Beni confiscati: il terzo settore progetta il futuro
Appello di UISP, Libera e di oltre 60 associazioni per rivedere l'avviso pubblico sulla valorizzazione dei beni sottratti alle mafie
Insieme a Libera e ad oltre 60 associazioni, cooperative sociali e sindacati, Uisp chiede di modificare l’Avviso pubblico sulla valorizzazione dei beni confiscati, pubblicato lo scorso 23 novembre dall’Agenzia per la Coesione Territoriale. Nell’avviso, si informa della messa a disposizione di Regioni, Comuni ed enti locali del Mezzogiorno di ben 300 milioni di euro del Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza per ristrutturare beni immobili confiscati alle mafie.
Un investimento importante che richiede attenzione, efficienza nell’utilizzo delle risorse, trasparenza, coinvolgimento dei cittadini e delle realtà sociali, sostenibilità delle progettualità. I percorsi di riutilizzo sociale dei beni confiscati, infatti, richiedono misure il più inclusive possibile, assicurando partecipazione e riconoscendo al terzo settore un ruolo propulsore fin dalla fase di progettazione.
Per questo Uisp, insieme alle altre associazioni, chiede alla ministra Mara Carfagna, in primo luogo, di estendere anche all’associazionismo e alla cooperazione sociale la possibilità di accesso diretto all’Avviso, inserendo le realtà del terzo settore fra i soggetti proponenti e non solo in fase di assegnazione del bene. In secondo luogo, si richiede di introdurre modifiche finalizzate ad assicurare l’attuazione dei principi di co-programmazione e co-progettazione per l’amministrazione condivisa e di coinvolgere sin dall’inizio i cittadini e le realtà sociali nelle diverse forme di consultazione pubblica e progettazione partecipata utili a creare un raccordo forte tra la comunità territoriale e l’amministrazione pubblica.
La terza richiesta è quella di prorogare il termine di scadenza almeno fino al 31 marzo 2022, per consentire di partecipare e predisporre la documentazione richiesta a tutti i Comuni interessati. In questo modo, le risorse possono essere davvero incisive per i territori. Inoltre, si richiede di stanziare risorse adeguate per supportare sia la fase di avvio delle attività sia la continuità delle tante buone pratiche realizzate.
Il riutilizzo sociale dei beni confiscati permetterebbe di portare un contributo fondamentale alla ripartenza nel nostro Paese, nel segno della giustizia sociale ed ambientale. Bisogna evitare, però, che beni già destinati ai Comuni rimangano inutilizzati ed in stato di abbandono. “Sarebbe l’ennesima opportunità persa per trasformarli – insieme – in segni di cambiamento etico e culturale, nella memoria delle vittime innocenti delle mafie”, conclude Libera.
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