Solaro celebra il Giorno del Ricordo con la testimonianza di Graziano Udovisi, sopravvissuto alla tragedia delle Foibe
Il racconto di vita è tratto da "Storia e Dossier", n. 116, del maggio 1997 e si intitola “Salvo per miracolo”
Si celebra il 10 febbraio in tutta Italia il “Giorno del ricordo”, una ricorrenza civile istituita nel 2004 per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
A Solaro, per commemorare il ricordo dei tragici eventi, l’Amministrazione Comunale propone la lettura della testimonianza di Graziano Udovisi, unico sopravvissuto italiano estratto vivo dalle foibe. Il suo racconto di vita è tratto da “Storia e Dossier”, n. 116, del maggio 1997 e si intitola “Salvo per miracolo”.
Mi fecero marciare sulle sterpaglie a piedi nudi, legato col filo di ferro ad un amico che dopo pochi passi svenne e così io, camminando, me lo trascinavo dietro. Poi una voce in slavo gridò: “Alt!”. Abbassai lo sguardo e la vidi: una fessura profonda nel terreno, come un enorme inghiottitoio. Ero sull’orlo di una foiba. Allora tutto fu chiaro: era arrivato il momento di morire.
Tutto è incominciato il 5 maggio 1945. La guerra è finita, depongo le armi e mi consegno prigioniero al comando slavo. Vengo deportato in un campo di concentramento vicino Pola. Prima della tragedia c’è l’umiliazione: i partigiani di Tito si divertono a farmi mangiare pezzi di carta ed ingoiare dei sassi.
Insieme ad altri compagni finisco a Pozzo Vittoria, nell’ex palestra della scuola. Alcuni di noi sono costretti a lanciarsi di corsa contro il muro. Cadono a terra con la testa sanguinante. I croati li fanno rialzare a suon di calci. A me tocca in sorte un castigo diverso: una bastonata terrificante sull’orecchio sinistro. E da quel giorno non ci sento quasi più.Eccoci a Fianona. Notte alta. Questa volta ci hanno rinchiuso in un ex caserma. Venti persone in una stanza di tre metri per quattro. Per picchiarci ci trasferiscono in una stanza più grande dove un uomo gigantesco comincia a pestarmi.
Poi giro lo sguardo sui i miei compagni: hanno la schiena che sembra dipinta di rosso e invece è sangue che sgorga. “Avanti il più alto”, grida il gigante e mo prende per i capelli trascinandomi davanti alla donna. Lei estrae con calma la pistola e col calcio dell’arma mi spacca la mascella. Poi prende il filo di ferro e lo stringe attorno ai nostri polsi legandoci a due a due. Ci fanno uscire. Comincia la marcia verso la foiba.
Il destino era segnato ed avevo solo un modo per sfuggirgli: gettarmi nella voragine prima di essere colpito da un proiettile.Io, appena sento il crepitio dei mitra mi tuffo dentro la foiba.
Ero precipitato sopra un alberello sporgente. Non vedevo nulla, i cadaveri mi cascavano addosso. Riuscii a liberare le mani dal filo di ferro e cominciai a risalire. Non respiravo più. All’improvviso le mie dita afferrano una zolla d’erba. Guardo meglio: sono capelli! Li afferro e così riesco a trascinare in superficie anche un altro uomo. L’unico italiano, ad essere sopravvissuto alle foibe.
Si suggerisce la visione del filmato “La luna di Graziano”, la storia dell’ufficiale italiano Graziano Udovisi (1925-2010), prezioso testimone dell’eccidio delle foibe.
Monica Beretta, assessore alla Cultura: «Sono diverse le famiglie che decisero di trasferirsi in questa zona, esuli forzati dall’Istria e dalla Dalmazia dopo la Seconda Guerra Mondiale. Le loro storie raccontano di separazioni, di addii, di perdite umane che mai avremmo voluto ascoltare. Proprio per questo abbiamo deciso di proporre per tutta la cittadinanza, il racconto di quei giorni portato da Graziano Udovisi, l’unico italiano sopravvissuto alle Foibe. Perché come ha sottolineato oggi il presidente Mattarella “Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile. Questo è l’impegno di cui negli ultimi anni l’Italia si è reso protagonista insieme alla Slovenia e alla Croazia per fare delle zone di confine una terra di incontro e prosperità, di collaborazione, di speranza”».
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