Mara Girola, dirigente del Liceo GB Grassi di Saronno: “Vaccinare gli studenti è l’unica soluzione”
La dirigente del Liceo G.B. Grassi di Saronno racconta come la sua scuola ha affrontato il problema dei contagi e cosa resterà degli strumenti messi in campo per fronteggiare l'emergenza, anche in futuro
La sfida che l’emergenza della pandemia ha posto di fronte alla scuola è stata enorme ed è tutt’altro che superata: la strada per il ritorno alla normalità è ancora in salita. Per capire a che punto è la situazione negli istituti del territorio abbiamo iniziato un dialogo con i dirigenti scolastici per capire quali sono le prospettive di uno dei settori più importanti e vitali per il futuro del nostro Paese.
L’intervista a Mara Girola, dirigente scolastico del Liceo G.B. Grassi di Saronno che si è collocato nei primissimi posti della classifica delle scuole migliori tra Varese e Milano, secondo l’edizione 2020/2021 di Eudoscopio.
Quali i principali problemi affrontati durante l’emergenza sanitaria e quali le soluzioni adottate?
«I principali problemi che abbiamo affrontato sono stati quelli della capienza delle aule, perché con i distanziamenti che è necessario tenere in aula, le nostre non sono abbastanza grandi per accogliere tutti gli studenti. Soprattutto le classi iniziali sono molto numerose, sono formate da 28-29 studenti, per cui non ci stanno tutti nell’aula con i parametri del distanziamento 1 metro tra studenti e 2 metri dal docente. Siamo preoccupati per l’idea che è stata ventilata del ritorno in presenza al 100% per settimana prossima. Non sappiamo se potremo derogare a questi parametri o no, altrimenti non sapremo proprio come poter far venire tutta la classe. Per rispettare questi parametri abbiamo utilizzato il sistema delle classi divise a metà, metà in presenza e metà a distanza, a settimane alterne. Le classi invece fino a 22 studenti frequentano totalmente in presenza perché fino a lì riusciamo a tenere le distanze richieste. L’altro problema è quello delle entrate posticipate. Per quanto abbiamo cercato di non incidere sui giorni da 6 ore e di incidere su quelli da 5 ore, ci sono comunque delle classi che fanno dalle 10 alle 15 e questo ovviamente è un problema, perché il liceo, come tipologia di scuola, comporta la frequenza al mattino, ma anche la rielaborazione personale al pomeriggio. Non si può prescindere dall’idea di studiare e fare i compiti, per cui questa uscita alle 15 penalizza gli studenti, perché ora che riescono a rientrare a casa, si accorciano i tempi da dedicare allo studio individuale. Abbiamo cercato di limitare i danni nel senso che ogni classe si ritrova con l’orario così slittato per uno, massimo due giorni a settimana».
Il digital divide è un problema?
«Gli studenti erano già dotati nella maggior parte dei casi di dispositivi con cui seguire le lezioni, sono stati acquistati e distribuiti tablet e portatili per chi era in difficoltà. Nei periodi in cui la scuola è stata chiusa gli insegnanti avevano l’opzione dello smartworking oppure di venire a scuola a fare lezione. In ogni caso da questo punto di vista non abbiamo avuto problemi. Poi dal punto di vista della possibilità di poter effettuare la didattica a distanza, per fortuna ci troviamo in una situazione privilegiata, perché già prima della pandemia avevamo implementato determinati sistemi informatici. Quest’estate abbiamo anche implementato la linea della scuola. In generale non abbiamo avuto problemi di connessione».
Cosa si dovrebbe fare questa estate per un avvio normale dal prossimo anno scolastico?
«Vaccinare tutti gli studenti, le altre soluzioni mi sembrano un po’ il libretto dei sogni, come quelle di aumentare l’organico dei docenti, dividere le classi, fare classi più piccole. Sarebbe assolutamente necessario, perché una prima o una terza di 30 persone non ha molto senso, ma questa è una vexata quaestio precedente alla pandemia. Quindi sarebbe utilissimo, ma mi sembra poco concretamente realizzabile. Mentre l’idea di vaccinare a tappeto questa estate tutti gli studenti mi sembra più fattibile».
Domani, quando avremo superato l’emergenza, che tipo di scuola ci dovrà essere? quale le richieste del mondo dell’istruzione (dirigenti o docenti)?
«Classi meno numerose, maggior organico di docenti, maggiori spazi».
Questo periodo di emergenza ha cambiato la scuola?
«Sicuramente ha cambiato la scuola. I docenti hanno dovuto adattarsi alla didattica a distanza e trovare nuove strategie, nuove metodologie. Qualche buona pratica, come lo scambio di materiali, maggior capacità di utilizzare gli strumenti digitali, spero che possano rimanere, però è chiaro che la didattica a distanza non può sostituire la scuola in presenza. Una scelta che abbiamo fatto è stata quella di non ridurre l’unità oraria, per non essere tenuti a recuperi e andare incontro ad ulteriori difficoltà. Avendo tenuto un orario pressoché fisso, ore di scuole quindi non ne sono state perse. Per cui credo che dal punto di vista delle conoscenze non sia andato perso nulla o quasi. Anzi, sento molti docenti dire che sono più avanti col programma rispetto ad altri anni, perché comunque non hanno fatte assemblee, uscite, viaggi di istruzione, quindi tutto sommato forse hanno avuto addirittura a disposizione più ore che non negli altri anni. È anche vero che con la didattica a distanza i docenti forse hanno un po’ la tendenza di spiegare a tappeto, cosa che non è così corretta. C’è poi tutto il discorso delle relazioni, delle emozioni personali e anche delle verifiche. Sul discorso delle verifiche ho notato che si è veramente rotto un rapporto di fiducia tra docenti e studenti. Ci sono sicuramente studenti onesti, altri hanno trovato tanti escamotage, che hanno veramente danneggiato un sistema, un rapporto. C’è anche da dire che questi ragazzi soffrono perché sono diventati come degli automi davanti ad uno schermo. Quello che hanno perso è un anno di vita, di relazioni, di uscite, di sport. Fanno le lezioni davanti al computer, lo studio davanti al computer, poi ancora il divertimento davanti al computer, giocare davanti al computer, non si può continuare così. Hanno perso tantissimo da questo punto di vista».
Che dispersione scolastica ha registrato la vostra scuola in questa emergenza?
«Non sono numeri eclatanti, però qualcuno lo abbiamo perso. Qualche studente in più che ha mollato, rispetto agli altri anni, c’è stato. Al momento sono 5 studenti. A fronte di 1000 studenti è chiaro che sono un numero basso, magari molto più basso rispetto anche ad altre realtà, però per noi è un numero alto, nel senso che due anni fa credo che solo 1 studente avesse superato il numero massimo di assenze consentite».
Avete attivato il supporto psicologico agli studenti o docenti?
«Qui esiste da anni il progetto “Radici” con l’amministrazione comunale, per cui ci siamo sempre servizi di questo progetto. Probabilmente quello che è aumentato è il numero delle persone che hanno chiesto di accedere a questo servizio».
GESTIONE PANDEMIA
Avete avuto la possibilità di comprendere se si siano verificati episodi di contagio nelle vostre scuole?
«Abbiamo avuto pochi casi e isolati. Credo non ci siamo mai stati dei veri e propri focolai, nel senso che se ci fosse stato un focolaio ci sarebbero stati più contagiati in una stessa classe. Invece abbiamo sempre avuto dei numeri relativamente bassi e sparsi nelle varie classi. La maggior parte di questi contagi sono avvenuti o in ambito famigliare o nelle società sportive. Da quanto hanno chiuso soprattutto gli sport amatoriali, siamo venuti a scuola dal 25 di gennaio al 5 marzo e lì non abbiamo avuto nessun caso. A scuola c’è l’obbligo di tenere sempre la mascherina, anche nei momenti come l’intervallo o durante la coda alla macchinetta i ragazzi vengono sempre controllati. Grossi assembramenti dentro la scuola non ne ho visti, sono più preoccupata per il fuori, al mattino quando aspettano di entrare, lì non sempre rispettano le regole. A scuola c’è sempre qualcuno che controlla, fuori non c’è controllo ed esula un po’ anche dai nostri compiti andare fuori a controllare. Abbiamo chiesto aiuto in Comune. In previsione dell’apertura della scuola avevo mandato un’email al sindaco e alla Polizia locale scrivendo appunto di attivare dei controlli, per mandare un po’ persone in mezzo agli studenti al mattino che inevitabilmente tra viale del Santuario o fuori dalle scuole si assembrano. La risposta era stata che molte forze sono state convogliate all’hub vaccinale alla Pizzigoni, quindi le associazioni di volontariato sono occupate lì. Mi auguro che ci sia un po’ più attenzione magari per le scuole, con qualche controllo in più fuori al mattino».
A che punto è la vaccinazione sul personale scolastico nel vostro Istituto? Ci sono insegnanti che hanno rifiutato di farsi vaccinare?
«Non so quanti docenti abbiano chiesto di vaccinarsi. Non c’è un obbligo vaccinale e la scuola non può chiedere, però da quello che so tutti quelli che si sono iscritti sono stati chiamati e sono stati vaccinati. Esplicitamente nessuno ha dichiarato di non volersi vaccinare, dopo di che non so se si siano iscritti tutti, perché quello rientra nella loro privacy, non lo devono dichiarare».
La collaborazione con gli altri enti istituzionali: i trasporti, gli enti locali, l’autorità sanitaria, com’è il dialogo e il coordinamento tra i diversi attori in campo?
«C’era stato un tavolo a dicembre, ma devo dire collaborazione poca. Ho avuto più l’impressione che siano andati avanti per la loro strada con quello che avevano pensato di fare e quello hanno imposto. Ho avuto una percezione di poco ascolto delle esigenze e delle istanze delle scuole. Come presidi delle superiori di Saronno ci siamo sentiti varie volte e siamo costantemente in contatto e in linea di massima condividiamo punti di forza e di debolezza».
Le interviste ai dirigenti scolastici (link in aggiornamento)
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