Stefano: “Quando l’emergenza finirà mi concederò 24 ore di vita”
Storie di giovani in un anno di pandemia. Una serie di interviste a ragazze e ragazzi del territorio per dare voce a chi, in un anno di emergenza sanitaria, non ha avuto molte occasioni per esprimersi. Tocca a Stefano, 23 anni, di Origgio
Young covid, storie di giovani in un anno di pandemia. Un nuovo spazio nato per dare voce a chi, in un anno di emergenza sanitaria, non ha avuto molte occasioni per esprimersi.
La pandemia ha inevitabilmente tolto qualcosa (o qualcuno) a tutti durante uno degli anni più bui della storia recente del nostro Paese e del mondo intero. Tutti hanno sofferto, chi più, chi meno.
Ci sono state però anche le vittime collaterali del covid, quelle di cui nessuno parla: i giovani. Abbandonati, fin dall’inizio, loro, che sono il presente e saranno il futuro del nostro Paese.
L’obiettivo di questa rubrica, curata dal nostro giovane stagista Matteo Angelonomi, è dare una voce a chi, da un anno a questa parte, non ne ha avuta, grazie ad una serie di interviste a ragazze e ragazzi del territorio. Se volete scriverci per raccontarci come avete vissuto questo anno pandemico, fatelo scrivendo a saronnonews@gmail.com o a yaaas.mail@gmail.com oppure compilando QUESTO MODULO
Stefano Banfi ha 23 anni, vive a Origgio ed è studente universitario di Scienze della Comunicazione all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese. È un grande appassionato di sport e politica.
Stefano, come hai vissuto l’emergenza sanitaria all’inizio? E ora?
«All’inizio consisteva in una “novità”, il contraccolpo psicologico fu tutto sommato contenuto dal mio punto di vista. Le cose però sono cambiate dopo le chiusure di novembre, da lì in poi il mio morale è stato al minimo, non vedevo una via d’uscita, la luce alla fine del tunnel».
Cosa ti mancava inizialmente? E ora, dopo un anno, cosa senti che ti è mancato maggiormente?
«Inizialmente le uscite con gli amici, le cene, le serate in discoteca, quindi cose molto più “superficiali”; adesso ciò che mi manca di più in assoluto è vivere a tutto tondo l’esperienza universitaria, fatta, oltre che di studio, di nuove conoscenze, di rapporti sociali, umani. Questo aspetto è stato completamente annullato dalla pandemia».
Hai sempre rispettato le misure restrittive previste nei DPCM? Se no, perché? Che hai fatto?
«Fino alla fine della prima ondata ho sempre rispettato le restrizioni, anche perché vedevo nell’estate la fine dell’incubo; da ottobre in poi però, data la continua incertezza, una o due volte alla settimana mi sono concesso la possibilità di ritrovarmi con i miei amici più intimi, anche solo per due chiacchiere o un pranzo insieme. Non sembra molto, ma queste piccole cose alzano non poco il morale».
Cosa farai appena ci sarà “vera libertà?”
«Farò 24 ore di vita. Cercherò di vedere più persone possibili e di godermi ogni singolo istante».
Alla luce di quanto accaduto in questo anno, che idee ti sei fatto del futuro che aspetterà te ed in generale i tuoi coetanei?
«Mi aspetto molta fatica, tanti sacrifici ed una concorrenza lavorativa spietata. I debiti accumulati dallo Stato durante quest’anno ricadranno inevitabilmente, nei prossimi anni, sulle attuali generazioni. Mi auguro almeno che questi soldi siano investiti nel migliore dei modi».
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