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La mozione su Norma Cossetto infiamma il dibattito pubblico a Cislago

Presentata dal gruppo Cartabia Sindaco, la mozione ha portato ad un dibattito politicizzato che poco ha a che fare con la questione dei massacri delle Foibe e il più ampio tema del confine orientale

Generica 2020

È da anni una ricorrenza controversa quella del Giorno del Ricordo, la giornata istituita dalla Repubblica italiana nel 2004 per fare memoria “della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”, ma negli anni divenuta luogo di dibattito altamente politicizzato a livello nazionale e locale.

L’ennesima prova si è avuta con il Consiglio comunale di Cislago di martedì 15 febbraio, durante la trattazione della mozione presentata da Marisa Rimoldi: la consigliera del gruppo Cartabia Sindaco ha chiesto alla Giunta Calegari di intitolare un luogo pubblico a Norma Cossetto, studentessa istriana di 23 anni, imprigionata, seviziata e violentata «dalle bande titine» e poi gettata in una foiba nell’ottobre del 1943.

La mozione, datata 26 gennaio e presentata in Comune dal consigliere Gian Luigi Cartabia il 27 gennaio, il Giorno della Memoria (la ricorrenza che commemora le vittime dell’Olocausto, di cui sei milioni furono solo ebrei e di cui furono responsabili la Germania nazista e i suoi alleati) ha da subito provocato una richiesta di chiarimento da parte del sindaco Stefano Calegari. «Presentare una mozione sulle Foibe il Giorno della Shoah fa pensare, a torto o a ragione, ad una strumentalizzazione», ha evidenziato in sede di Consiglio il sindaco Calegari. Un fatto poi giustificato dai consiglieri di Cartabia Sindaco come casuale e non pertinente all’oggetto della mozione.

IL VIDEO DEL CONSIGLIO COMUNALE DEL 15 FEBBRAIO

Dopo aver sottolineato le opportune differenze storiche tra la Shoah e l’eccidio delle Foibe, Calegari ha poi proposto la modifica della mozione e chiesto un’intitolazione congiunta di un luogo pubblico in ricordo delle vittime della Shoah e delle vittime delle Foibe, «due capitoli molto differenti – ha evidenziato il primo cittadino -, ma accomunati dalle atrocità vissute dalle vittime». Una proposta che non ha però trovato il favore dei proponenti. La mozione è stata quindi respinta con i voti contrari della maggioranza e del gruppo Cislago in Comune.

«Un discorso sulla memoria si può aprire fino ad arrivare ad iniziative che sottolineino la sensibilità cislaghese nei confronti di tragici eventi che hanno macchiato le coscienza di tutti – ha dichiarato durante la seduta la consigliera Debora Pacchioni di Cislago in Comune -. Ma non possiamo partire da qui, da una mozione che risulta inopportuna nel nostro contesto, in quanto vorrebbe promuovere una singola figura cui dedicare luoghi o spazi fisici, senza favorire la comprensione di quel periodo storico a partire dall’occupazione italiana proprio di quelle zone. Più opportuno potrebbe essere dedicare percorsi e momenti di riflessione ai fatti e alle azioni deprecabili messe in atto durante e dopo il secondo conflitto mondiale e allo studio e approfondimento di quanto accadde».

Cartabia: “Inaccettabili le parole del sindaco”

Le modalità con cui il sindaco Calegari ha legittimamente chiesto chiarimenti alla consigliera Rimoldi sulla data di presentazione della mozione, non sono piaciute al gruppo Cartabia Sindaco. «Ritengo molto deprecabile quanto successo durante il Consiglio, il sindaco ha iniziato la discussione attaccando la consigliera Rimoldi, anche se poi si è scusato – ha commentato in seguito il consigliere Gian Luigi Cartabia, ex sindaco -. Se fosse stato il sindaco Cartabia ad attaccare una consigliera in un modo del genere, qualcuno in Consiglio si sarebbe subito inalberato e avrebbe scritto fiumi di inchiostro».

D’altra parte durante la seduta il sindaco Calegari ha spiegato che la sua iniziale richiesta di chiarimento, secca e diretta, rivolta alla consigliera Rimoldi sulla data di presentazione della mozione, era data dall’importanza storica degli argomenti trattati e dal fatto che chi è in politica da tanti anni, potrebbe facilmente leggervi una voluta strumentalizzazione dei fatti storici.

Il rimprovero alla Giunta per non aver celebrato pubblicamente il Giorno del Ricordo

La stessa consigliera Rimoldi lo scorso 10 febbraio ha rimproverato pubblicamente la Giunta Calegari per non aver organizzato una manifestazione o intervento pubblico nel Giorno del Ricordo, commemorando invece la ricorrenza con un post sulla pagina Facebook del Comune.

“L’amministrazione comunale e nello specifico l’Assessore alla Cultura non hanno ritenuto opportuno commemorare il ricordo di questi martiri: nessuna manifestazione, nessun intervento pubblico, né tantomeno alcuna dichiarazione ufficiale. Vorrei ricordare all’assessore Codignoni che solo con una conoscenza a 360 gradi si accresce la cultura e  che tutte le persecuzioni sono importanti allo stesso modo ed ugualmente devono essere ricordate” si legge nella nota dello scorso 10 febbraio della consigliera Rimoldi, che ha poi equiparato il massacro delle foibe ad un genocidio. 

Un’equiparazione azzardata, che secondo la ricerca storica non trova nessun riscontro nella definizione legale di genocidio, riconosciuto come crimine internazionale dal diritto internazionale e codificato nella “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1948, che lo definisce come atti “commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

I massacri delle Foibe sono uno degli avvenimenti parte della più complessa e articolata vicenda del confine orientale, definita un tempo come la Venezia Giulia, un territorio in cui per secoli convissero differenti nazionalità e che dalla fine della Prima Guerra Mondiale fu occupato dall’Italia, che nel giro di pochi anni divenne fascista.

Si svolsero due fasi principali: in Istria e Dalmazia nel settembre 1943, al momento della firma dell’armistizio e del crollo del Fascismo, e alla fine della guerra nel 1945, con epicentro nei territori di Gorizia e Trieste: furono uccise dai partigiani comunisti migliaia di persone (gli storici concordano su una stima di circa 5.000 persone), tra fascisti, militari, civili e jugoslavi stessi.

Furono 300mila gli italiani che lasciarono il territorio passato alla Jugoslavia, minacciati dall’eliminazione fisica di persone in parte ritenute colpevoli di complicità con la politica antislava e le repressioni violente del precedente regime fascista,  in parte considerate “irriducibili” al nuovo regime comunista che si andava imponendo (una ricostruzione complessiva valida si trova nel documento della Commissione Italo-Slovenafrutto di un lavoro quasi decennale degli storici). Per quanto le modalità di eliminazione siano state diverse, simbolicamente le violenze sono rappresentate dalle foibe, le cavità naturali usate per far sparire i corpi.

Redazione Saronnonews
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Pubblicato il 16 Febbraio 2022
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