Il ritorno sull’ambulanza e il vaccino, un anno dopo il Covid
Oggi, a 12 mesi esatti dalle dimissioni dall’ospedale, Alessandro Borgonovo, 53enne volontario di Croce Rossa e istruttore 112/118, ha ricominciato da dove aveva interrotto il suo percorso, con un vaccino in più
Dopo un anno dal ricovero è tornato a fare servizio sulle ambulanze.
La storia di Alessandro Borgonovo e la sua esperienza da soccorritore a soccorso l’avevamo raccontata qualche mese fa. Oggi, a 12 mesi esatti dalle dimissioni dall’ospedale, il 53enne ha ricominciato da dove aveva interrotto il suo percorso, con un vaccino in più.
«Ho ripreso a fare servizio in ambulanza come 118: ad un anno di distanza (uscivo dall’ospedale proprio oggi, 15 aprile), la paura un po’ è rimasta. L’incognita chiamiamola così delle famose “varianti” grava, soprattutto dal punto di vista psicologico – spiega -. Diciamo anche che la grande confusione che c’è sui vaccini (io mi tengo molto informato leggendo soprattutto articoli stranieri) non aiuta certo ad affrontare il “nemico invisibile”, come lo definisco io. Penso che la cosa valga sia per me, che per molta altra gente».
Nel suo blog, #SIAMOTUTTICAMBIATIADESSO, Borgonovo ha raccontato questo anno, con un post “finale” dopo il vaccino:
«Tempo fa avevo promesso a me stesso che una volta fatto il famigerato vaccino, avrei in qualche modo smesso di aggiornare la mia COVID-avventura. Purtroppo, la situazione generale al momento della stesura di queste righe non è assolutamente confortante: le famose “varianti” la stanno facendo da padrone. Varianti che come ti insegnano sin dalle scuole medie (oggi scuola secondaria di primo grado) sono la normale evoluzione della vita di un qualsiasi virus in quanto tale. A quanto pare però queste varianti purtroppo sono arrivate in modo del tutto inaspettato gettando nel panico il sistema sanitario e le case farmaceutiche. Come sicuramente avrai avuto modo di leggere, la (giusta) preoccupazione è la reale efficacia dei vaccini attualmente in circolazione nei confronti di queste novità. Proprio stamattina, come ormai faccio giornalmente da maggio dello scorso anno, sono andato in caccia di qualche autorevole articolo a riguardo: ma l’esperienza clinica sul campo è ancora molto limitata, per cui ci sono come sempre, poche notizie e ben confuse. Un altro argomento a me molto caro che ha avuto qualche settimana fa una evoluzione interessante, è lo studio dell’origine del Coronavirus. La famosa squadra di esperti dell’OMS recatasi recentemente proprio a Wuhan per fare ricerche sull’origine della pandemia, dopo una prima fase nella quale veniva esclusa nel modo più assoluto l’ipotesi di una origine artificiale del virus, tutto ad un tratto, dopo una serie di strane situazioni nella quale si è trovata ad operare, ha decretato che al momento “sono aperte tutte le possibilità”, tra le quali appunto anche quella che tratta di una possibile origine non prettamente naturale del SARS-CoV-2. Interessante vero? Per me un po’ lo è. Ma torniamo al mio vaccino: alle ore 10.42 ho ricevuto la prima dose del chiacchierato vaccino AstraZeneca, così come la mia dolce metà. La seconda dose ci verrà inoculata verso la fine del mese di maggio. Che dire? Beh, innanzitutto che mi ritengo fortunato ad aver usufruito della protezione prima di altri; in secondo luogo non posso negare che la mente per forza ritorna a quel 14 marzo, giorno che come ho già detto resterà per sempre scolpito nella mia mente. Certo, se ci si ferma un attimo a riflettere, 1 anno per la creazione e la distribuzione (beh più o meno) del vaccino non è molto: è vero che a quanto pare da diverse parti si stava già studiando sulla tecnologia mRNA per cui i tempi sono stati più brevi del previsto. Vero anche che nel mio caso la tecnologia vaccinale è di diverso tipo: ai posteri l’ardua sentenza. Cosa dire ancora? Potrei dire una banalità ma che però ben si adatta alla situazione attuale: mi auguro che con l’arrivo dell’altro vaccino a vettore virale Johnson & Johnson in singola dose si riesca a fare un salto di qualità in termini di velocità e di sicurezza.
Non posso concludere questo mio viaggio senza ricordare ancora una volta le persone che come ho ben descritto nella mia dedica di apertura purtroppo non ce l’hanno fatta: la mortalità continua ad essere elevata o quanto meno costante. Per cui Caro Lettore chiedo a te e a tutti coloro che stanno leggendo queste righe di rivolgere un veloce pensiero o una preghiera a chi questa guerra l’ha combattuta senza avere però le armi per vincerla. Grazie.
Dulcis in fundo, concludo con questa sensazionale notizia; so che non mi crederai mai. Nella sala di attesa dell’ospedale dove ci siamo recati per la vaccinazione ho notato una cosa che mi ha fatto sperare di nuovo nel genere umano: un orologio funzionante appeso alla parete. Sarà un segno? Non lo sapremo mai».
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