L’estorsione al bar di Caronno Pertusella, così inizia l’indagine sulla ‘ndrangheta a Rho
I dialoghi tra il gestore del locale, il boss Gaetano Bandiera e il suo tirapiedi Antonio Procopio vennero captati dalla Procura di Torino che li inviò alla Dda
L’indagine che ha portato all’operazione contro la locale di ‘ndrangheta di Rho ha avuto inizio, come spesso capita in questi casi, da intercettazioni che riguardano investigazioni di altre procure.
Anche questa volta è stato così ed è stata la trasmissione degli atti dalla Autorità Giudiziaria di Torino a quella di Milano a dare l’abbrivio, partendo da un’ipotesi di estorsione ai danni di un commerciante di Caronno Pertusella, architettata dal capo della locale Gaetano Bandiera (insieme al figlio Cristian) e portata avanti con la collaborazione di Antonio Procopio, classe 1972 e originario della provincia di Catanzaro.
Procopio, come emerge dalle intercettazioni, gioca il ruolo dell’amico del commerciante che suo malgrado si trova a fare da tramite per Gaetano Bandiera e la sua richiesta di 1000 euro all’imprenditore ai quali si aggiungeranno altri 200 euro. È un affiliato del clan che ha giurato fedeltà alla ‘ndrangheta secondo il solito rituale dell’organizzazione e annovera precedenti per favoreggiamento personale per essersi fittiziamente intestato il contratto di affitto dell’appartamento di Pregnana Milanese, rifugio del latitante Antonio Romeo (appartenente al clan Nirta-Strangio) arrestato il 6 aprile del 2011 ad Arluno.
Nelle conversazioni captate dagli investigatori torinesi emerge come tra dicembre del 2019 e gennaio del 2020 Gaetano Bandiera fece pressione sul commerciante (anche lui pregiudicato calabrese e consapevole della caratura criminale del Bandiera) perchè consegnasse i soldi ad Antonio Procopio: «Voglio che vieni a trovarmi. Senti lo zio Gaetano che ti vuole bene. Ti devo dire due parole e basta. Non ti tocca nessuno! Non avere preoccupazione». Il commerciante risponde: «Zio Gaetano ma stiamo scherzando. Mica ho sbagliato da qualche parte». La risposta di Bandiera mette le cose in chiaro: «eh, va bene, hai sbagliato tante volte con me. Lascia perdere».
Andare a casa di “zio Gaetano” a Rho significa entrare in una palazzina popolare trasformata in un fortino con telecamere in ogni angolo, anche nelle parti comuni, e due leoni incatenati in marmo all’ingresso, simbolo di potere che tutti i condòmini conoscevano e rispettavano. Persino le liti tra vicini, infatti, venivano ricomposte dalla famiglia del boss.
Il commerciante ha paura perchè sa che i Bandiera non vanno per il sottile e quando devono punire il pestaggio è la norma. Lo sa bene anche Antonio Procopio, il messaggero dei Bandiera che ha il compito di riscuotere l’estorsione: «Vedi se te li può prestare qualcuno perché guarda veramente mi scannano. Già per una macchina rubata mi hanno fatto…».
Una volta recuperati e consegnati i soldi, però, Gaetano Bandiera torna alla carica per altri 200 euro che Antonio Procopio definisce «un pensiero chiesto da zio Gaetano per Natale». L’imprenditore recupererà a fatica quei soldi, li consegnerà a Procopio che però se li intascherà raccontando a Bandiera di averli persi.
Grazie a questo episodio, dunque, gli investigatori milanesi sono riusciti a ricostruire l’intero gruppo criminale, i ruoli e le attività illecite organizzate sempre più pervasive sul territorio e improntate ad una logica militare in cui i vertici comandavano e ognuno aveva un compito preciso da svolgere: non solo estorsioni ma anche un ingente traffico di cocaina, riciclaggio in attività legali, pestaggi e intimidazioni.
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