Processo Mensa dei Poveri, la tangente immaginaria di Lara Comi e dell’amica avvocatessa
L'accusa è quella di aver pagato una mazzetta da 10 mila euro all'allora direttore di Afol Giuseppe Zingale per una consulenza da 80 mila euro ad una società di un'amica di Lara Comi che in aula smentisce la sua versione: "Non ero in me"
«Quella tangente me la sono inventata, l’ho immaginata perchè quando sono stata interrogata ho avuto un blocco psicologico. È vero che Lara Comi mi aveva detto che forse il direttore di Afol Giuseppe Zingale forse si aspettava un regalo di Natale (c’è un audio whatsapp agli atti, è innegabile) ma poi la quantificazione della cifra (10 mila euro) e il modo in cui avrei creato la mazzetta l’ho inventato per dare una versione ai magistrati che potesse essere credibile per loro». Si è giustificata così Maria Teresa Bergamaschi, avvocato di Pietra Ligure esperta di fondi europei molto legata all’eurodeputata forzista (Lara Comi è tornata al Parlamento Europeo dopo che Berlusconi ha rinunciato al suo seggio per andare in Senato, ndr).
La donna è stata ascoltata questa mattina nell’ambito del processo Mensa dei poveri in quanto imputata nel procedimento per una presunta tangente da 10 mila euro che avrebbe pagato all’allora direttore di Afol. Grazie alla conoscenza dell’eurodeputata, con la quale collaborava come consulente, aveva avuto modo di ottenere incarichi da aziende private e pubbliche come Afol: «Fu lei a introdurmi a Zingale che cercava di accedere ai fondi europei e un modo di poter aprire uno sportello dell’azienda formativa a Bruxelles» – ha raccontato stamattina.
Il racconto della donna si ingarbuglia nel momento in cui deve spiegare la tangente di cui aveva parlato nell’interrogatorio del 14 maggio 2019, davanti ai sostituti procuratori Bonardi e Furno: «Quel giorno mi agitai moltissimo dopo che ero stata interrogata il giorno prima come persona informata sui fatti. Io volevo solo spiegare che il lavoro per Afol era stato fatto ma non venivo creduta, quindi mi sono immaginata alcune cose e le ho fatte mettere a verbale». Una retromarcia totale sulla vicenda, dunque.
Nello spiegare come mai avesse dato, quindi, 6100 euro alla società di consulenza di Lara Comi (la Premium Consulting) la Bergamaschi ha spiegato che «era la cifra che avevo pattuito con la Comi perchè mi aveva procacciato un cliente (un centro clinico) e mi aveva procurato una lettera di endorsement dell’associazione crocieristi europei». Quando la pm le contesta che sulla causale del versamento c’era scritto “consulenza” la Bergamaschi aggiunge «la consulenza si sarebbe dovuta svolgere nei mesi successivi ma quei soldi erano stati versati per i motivi che ho già detto».
Quando i pm le chiedono come aveva conosciuto Caianiello la Bergamaschi spiega la circostanza: «Me lo presentò come “Nino” la Comi a Telelombardia, mi fece alcune domande con fare arrogante sulla consulenza che stavo facendo per Afol e io risposi che stava andando bene. In quel momento pensai che fosse un membro del cda di Afol e solo quando venne fuori l’indagine capii che era Caianiello».
Dopo è stata interrogata, solamente dal suo difensore Gian Piero Biancolella, Lara Comi che ha aggiunto di aver svolto anche il lavoro di consulenza per la Bergamaschi, relativa ad un’app per controllare lo stato di salute dei lavoratori sulle navi da crociera.
L’unico punto fermo di questa vicenda è il messaggio audio di whatsapp che la Comi invia all’amica prima di un incontro con Zingale nel quale l’eurodeputata ipotizza la possibile richiesta di una tangente. Sarà poi il presidente del collegio giudicante Paolo Guidi a chiedere alla Comi perchè avesse detto quella frase alla Bergamaschi sul regalo a Zingale: «Lo dissi perchè qualche giorno prima Caianiello mi aveva fatto ancora presente le sue difficoltà economiche e immaginai che Zingale avrebbe potuto chiedere alla Bergamaschi una retrocessione per conto di Nino».
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