L’addio degli anestesisti sta travolgendo gli ospedali del Basso Varesotto
Nel giro di cinque anni la mancanza di anestesisti ha innescato problemi passati da un ospedale all'altro, come un domino. Dopo le ultime dimissioni, i medici denunciano un intervento tardivo dell'azienda e il rischio di un crollo del sistema
Un lavoro che oggi è «umiliante e senza prospettive». Usano parole ben pesate, gli anestesisti dell’Asst Valle Olona, l’azienda sanitaria degli ospedali di Busto Arsizio, Gallarate, Saronno e Somma Lombardo. Una sofferenza profonda, prolungata da mesi, se non da anni, e che ora sta arrivando a un punto di rottura. Mettendo a rischio non più un singolo presidio – che sia Somma, Saronno o i due ospedali “maggiori” – ma l’intero sistema e i servizi. Perché l’anestesia è un elemento fondamentale e “servile” rispetto agli altri reparti: assicura il pronto soccorso, la rianimazione, l’attività chirurgica, le maternità.
L’inizio del crollo nelle ultime settimane fa: d’improvviso a Busto Arsizio hanno annunciato le dimissioni sette anestesisti. Se si sommano ad un paio di pensionamenti, significa che il gruppo di Busto passerebbe da 19 a 11 medici. Con contraccolpi a catena che da Busto si trasmettono – come un’onda sismica – su altri presìdi.
In primis l’onda impatta su Gallarate: «L’anestesista oggi legge le mail aziendali per capire domani dove lavorerà e quali colleghi avrà al suo fianco», sintetizza uno dei medici con cui abbiamo parlato, spiegando l’impatto che i continui trasferimenti e ridefinizione del lavoro impongono. E sottolineando un altro punto importante: il lavoro che è fatto anche di equipe, di conoscenza delle pratiche operative, di lavoro fianco a fianco. «I continui spostamenti finiscono a sfiancare chiunque» dice un anestesista di Gallarate.
Le ripercussioni riguardano tutti i cittadini: nascono (anche) dall’emergenza-anestesisti alcune delle scelte aziendali fatte negli ultimi mesi, come ad esempio quella sull’ospedale di Somma Lombardo.
Qui la vocazione individuata era quella della chirurgia oculistica, ma nel cuore dell’estate quella che doveva essere una scelta strategica è stata cancellata sull’onda dell’emergenza: la chirurgia a Somma è stata depotenziata per assicurare la continuità a Gallarate. Una mossa accompagnata da una battuta del direttore generale Eugenio Porfido che è stata come una scudisciata: «Assurdo tenere un anestesista a Somma a leggere il giornale mentre sarebbe utile altrove».
Era solo una battuta, certo, che si riferiva al fatto che a Somma si svolge una attività che non richiede la presenza costante in sala operatoria dell’anestesista (come accade invece per altri tipi di intervento). Ma che ha colpito il personale, già provato da una situazione che si trascina da tempo.
Da dove viene il problema anestesisti
L’anestesia è una branca particolare, in ospedale, non proprio gettonatissima anche a causa dei rischi professionali che impone. Se si aggiunge una non adeguata programmazione delle scuole di specialità (problema più ampio) a livello nazionale, si capisce come si è arrivati alla situazione complessa di oggi: si calcola manchino almeno 4mila specialisti a livello nazionale. E secondo la specifica associazione di categoria – l’Aaroi-Emac – “occorrerà attendere alcuni anni” prima che l’aumento dei posti nelle scuole di specialità consenta di tamponare le falle.
Nell’Asst Valle Olona il problema è però molto ampio e ormai difficile da arginare: una sorta di effetto domino, in cui il ridotto numero di anestesisti produce turni “instabili” e condizioni di lavoro stressanti, che a loro volta provocano l’addio di altri colleghi, che preferiscono spostarsi in aziende sanitarie pubbliche meno stressanti o sul privato convenzionato con la Regione, se non in cooperative.
Il detonatore Saronno
Quale è stata l’origine locale di quella che appare sempre più come una vera emergenza, di situazione emergente a livello regionale?
Secondo i medici che abbiamo intervistato – da diversi presìdi – il “detonatore” è stata la difficoltà all’ospedale di Saronno. «Alla nascita dell’azienda Valle Olona, con l’unificazione delle aziende di Gallarate e Busto nel 2015, c’erano a Saronno 18 anestesisti e nel tempo si è scesi a quattro nell’organico attuale (un primario e tre medici), con una accelerazione evidente negli ultimi due anni»
«A Saronno il vero problema si è innescato nell’arco di sei mesi a cavallo tra 2017 e 2018, quando hanno lasciato in sei, uno in fila all’altro», ci spiega un altro medico a cui abbiamo chiesto di confermare la ricostruzione fornita dai colleghi di un altro presidio.
L’effetto domino
La risposta dell’azienda alla crisi di personale su Saronno è stata per molti mesi una: trasferire medici. Una risposta che ha propagato il disagio lavorativo, provocando al contempo riduzione dei servizi sulle altre articolazioni dell’azienda, come nel caso di Somma.
Dopo un primo periodo di copertura assicurata dagli anestesisti di Busto, il carico si è progressivamente spostato su Gallarate, con i medici specializzati inviati a coprire i turni a Saronno e contemporaneamente anche a Somma Lombardo (per le attività chirurgiche oculistiche).
Conseguenza annunciata: Gallarate ha perso un paio di unità nell’arco degli ultimi due anni, da ventuno medici a diciannove. Anche Busto ha avuto una flessione, ma il vero colpo è arrivato due settimane fa, con l’addio – annunciato – di sette medici su diciannove, a cui si aggiungeranno anche pensionamenti.
Le contromisure non sono bastate
La direzione generale guidata da Eugenio Porfido ha provato da un lato ad assumere anestesisti con concorsi (andati deserti), dall’altro a tamponare le falle anche con il ricorso a cooperative di anestesisti a chiamata, una soluzione messa in cantiere nell’estate 2021. Che però si è rivelata comunque complessa: una prima cooperativa e poi una seconda sono arrivate a fatica a coprire 1/3 della richiesta di turni: su sessanta turni «si è arrivati a fatica e di rado a venti turni coperti». Solo dopo l’estate si è arrivati a una terza cooperativa, che è stata in grado di coprire tutte le assegnazioni.
Che margini c’erano o ci sono per intervenire? Qui sono gli stessi professionisti a riconoscere che non è facile fare scelte: tagliare alcuni servizi è un danno pesante alla qualità dell’offerta di sanità pubblica (a cui molti medici pubblici tengono), ma al contempo avrebbe permesso almeno di tamponare una falla. «La chiusura del Punto nascita di Saronno nel 2020 è stato un bene, se si guarda solo alla situazione contingente» riconosce un anestesista.
«Oggi il rischio clinico a Saronno è amplificato, in un presidio che ha terapia intensiva e pronto soccorso. C’è sempre un anestesista, ma non due che servirebbero: un’anomalia. C’è un reperibile, che ovviamente va attivato in tempo». Tenendo conto anche che l’azienda ha una estensione territoriale ampissima (si va quasi dalle sponde del Lago Maggiore alle porte di Milano).
Già lo scorso anno era stata avanzata la proposta alla direzione di ridurre le guardie a Saronno, da due a una, riducendo al minimo sostenibile.
Si è invece andati avanti con il ricorso ai reperibili che però – in un sistema in sofferenza – finiscono ad essere attivati molto di frequente, con chiamate notturne che si sommano ai turni ordinari. Le reperibilità negli ultimi mesi sono state coperte soprattutto dal reparto di Busto e questo avrebbe provocato le dimissioni di alcuni e l’addio annunciato di altri, emerso negli ultimi giorni e con conseguenti ulteriori trasferimenti. Una situazione evidenziata spesso e che è sempre di più difficile gestione, tanto da definire la situazione dell’ospedale di Saronno «da agonia».
Una risposta considerata tardiva
Quel che contestano i medici è una risposta non tempestiva da parte dell’azienda, non concordata con chi nei reparti lavora, con una situazione per troppo tempo lasciata «nell’inerzia, senza approfondire quali fossero le motivazioni».
Quando si sarebbe potuto intervenire, prima? «A luglio 2020» risponde in modo netto uno dei medici. «A Saronno si era già scesi a nove anestesisti, a fronte di un fabbisogno di tredici solo per le guardie. È stato proposto alla direzione il ricorso alle cooperative ma non c’è stata alcuna risposta».
Sei mesi dopo, a gennaio 2021, la squadra di Saronno si è ritrovata ridotta a sei, in pochi mesi si è scesi ancora, fino ai quattro attuali.
Non ha avuto esito positivo neppure il ricorso a medici libero professionisti: secondo gli anestesisti ospedalieri l’azienda ha tariffe per i libero professionisti che per troppo tempo sono state basse e che anche successivamente sono state adeguate troppo al ribasso, senza divenire competitive. «Anche la metà di quanto offrono alcune delle altre aziende sanitarie lombarde».
Punto di rottura
Se si parla con gli anestesisti ricorre la parola «esasperati», a fronte di una situazione che considerano sempre più preoccupante. Che loro stessi considerano difficile da arginare. La flessione più recente è quella su Busto ma il vero punto di rottura rischia di essere Gallarate: dopo anni di spostamenti forzati su altri presìdi ora i medici gallaratesi si trovano a operare anche su Busto. «È insostenibile e c’è una massiccia volontà di dire addio», lancia l’allarme uno di loro.
Forse bisognerebbe riconoscere – a più alti livelli – che la situazione è di reale emergenza.
Nel senso di emergente, eclatante anche rispetto ad altre realtà regionali, che pure sono comunque in sofferenza. Il rischio è che l’effetto domino travolga tutti gli ospedali del Basso Varesotto.
E qui poco c’entra la prospettiva dell’ospedale unico, che se va bene sarà pronto verso il 2030 e che ha monopolizzato a lungo dibattito e prospettive. È un orizzonte molto più limitato: «A Busto c’è il rischio di arrivare a dieci anestesisti a dicembre e anche meno a Gallarate. Sono numeri che renderebbero impossibile tenere in piedi sia Busto sia Gallarate».
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