Mancano i medici: problemi in cardiologia all’ospedale di Gallarate e in ortopedia a Saronno
I problemi che sta affrontando l'azienda ospedaliera di Busto sono solo l'anticipazione di un sistema ormai allo stremo e che sta per implodere. La denuncia del sindacato Anaao Assomed
Cardiologia e ortopedia: sono le ultime due difficoltà che l’Asst Valle Olona deve affrontare con urgenza. Il pensionamento del primario della cardiologia Caico e la decisione di alcuni medici di lasciare l’ospedale ha fatto scattare l’allarme in tutta l’azienda: `« È una situazione delicata che chiede soluzione condivise – spiega il dottor Giovanni Gaudio rappresentante sindacale di Anaao Assomed – abbiamo fatto un incontro con l’azienda che non vuole chiudere o ridurre i servizi. Probabilmente, si ricorrerà al reclutamento di specialisti di altre Asst per uno sforzo comune che mira a evitare la chiusura di un reparto importante come quello dell’Sant’Antonio, che porterebbe gravi ripercussioni su tutto il sistema ospedaliero limitrofo».
La soluzione ipotizzata non è una novità, ma è quella già utilizzata per la pediatria con il reclutamento di specialisti di altre asst per coprire i turni dell’ospedale di Saronno, prima del Covid.
MANCANO GLI ORTOPEDICI A SARONNO
E sempre a Saronno c’è un secondo fronte dedicato e riguarda l’ortopedia: « Mancano gli ortopedici e l’Asst ha predisposto un piano di turnazione degli specialisti aziendali che arriveranno sia da Busto sia da Gallarate – spiega ancora il dottor Gaudio – anche in questo caso è una soluzione in emergenza che abbiamo già visto applicata».
Il riferimento è agli anestesisti rianimatori per i quali erano stati previsti dei turni di copertura utilizzando gli specialisti degli altri presidi, una soluzione che, alla lunga, ha reato grosse criticità.
“SI RISCHIA IL COLLASSO DELLA SANITA’ PUBBLICA”
« Le situazioni che sta vivendo la Valle Olona sono l’inizio di un periodo molto critico che si estenderà a tutti. Se non si interviene ora e presto si rischia il collasso della sanità pubblica. Occorre mettere mano con urgenza alla rete ospedaliera e riprogrammarla. Il personale sanitario è in burn out: come sindacato abbiamo dimostrato la grande stanchezza che lamentano i professionisti. Ma sembra che a nessuno importi. Non c’è più tempo: se non si interverrà, tra dieci anni il sistema non potrà più reggere perchè saranno soprattutto le donne affarsi carico della complessità del lavoro in corsia e non potranno permetterselo. Forse c’è un disegno superiore che mira a distruggere la sanità pubblica, ma ricordiamo che questa sanità è strategica, è fondamentale per la crescita del sistema paese. Abbandonare medici e sanitari, vuol dire rinunciare alla salute dei cittadini».
La pandemia ha messo a nudo la fragilità di un sistema impoverito da anni di tagli al bilancio: « Ma non è solo una questione di denaro – sottolinea il dottor Gaudio – ma anche di qualità della vita, di qualità del lavoro. I medici del sistema pubblico non possono venir equiparati agli impiegati pubblici perchè hanno altro ruolo e altre responsabilità».
I numeri, però, dimostrano che il rapporto tra medici e popolazione è in linea con gli altri paesi europei, è solo questione di distribuzione: « Oggi ci sono le cooperative che lavorano negli ospedali con situazioni molto vantaggiose e competitive. E questo perchè sono retribuiti con fondi extrabudget : andrebbero cambiate le regole del loro impiego per evitare situazioni disomogenee e demotivanti. I fondi per rilanciare la sanità ci sono ma occorre pensare anche alle retribuzioni del personale: dopo due anni di pandemia il personale è stanco. Aver retto con spirito di sacrificio e abnegazione non può legittimare a continuare così. È ora di cambiare, se non ci saranno risorse, la qualità andrà rivista al ribasso. Non siamo più disposti a farci massacrare».
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