese, poi alla stazione di Venegono che vede imputati i due giovani arrestati pochi giorni dopo i fatti e sottoposti a custodia cautelare in carcere.
Nell’udienza di giovedì nella “gabbia“ ospitata dal Collegio non era presente Anthony Fusi Mantegazza poiché indisposto, e la vittima che quella sera denunciò le violenze subite, dopo essere stata trasportata in ambulanza all’ospedale Del Ponte, è ritornata in aula dopo il primo tentativo di riconoscimento avvenuto nelle precedenti udienze (in quel frangente, osservando il Fusi Mantegazza, non lo riconobbe). Nessun riconoscimento anche da parte di un’altra teste sentita sempre giovedì nel primo pomeriggio, una viaggiatrice che era sul treno e notò due giovani, uno con la bici, salire sul convoglio, con uno dei due che le chiese dove fosse la fermata di Mozzate; in seguito ha raccontato di aver udito alcune grida provenire dallo scompartimento al piano rialzato del treno. Poi niente più.
Le difese (avvocati Fabio Bascialla e Monica Andreetti) hanno a quel punto proceduto escussione dei loro testi. Il primo a parlare è stato il genetista Marzio Capra che ha lavorato sul caso del processo per la morte di Yara Gambirasio. A Capra è toccata l’analisi biologica di un particolare copricapo considerato un cappello indossato la sera dello stupro e trovato nella casa di Fusi Mantegazza dove i carabinieri procedettero agli arresti. Quel cappello, già analizzato dal Ris di Parma su richiesta del giudice per l’udienza preliminare sotto forma di incidente probatorio fece emergere l’assenza di riferimenti biologici ascrivibili agli indagati. L’esperto ha isolato tre profili genetici trovati nei capelli custoditi dal copricapo, e sono i profili denominati “ignoto1“, “ignoto2“ e “ignoto3“, che non corrispondono a quelli degli indagati, mentre il ceppo cromosomico isolato sarebbe quello dei cittadini ordinari dei paesi dell’Africa Settentrionale, Tunisia, Algeria e Marocco. «Se il cappello fosse stato indossato da altri soggetti, ve ne sarebbe traccia», sono state le conclusioni dell’esperto.
Il secondo consulente di parte invocato dalla difesa ha invece analizzato l’account google del telefono sequestrato al Fusi Mantegazza e dei conseguenti spostamenti registrati da dove emergerebbe la presenza dell’imputato in un locale di Tradate per gran parte della serata, geolocalizzazione frutto della concomitanza di tre elementi: wi fi agganciati dal dispositivo, geolocalizzazione gps, celle telefoniche agganciate, che dunque escluderebbero la presenza del giovane nei luoghi dove avvennero i fatti contestati.
La prossima udienza, per questo processo che sta scandagliando nel dettaglio tutti gli elementi necessari per risalire alle eventuali responsabilità degli imputati, è fissata per il 23 gennaio prossimo.
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