Il Covid in Lombardia è costato 4 miliardi di euro. “Ora avanti con la riforma sanitaria”
A due anni dal primo caso di Coronavirus Sars-Cov-2 a Codogno, l'assessore Letizia Moratti ricorda l'enorme impegno di risorse e l'impatto drammatico della pandemia. "Oltre il 50% delle vittime italiane è in Lombardia"
«Sono passati due anni dalla sera del 20 febbraio 2020, quando arrivò la notizia del primo tampone positivo di un cittadino residente nel nostro Paese, a Codogno, nella nostra Regione. L’angoscia che il virus proveniente da Wuhan si diffondesse tra di noi divenne ben presto una tragica realtà».
Così Letizia Moratti, assessore al welfare della Lombardia, ricorda l’anniversario del 20 febbraio, a due anni dall’esplodere della pandemia in Italia.
«L’impatto sulla Lombardia è stato terribile, nei primi tre mesi di pandemia il 50% dei decessi per Covid registrati in Italia è lombardo. Il Sars-Cov2 ci ha portato lutti, sofferenze fisiche, psicologiche e sociali, è diventato un fardello, a volte quasi impossibile da sopportare, per medici, infermieri e personale sanitario che l’hanno combattuto coraggiosamente nelle corsie degli ospedali, nelle terapie intesive, nei luoghi di cura, nelle residenze per anziani fin dentro le case degli ammalati, pagando un prezzo altissimo, in non pochi casi pagando con la loro stessa vita. Pesante è stato l’impatto sull’economia, con attività chiuse, disoccupazione e l’emergere di nuove povertà».
«Salatissimo è stato anche il conto pagato dal Sistema Sanitario Regionale. Nel 2020 per far fronte all’emergenza Covid la sanità lombarda ha speso 2 miliardi e 182 milioni di euro, nel 2021 1 miliardo e 770 milioni, a fronte di ristorni da parte dello Stato per complessivi 876 milioni nel biennio. Costi extra a cui la Lombardia ha fatto fronte attingendo alle riserve del fondo indistinto, permettendole di chiudere, tra le poche Regioni, ancora il bilancio in attivo, ma che potrebbero pesare, nonostante i fondi del PNRR, già quest’anno sugli investimenti necessari a dare linfa alla nuova sanità disegnata dalla riforma approvata a fine novembre. Anche considerando che la pandemia non è finita e i costi per combatterla non si sono azzerati».
Moratti sottolinea anche le prospettive legate alla riforma sanitaria, che è ancora al centro di vivace discussione politica.
«Proprio la riforma sanitaria è stata la risposta che la Regione si è data per aumentare la resilienza del sistema sanitario lombardo, rafforzando la medicina territoriale, la continuità assistenziale, il sistema intermedio per alleggerire la pressione sugli ospedali, valorizzando la prevenzione, l’innovazione e la telemedicina, creando uno strumento unico nel panorama nazionale: l’Agenzia per la ricerca e il contrasto alle malattie infettive. Un centro avanzato di ricerca, più che mai indispensabile per una regione con importanti collegamenti internazionali e un’alta densità abitativa che la espone più di altri ad essere investita da emergenze sanitarie di natura pandemica. Un centro che fa tesoro dell’alta specializzazione già presente in Lombardia e che può essere un ulteriore volano per il dinamico settore delle biotecnologie applicate alla salute e per la farmaceutica».
È la Giornata nazionale del personale sanitario: dal paziente uno ai progetti per il futuro
«Il 2021 è stato anche l’anno della speranza portata dal vaccino. Una speranza che si è dimostrata ben fondata e se oggi la Lombardia può vantare i migliori dati epidemiologici tra le regioni italiane, nonostante che solo due mesi fa sia stata investita dall’onda pandemica della variante omicron, ancora un volta per prima e più pesantemente del resto del paese, lo si deve alla straordinaria adesione dei cittadini lombardi alla campagna vaccinale. Un’adesione altissima che colloca la Lombardia al vertice mondiale per percentuale della popolazione coperta con dose booster e con un 94% dei cittadini con almeno una dose di vaccino. Più di 23 milioni le dosi fin qui somministrate attraverso una rete capillare fatta da più di 250 centri vaccinali, ambulatori, IRCSS, ospedali, case di cura, a cui si sono aggiunte le vaccinazioni nelle residenze per anziani, nelle residenze per disabili, nelle carceri e nelle case circondariali, nelle farmacie e le vaccinazioni domiciliari, attraverso le ADI e i medici di famiglia. I camper di AREU sono entrati nei quartieri delle nostre città e sono andati nei paesi più isolati per portare il vaccino a tutti. Nessuno è stato escluso e si è fatto ogni sforzo per consentire la vaccinazione anche alle fasce di popolazione socialmente emarginate o non integrate, ai senza fissa dimora e agli immigrati senza permesso di soggiorno, perché una collettività si protegge se protegge tutti. La campagna vaccinale, comunque non ancora conclusa, ha impegnato grandi risorse umane. Durante le settimane più “calde” della campagna, quando si sono superate il 30 aprile le 117 mila somministrazioni quotidiane, nella fine primavera/inizio estate dell’anno scorso e poi ancora all’inizio di quest’anno con 115mila somministrazioni il 10 gennaio, ha visto impegnati settimanalmente nei centri vaccinali fino a 7.515 operatori, di questi più di tremila medici. A loro, ai 20mila volontari della Protezione Civile, ai tanti volontari dell’associazionismo che hanno donato il loro tempo per aiutare, alle donne e agli uomini delle Forze Armate che hanno dato e danno un prezioso contributo alla vaccinazione e al contrasto alla pandemia, agli organizzatori della campagna va il mio grazie più sentito».
«Lo spirito che ha animato e anima la campagna vaccinale va conservato, la dura lezione del Covid, come ha ben ricordato Papa Francesco, non va dimenticata, il sentimento di essere una comunità e agire avendo come traguardo il bene comune deve accompagnarci nei mesi e negli anni futuri. La nostra è una società complessa che per essere ben governata ha bisogno di competenze, però per non scivolare in una tecnocrazia lontana dal sentire e dai bisogni dei cittadini, ha necessità di una forte partecipazione popolare ai processi decisionali, dell’ampia condivisione degli obiettivi da perseguire, di inclusione sociale. La risposta alla pandemia dei lombardi, la loro adesione alla campagna vaccinale è stata nello spirito e nei fatti una perfetta sintesi tra competenze e partecipazione popolare in vista del bene di tutti. In questa giornata che è anche di memoria, il mio pensiero e la mia vicinanza alle persone che hanno avuto un lutto, a chi si è ammalato gravemente e ha subito e subisce le conseguenze del Covid, ai tanti che hanno visto la loro situazione socio economica peggiorare e guardano al futuro con angoscia e a tutti i lombardi che direttamente o indirettamente sono stati feriti dalla pandemia, perché il Covid ci ha ferito tutti. Questa dura prova ci ha reso certamente più consapevoli, fatto che ci permette di guardare al futuro con rinnovata fiducia e ci dona slancio per perseguire politiche che mirano alla costruzione di una società migliore e più sostenibile».
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