Il Rettore dell’Università dell’Insubria: “Siamo una fabbrica di sogni reali”
Lunga intervista ad Angelo Tagliabue insieme ai suoi delegati e al direttore generale dell’Ateneo. «Stiamo scalando le classifiche nazionali e internazionali: Insubria your place to be»
L’intervista al Rettore dell’Università dell’Insubria Angelo Tagliabue ricorda una scena del film di Nanni Moretti «Habemus Papam». Allora i protagonisti erano il grande Michel Piccoli, che interpretava il cardinale da poco eletto pontefice, e lo stesso regista chiamato per un consulto. Un setting anomalo, ma che permetterà di scoprire molto della vita in Vaticano.
Setting particolare anche per la conversazione di Varese News con il Rettore: l’intervista si tiene nella Sala del Consiglio con la squadra dei suoi delegati al gran completo e con loro anche il direttore generale Marco Cavallotti e il team della comunicazione, tutti presenti ma nel rispetto delle norme anti pandemia. Oltre venti persone a testimoniare come l’Università abbia una guida forte e condivisa.
«A me piace il lavoro di squadra – esordisce Tagliabue, classe 1958, professore ordinario di Malattie odontostomatologiche, Rettore dal 2018 – e la presenza dei miei delegati non è solo fisica. Abbiamo una diversificazione di competenze, dove io sono solo una piccola parte di un contesto molto più ampio e i risultati raggiunti sono merito del lavoro di tutti».
Nei giorni scorsi l’Università è finita sui media per alcune accuse pesanti rivolte proprio al Rettore. La vicenda avrà dei risvolti giudiziari, ma le attività dell’Ateneo – che conta 12.493 studenti iscritti, 404 docenti, 326 tecnici e amministrativi e che dal 1998 ha laureato 32.702 dottori – proseguono senza sosta con tanti progetti appena lanciati, altri che proseguono e la preparazione dell’Open Day del 9 aprile.
Professor Tagliabue, in questo momento delicato lei è a metà mandato. Quali obiettivi raggiunti e quali prospettive?
«La metà del mandato è un momento di slancio e i colleghi presenti hanno contribuito a raggiungere tanti obiettivi che sono il miglior viatico verso il futuro. Ho iniziato il mio mandato con l’arrivo di una commissione degli esperti Anvur, che hanno analizzato le nostre procedure e il funzionamento dell’Ateneo, consentendoci di avere una prima certificazione ufficiale. Di seguito c’è stata una visita più specialistica, che avviene ogni dieci anni da parte del Mef, ispettori che hanno analizzato gli aspetti finanziarie economici e anche qui abbiamo aggiunto risultati ottimali. Il report annuale del Censis ci dice che la qualità dei nostri corsi è alta e lo testimoniano la terza posizione in Italia di Giurisprudenza e la prima di Odontoiatria. Abbiamo raggiunto la settima posizione su 64 atenei per indice di virtuosità. Grazie ai colleghi presenti, l’Insubria non si è mai fermata nemmeno durante la pandemia. E siamo cresciuti non solo come a livello quantitativo, ma anche qualitativo: gli studenti trovano una realtà ricca di servizi. La sfida aperta ora è quella del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con i bandi per le università che si sono appena aperti: un nuovo punto di partenza per fare rete con altri atenei creando innovazione».
Cosa fa la differenza secondo lei, oggi?
«Noi facciamo un bel lavoro perché siamo una fabbrica di sogni reali, costruiamo dei sogni che poi diventano realtà di vita, che cambiano la vita delle persone. E permettiamo ai nostri studenti di crescere seguendo i loro talenti, non a caso uno dei nostri slogan è: Insubria your place to be».
Quali sono state le sue maggiori preoccupazioni in questi anni?
«La mia preoccupazione maggiore riguardava l’Europa. Temevo che non rispondesse in modo adeguato alla crisi generata dalla pandemia e che di conseguenza i giovani perdessero fiducia nelle istituzioni. Questo mi ha spinto a fare uno sforzo ancora maggiore, cosciente che il cambiamento va guardato e affrontato, ma trovando l’aspetto positivo. Un impegno ancora maggiore per fare apprezzare ai nostri studenti il nostro valore. Teniamo presente che è il passaparola tra di loro quello che funziona di più, è il loro comune sentire. Noi lavoriamo per aumentare la qualità dei servizi e integrare gli studenti nelle città e così abbiamo portato avanti iniziative che li ha fatti sentire comunità».
A questo proposito, sul sito dell’Insubria si cita il fatto che non solo è un’università giovane e dinamica, ma insieme con l’insegnamento e la ricerca occorre valorizzare la terza missione che ha al centro la relazione con il territorio. A che punto siamo su questo?
«La terza missione è declinata su un territorio ampio. Il nostro è un ateneo fortemente radicato a Varese, a Como e a Busto Arsizio, ma secondo me non c’è più una sede reale dell’Università. Noi siamo diffusi e dobbiamo fare rete con altre realtà, la nuova sfida è uscire dal territorio per essere nel mondo intero».
Nuovo studentato a Biumo, Varese, e nuovi spazi a Busto Arsizio. A che punto siamo?
«Lo studentato diffuso è un concetto importante: è andare oltre i collegi tradizionali che non offrono collegamenti e una possibilità di vissuto cittadino. Lo studente richiede di esser dentro la vita cittadina. Noi siamo a misura d’uomo, riusciamo a mettere al centro lo studente. Riqualificare strutture esistenti e riqualificarle è un obiettivo concreto».
Rispetto a questa relazione con il territorio negli ultimi tempi l’Università ha stretto diversi accordi, come a Como per la chimica…
«Il rapporto con Confindustria Como è molto ampio, – interviene il professor Mauro Fasano – non esiste solo il legame con Chimica, dove l’associazione degli imprenditori ha contribuito nel realizzare contributi di interesse nella formazione. Lavoriamo in modo molto più ampio nella valorizzazione della ricerca che insieme alla didattica ha l’obiettivo di generare valore per la società».
A proposito di attori del territorio, come vanno i rapporti con l’Università Liuc?
«Abbiamo degli ottimi rapporti. Molti nostri docenti sono andati a insegnare alla Liuc e questo scambio fa bene a tutti. Non siamo assolutamente in contrasto, forse era una cosa iniziale, ma è cambiato molto, ognuno ha il suo spazio operativo. Serve ad entrambi la collaborazione per la crescita».
Lei parlava di spazio insubrico, oltre all’impegno su Busto che altre esperienze ci sono?
«Viviamo un’epoca nuova in cui avanza la dematerializzazione del concetto di sede. Questo ci fa dire che, al di là dell’interessamento di alcune amministrazioni, come per esempio Gallarate, non insistiamo solo su due sedi. Oggi riusciamo a fare riunioni molteplici restando in un unico spazio. Naturalmente ci vuole anche una presenza fisica e le risorse a disposizione permettono all’Ateneo di avere anche altre sedi aprendo collaborazioni come nel caso del polo di Rho. Noi, per emergere qualitativamente, dobbiamo avere una dimensione europea. E non solo: è in fase di sviluppo anche il progetto di aprire una sede al Polo Nord».
Ci sono nuovi progetti didattici oltre all’attivazione dei tanti master?
«Vediamo una grande progettualità nell’ospedale unico Gallarate-Busto Arsizio. Poi abbiamo avviato una collaborazione con la Maugeri di Tradate. Cerchiamo di diffondere la qualità ovunque possiamo in ambito ospedaliero e abbiamo raddoppiato le Scuole di specialità. La mancanza di specialisti è un tema caldo, anche aumentare il numero di infermieristica è andare incontro alle necessità del Paese».
Cosa è successo con il Prorettore?
«Poiché c’è la magistratura che se ne sta occupando, preferirei non entrare nel merito. Certo è che provo rammarico sia come Rettore che come essere umano. Separo sempre il ruolo istituzionale da quello personale, non lasciando mai che vicende personali intacchino azioni istituzionali, e come Rettore ho a cuore unicamente il bene del nostro Ateneo operando sempre in tal senso. In passato, e non solo in questo Ateneo, sono già avvenute situazioni analoghe; sono i corsi e ricorsi storici, forse ai giorni attuali c’è un clamore mediatico differente per la molteplicità dei mezzi di comunicazione».
Perché allora si è scatenata questa mezza bufera mediatica?
«Per la motivazione già datale con la precedente domanda, non posso rilasciare dettagli. Talvolta si possono generare incomprensioni. Io sono sempre disponibile a mediare, ad appianare e non ho l’abitudine di accentrare. Sono un persona che include, sempre disponibile al dialogo».
Nella fotogafia, la squadra del rettore quasi al completo, da sinistra: il direttore generale Marco Cavallotti, i presidenti della Scuola di medicina (attuale e past) Alberto Passi e Giulio Carcano, i delegati Andrea Moriondo, Giorgio Zamperetti, Vincenzo Salvatore, Flavia Marinelli e Barbara Pozzo, il rettore Angelo Tagliabue, i delegati Maria Pierro, Andrea Spiriti, Luigi Valdatta, Roberta Pezzetti, Elena Maggi, Mauro Fasano e, ultimo a destra, Daniele Cassani del Consiglio di amministrazione; assenti nella foto, ma collegati a distanza: Michela Prest, Mauro Ferrari, Jutta Birkoff e Cristiana Schena
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