Quel gran genio di Marchionne. Federico Visconti ne parla al Meeting di Rimini
Il rettore dell'università Liuc di Castellanza è tra gli esperti inseriti nella mostra “Disruptive. La sfida di ricostruire", dedicata alla figura dell'ex ad della Fiat: "Avere visione è una dote coraggiosa e non è alla portata di tutti"
Quando Federico Visconti, rettore della Liuc – Università Cattaneo di Castellanza, deve parlare del ruolo del management nell’impresa, un riferimento a Sergio Marchionne lo fa sempre. L’ex amministratore delegato della casa automobilistica torinese rappresenta agli occhi di Visconti un modello di equilibrio perfetto tra visione e capacità esecutiva.
Non poteva mancare dunque un suo contributo al Meeting di Rimini 2021, nell’ambito della mostra “Disruptive. La sfida di ricostruire”, dedicata proprio alla figura di Marchionne. Una mostra visitabile sia in presenza che in digitale (è sufficiente una registrazione), pensata e realizzata da un gruppo di studenti universitari e accompagnata da una serie di testimonianze di politici, giornalisti, sindacalisti ed economisti, tra cui, appunto, Visconti che fa anche parte del comitato scientifico.
IL SALVATAGGIO DELLA FIAT
La figura di Marchionne è stata sicuramente un elemento di rottura sia per la Fiat, che senza di lui era destinata al fallimento, sia per l’intero sistema delle relazioni industriali italiane. Nel 2004, come ha sottolineato l’ex sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, la Fiat era ormai agonizzante sotto una montagna di debiti.
Marchionne accetta la sfida assumendosi tutta la responsabilità di un’operazione che ai più sembrava impossibile al punto che Paolo Bricco, autore del libro “Marchionne lo straniero” (Rizzoli), lo definisce «un marziano», tanto era estraneo alla mentalità, agli interessi incrociati e ai ricatti di potere tipici del Belpaese. Non doveva niente a nessuno e questo lo rendeva libero nella sua azione. che avrà risultati straordinari.
«Non possiamo pensare di gestire il cambiamento senza distruggere – dice Federico Visconti – . Il senso della distruzione è duro, tocca degli interessi, ma è per i risultati che va messo in atto. Credo che il faro di Marchionne sia stato proprio quello dei risultati».
LA CONQUISTA DEL MERCATO AMERICANO
Marchionne salverà la Fiat facendo valere una clausola di vendita, risalente a un precedente contratto, nei confronti della General Motors che, a sua volta, rinuncerà all’acquisto, pagando così una penale alla casa automobilistica italiana. L’operazione porterà nelle casse dell’azienda torinese un miliardo e mezzo di euro, quanto basta per ripartire e dare un segnale positivo alle banche.
Il capolavoro di Marchionne sarà però l’acquisto di Crysler con la benedizione del presidente Barack Obama. L’azienda è un simbolo del capitalismo americano, ma anch’essa sulla via del tramonto. Il percorso immaginato e realizzato dall’amministratore delegato della Fiat è virtuoso, trova un appoggio concreto della Casa Bianca e culminerà nel 2014 con la nascita di FCA, acronimo che sta per Fiat Chrysler Automobiles, un nuovo colosso sulla scena del mercato mondiale dell’automobile. Dopo oltre un secolo di storia, la sede legale della Fiat viene spostata da Torino ad Amsterdam e il titolo quotato a Wall Street. È la fine di un’era e l’inizio di una nuova.
SERGIO MARCHIONNE COME STEVE JOBS
Passare dal probabile fallimento alla conquista del mercato americano è il risultato di una scommessa, ma non di un azzardo. La figura di Marchionne, secondo il giornalista Marco Bardazzi, che nel 2008 era corrispondente dell’Ansa a Washington, è molto simile a quella di Steve Jobs, il fondatore di Apple. «Sono figure che scommettevano molto sul lavoro, rischiando tantissimo in termini di sfida imprenditoriale – dice Bardazzi – La loro biografia ci fa capire cosa significa scommettere con un metodo e una fondatezza in quello che fai».
Il manager, figlio di immigrati italiani in Canada, è dunque l’esatto opposto del burocrate, che amministra senza aspirare al cambiamento. «Avere visione è una dote coraggiosa e non è alla portata di tutti – sottolinea Visconti – Marchionne agiva sia nella logica della visione che in quella del cambiamento. Ha usato un approccio che ho studiato a fondo, costituito da diverse fasi: formulare una visione, modificare la struttura organizzativa, lavorare sui sistemi di potere, rimuovere gli ostacoli e guardare avanti. Quest’ultimo è un aspetto fondamentale, perché noi italiani siamo troppo prigionieri del guardare indietro».
Marchionne: “La Fiat si è salvata perché abbiamo realizzato il cambiamento”
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