Comunicare con i bambini quando il tema è la guerra: i consigli della psicologa di Villaggio Amico
Il difficile periodo storico che tutto il mondo sta vivendo si ripercuote inevitabilmente anche sui bambini. La dottoressa Michela Strozzi, Psicologa e Psicoterapeuta della comunità sanitaria per anziani Villaggio Amico fornisce utili consigli
Il periodo storico che si sta vivendo impone di riflettere sui possibili effetti della continua esposizione dei bambini ad eventi tanto stressanti come pandemia e guerra e, allo stesso tempo, di chiedersi come preservare il loro benessere emotivo. Notizie e immagini possono provocare, anche nei bambini, effetti di traumatizzazione vicaria, quindi attivare paura e angoscia come se quei fatti stessero accadendo proprio a loro. In linea generale, è quindi sempre importante decidere quali sono le notizie con cui i bambini possono venire in contatto, facendo riferimento all’età e al livello di comprensione, e poi commentare insieme al fine di favorire l’integrazione tra stati affettivi e cognitivi.
Un aspetto da non trascurare riguardo al tema della guerra è inoltre la dimensione emotiva degli adulti che sono a contatto con i bambini, i quali, nei momenti di incertezza, tendono ad osservare per intuire come funziona il mondo, evitando di fare domande per il timore di creare ulteriori preoccupazioni. Le emozioni dell’adulto naturalmente non possono essere negate, bisogna piuttosto trovare un modo coerente per renderle condivisibili in un clima sicuro. La condizione necessaria affinché il bambino sperimenti una sensazione di sicurezza è la percezione di potersi fidare degli adulti di riferimento, quindi sentire la famiglia e il mondo come prevedibili.
Una delle cose fondamentali è osservare i loro comportamenti: ciò che i bambini non dicono verrà infatti portato all’attenzione dell’adulto attraverso il gioco, atteggiamenti relazionali particolari o con sintomi somatici. Fra le comuni reazioni ad un evento stressante possono manifestarsi: angoscia; giochi ripetitivi con contenuti di guerra; comportamenti aggressivi; difficoltà a concentrarsi; disturbi del sonno (risvegli notturni, incubi); paura del buio accentuata; sintomi somatici (mal di pancia, eccessiva stanchezza, mal di testa); pianto per motivi futili; maggiore difficoltà a separarsi dalle figure di riferimento; rabbia e irritazione; difficoltà a parlare di ciò che accade; pensieri o immagini intrusive legate agli eventi; perdita di speranza nel futuro.
Un altro aspetto molto importante è permettere al bambino di fare domande aiutandolo ad esprimere ciò che lo incuriosisce piuttosto che evitare l’argomento pensando così di proteggerlo. Con i bambini più grandi è inoltre elevato il rischio che il reperimento delle informazioni avvenga in autonomia, quindi in solitudine. L’adulto deve comunque sentirsi in diritto di dire che non ha le risposte quando effettivamente è così. In questo caso potrebbe essere utile cercare insieme le notizie, chiedere al bambino cosa sa, cosa pensa e cosa prova riguardo a ciò che sta accadendo. È importante che il bambino possa provare preoccupazione e sapere di poter ricorrere all’adulto per avere un abbraccio e una risposta di comprensione empatica. Se il bambino non fa domande, l’adulto può provare a stimolarlo mostrandogli così che è libero di chiedere e che troverà un ascoltatore attento.
Quando si parla con i bambini di temi così importanti è utile mantenere la vicinanza fisica: essere seduti alla stessa altezza in modo da avere un buon contatto visivo, tenere il bambino accanto a sé o in braccio, se è piccolo. È infatti opportuno trasmettere un atteggiamento fiducioso anche attraverso la comunicazione non verbale. Quando non ci sono risposte verbali risolutive, c’è comunque qualcosa di molto efficace: un abbraccio, una carezza, la libertà di poter condividere, stare vicini.
Alcune indicazioni specifiche
Per i bambini in età da scuola materna: permettere ai bambini di esprimere il proprio interesse; se si notano modificazioni nel comportamento, nel modo di giocare o di relazionarsi, bisogna stimolare la conversazione attraverso domande che aiutino ad organizzare meglio le informazioni e le emozioni (per esempio: sapete cosa significa la parola guerra? Secondo voi perché si fa la guerra?).
Per i bambini in età da scuola elementare: promuovere conversazioni che siano prive di interpretazioni soggettive, ma si attengano ai fatti; aiutarli a comprendere il concetto di pace e di gestione del conflitto prendendo esempi da episodi della loro vita; rinforzare l’importanza della condivisione di emozioni e pensieri.
Per i ragazzi in età da scuola media: a quest’età i ragazzi potrebbero avere difficoltà ad entrare in contatto con la vulnerabilità e avere una tendenza a sdrammatizzare. La funzione dell’adulto rimane sempre quella di facilitare la libera espressione dei loro pensieri e la costruzione di significati accogliendo con rispetto opinioni e vissuti emotivi.
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