Tetris di nomi e modifiche in corsa: a Roma si definiscono le liste per le elezioni
Il Pd è stato il primo a definire e il primo a cadere in correzioni in corso d'opera e polemiche. Il centrodestra ha ancora un paio di giorni per definire tutti i posti nei collegi, il Movimento 5 Stelle passa dalle parlamentarie. Sono giorni molto intensi, fino a sabato. Anche nel Varesotto
«E poi decide Roma». Nei giorni scorsi, nei discorsi dei rappresentanti dei partiti sul territorio, era come un mantra: in provincia si fa la prima selezione dei nomi, si combatte la prima battaglia personale di alcuni per essere in lista, ma alla fine la vera scelta si fa a Roma, nelle segreterie nazionali dei partiti.
L’attuale Legge elettorale, criticata a parole da molti (quasi tutti), lascia pochi spazi agli elettori e moltissimo al gioco delle correnti e delle singole personalità all’interno dei partiti. Ed è per questo che alla fine l’ultimo passaggio è proprio quel «decide Roma» che accomuna un po’ tutti, da chi fa del territorio una sua bandiera ai partiti più centralizzati, da chi ha una lunga storia alle spalle a chi decide la prima rosa di candidature con consultazione “dal basso”.
Ed è per questo che questi sono giorni delicati e convulsi, a seguire a distanza quel che accade a Roma. Il primo partito a “chiudere” l’accordo sulle liste è stato il Pd, dopo una giornata di Ferragosto convulsa e lunghissima. Peccato che già il giorno dopo sono emersi cambi in corsa e qualche polemica, dal posto . Una significativa modifica in corsa è stata – in provincia di Varese – quella del candidato all’uninominale della Camera: inizialmente è stato comunicato il nome di Erica D’Adda (già senatrice nella legislatura 2013-2018), ma poi già in mattinata il nome è stato modificato, a favore di Noemi Cauzzo, nome assai meno noto.
Il Movimento 5 Stelle è in ballo con le sue parlamentarie, una fase di primarie (per gli iscritti, solo 16 agosto fino alle 22) da cui dovrebbero emergere i nomi da distribuire nei vari collegi. Una modalità che – al di là delle scelte dei militanti – lascia comunque margini di manovra: anche qui «decide Roma» sull’assetto definitivo delle liste.
E il centrodestra?
La coalizione imperniata su Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia ripartirà domani nelle grandi manovre per definire le candidature a livello nazionale. Quando si arriverà a definizione? «Almeno giovedì» dicono dalle file del centrodestra.
Le prime “caselle” da completare sono quelle dei collegi uninominali, in cui viene eletto un esponente per l’intera coalizione: il centrodestra ha un forte vantaggio a livello nazionale, è dato in vantaggio in oltre cento collegi. A fine luglio era stata definita la ripartizione numerica di massa sull’intero territorio nazionale: 98 collegi vedrebbero candidato un esponente di FdI, 70 un uomo o una donna della Lega, 42 vedrebbero candidato o candidata di Forza Italia (ma compresa una quota riservata all’Udc) e infine in 11 collegi sarebbe candidato un esponente di Noi con l’Italia/Coraggio Italia.
Questa è la ripartizione di massima, poi però c’è quella concreta: perché ci sono collegi certi, collegi probabili e altri più ostici per il centrodestra (soprattutto le maggiori città), se non impossibili (in Emilia e Toscana). E allora qui inizia la battaglia di ogni corrente o singola personalità per avere il proprio posto più o meno sicuro.
Per esempio: i collegi della Camera per il Varesotto sono due e il centrodestra ha molte probabilità di vincere, come vinse nei tre collegi che esistevano nel 2018.A chi andranno? Uno alla Lega e uno a Fratelli d’Italia? È possibile, ma non è detto, perché per esempio potrebbe diventare un punto di approdo sicuro per un “paracadutato” non strettamente legato al territorio (come avvenne per Giusy Versace nel 2018).
Con la riduzione del numero di parlamentari e la ridefinizione dei collegi che diventano più ampi può capitare che alcuni uscenti debbano cercare approdo anche fuori dal loro territorio: si è già visto nelle file del Pd, che nella lista plurinominale-proporzionale candida come capolista in provincia di Varese Roberto Rampi, senatore uscente, brianzolo, da Vimercate.
Le liste del proporzionale sono difficili da leggere, perché spesso una stessa persona compare in lista in più collegi e poi, se viene eletto in più località, ha facoltà di scegliere, lasciando il posto a chi segue. Un meccanismo che spesso garantisce il posto a esponenti di lungo corso anche completamente slegati dal territorio: ad esempio nel 2018 alla fine Forza Italia elesse in provincia di Varese, nel proporzionale, Carlo Fatuzzo, il leader del Partito Pensionati che in quelle elezioni era alleato del (o meglio: dentro al) centrodestra. Ecco: sono queste manovre che rendono complessa la formazione delle liste, con destini personali che a volte cambiano in poche ore.
Manovre tutte diverse, infine, sono quelle delle formazioni più piccole che non hanno rappresentanza in Parlamento: questi hanno pochi giorni ancora per completare la raccolta di oltre 36mila firme a livello nazionale entro il 21-22 agosto.
In questa situazione sono ad esempio due partiti di sinistra radicale: l’alleanza neocostituita di Unione Popolare e il rinato Partito Comunista Italiano (quest’ultimo ha trovato un inatteso, curiosissimo e forse inconsapevole “sponsor”).
Trale formazioni “minori” a livello nazionale c’è anche “Referendum e democrazia con Cappato”, che ha sfruttato l’occasione per chiedere che sia autorizzata la firma digitale mediante Spid, per estendere la partecipazione democratica.
Poi ci sono molti altri simboli depositati sabato e domenica scorsa, dal Partito Animalista al “Movimento del Vento”, dalla lista “La gente come noi – Forconi” a “Palamara oltre il sistema”. Tutti simboli ipotetici, se non raccolgono le firme: li ha raccolti il sito isimbolidelladiscordia di Gabriele Maestri (da cui è tratta anche la foto di apertura).
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