Speranza in formato famiglia: i racconti di chi accoglie “ragazzi difficili”
Se “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”, per sostenere un adolescente servono adulti presenti, competenti e appassionati, come i volontari del Servizio Appartamento
Il progetto Mappa raccontato dai volontari adulti che hanno conosciuto, accolto e accompagnato dei ragazzi in difficoltà: le novità, le fatiche e anche le bellezze inaspettate dell’offrire il loro appoggio a questi adolescenti e di condividere con loro passioni, saperi ed esperienze.
Le loro parole vogliono essere un ringraziamento e allo stesso tempo un regalo di “speranza in formato famiglia”, alla vigilia di questa Pasqua 2021.
C’è chi porta in montagna tutto il gruppo
. Cosa ti ha spinto ad avvicinarti a ragazzi difficili?
«La voglia di dare il mio piccolo contributo a questi ragazzi che per loro sfortuna non hanno avuto quello che ognuno di noi vorrebbe e che io “grazie a Dio” ho avuto».
«Ho sempre pensato che non esistano ragazzi difficili, bensì adulti di riferimento non adeguati.[…] Non ho alcuna pretesa di adeguatezza, ma i risultati finora ottenuti mi hanno convinto che i ragazzi così detti difficili hanno bisogno di supporto, ascolto ed accoglienza. E novità. È per questo che volentieri offro la mia
disponibilità e competenza».
. Che importanza ha, secondo te, poter avvicinare degli adolescenti (non sempre collaborativi e, almeno in apparenza, poco disposti ad accogliere le proposte degli adulti) attraverso una passione personale?
«Ha una grandissima importanza , proprio perché non sempre collaborativi, ritengo che avvicinarli, coinvolgerli, supportarli e anche sopportarli, sia importante , penso a Voi educatori che siete in contatto giornaliero, il vostro non può essere un lavoro ma una “missione” per cui anche la mia almeno per quel poco tempo che dedico diventa una passione, missione».
«Quando abbiamo una cosa nel cuore, vorremmo condividerla con gli altri. […] Proporre una attività faticosa come l’andare in montagna ha un vantaggio: l’apparente insensatezza della fatica che comporta il camminare in salita, sparisce come neve al sole nel momento in cui raggiungi la meta, lì diventa tutto chiaro, lì tutto acquista senso. E quasi si perde la memoria della fatica. Ho visto a volte gli occhi dei miei giovani amici brillare di contentezza, non sempre, solo in certi momenti, ma è stato sufficiente. E sono convinto che aderiranno alle future proposte che dovessimo offrire loro, lo faranno borbottando, dicendo che preferiscono andare al mare, ma so che in cuor loro saranno ben contenti di immergersi nuovamente nell’ambiente sfidante della montagna».
. Cosa ti sembra di aver insegnato ai ragazzi (nel senso di “in-segnare, lasciare il segno”) attraverso le diverse attività ed esperienze fatte insieme?
«Dalle mie due esperienze (speriamo ce ne siano ancora) ritengo modestamente di aver lasciato un segno tangibile, la conferma l’ho avuta in più occasioni, ricordo il giorno che siamo scesi dal Belvedere (2019) quando ci siamo salutati a Macugnaga, ma ricordo anche la serata degli auguri, l’entusiasmo dei ragazzi, l’accoglienza. Sono stati segnali che un segno l’ho lasciato e positivo».
«Che per raggiungere le cose più belle devi impegnarti e saper affrontare le difficoltà, superare la paura del non essere in grado di farcela mettendocela tutta. Ricorderò a lungo la magnifica esperienza su roccia dell’estate 2020, quando abbiamo portato i ragazzi ad arrampicare con tanto di imbrago e caschetto e messi in sicurezza con robuste corde di arrampicata. Tutti ce l’hanno fatta, anche coloro che dicevano di aver paura hanno tenuto duro e sono arrivati in cima. È vero, a volte urlando come aquile il loro terrore di cadere, di farsi male, ma l’incoraggiamento e la convinzione trasmessa loro che avrebbero potuto farcela, li hanno aiutati a raggiungere il risultato, e ad accrescere la loro autostima».
. Che cosa invece lascia in te l’esperienza che stiamo condividendo?
«Un’esperienza positiva che gratifica il mio impegno e posso dire che mi rende orgoglioso di quello che riesco a trasmettere a questi ragazzi, ritengo che da “non genitore” queste esperienze assumono un aspetto ancor più positivo».
«Il sorriso, quando penso alle mie esperienze coi ragazzi de LaBanda mi viene sempre da sorridere. Sono buffi, sono divertenti, sono spugne che assorbono quello che vivono. E se anche uno solo di loro mi chiederà di ripetere le esperienze già vissute insieme, quella sarà la mia migliore ricompensa. Non vedo l’ora di ritrovarmi per sentieri coi miei giovani amici e di poter rispondere alla loro incalzante domanda “Flavio, quanto manca?”, con la mia inevitabile e un po’ sadica risposta “5 minuti e ci siamo”».
C’è chi, a partire dall’esperienza, decide di ospitare un ragazzo in casa sua
. Qual è stata la molla che ha permesso l’inizio di questa avventura?
«Inizialmente è stato il desiderio di fare qualcosa di nuovo che potesse piacere ad altre persone che non conoscevamo, anche se non sapevo se le idee portate da me potessero piacere, e la volontà di aiutare qualche ragazza a passare un estate diversa e libera dai problemi familiari che avevano».
. In che modo è avvenuta la conoscenza coi ragazzi?
«È avvenuta per gradi: all’inizio li abbiamo aiutati a imbiancare il loro appartamento, poi abbiamo partecipato, insieme ai nostri figli, ad una delle cene calendarizzate e infine abbiamo trascorso un’intera giornata in gita ad Agra, un paesino luogo di villeggiatura, insieme a tutti i ragazzi e ai loro educatori>>.
. Quali sono le esperienze in appartamento che ti hanno più arricchito?
«Vedere delle ragazze curiose e che scoprivano che anche loro erano in grado di fare dei piccoli lavoretti simpatici da regalare ai propri cari per Natale o altra ricorrenza».
. Che relazione si crea tra un volontario e i ragazzi degli appartamenti?
«Tra i ragazzi e i volontari si crea un legame fortissimo, fatto di confidenze, fiducia, amicizia. Spesso veniamo considerati degli zii, ai quali affidarsi e chiedere aiuto in caso di bisogno. È un legame che va oltre “l’appartamento”: ancora oggi sentiamo regolarmente il primo ragazzo che abbiamo ospitato e che ha concluso il suo percorso e il più delle volte è lui a chiamare per aggiornarci sulla sua vita o chiedere consiglio su qualche scelta importante da affrontare. È un legame che coinvolge tutto il gruppo e questo lo si vede in tante occasioni come ad esempio nella serata di saluto a uno dei ragazzi che concludevano il percorso. In quell’occasione era stata organizzata una partita di calcetto seguita da una pizzata e i ragazzi hanno voluto che ci fosse una squadra composta dagli educatori e da tutti i volontari, a testimonianza di quanto sia importante per loro il nostro supporto».
. Come avete vissuto l’esperienza di portare due ragazze del Servizio Appartamenti in vacanza con la vostra famiglia?
«È stata un’esperienza molto bella perché ci permesso di conoscere due ragazze con i loro pregi e difetti e cercare di insegnare qualcosa di buono, e poi ci siamo divertiti tutti ridendo alle battute e alle cavolate che facevamo un po’ tutti».
. Come hanno reagito i vostri figli all’idea di ospitare un ragazzo che non fosse loro fratello?
«I nostri figli si sono dimostrati da subito curiosi di voler conoscere nuovi amici; frequentando l’appartamento i rapporti si sono consolidati e rafforzati al punto tale da desiderare che arrivasse in fretta l’inizio dell’ospitalità a casa».
Se “per far crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, per sostenere un adolescente nei suoi anni di crescita servono adulti presenti, competenti e appassionati.
La coop LaBanda crede molto nel progetto Mappa ed è sempre alla ricerca di persone, volontari, famiglie o single che vogliano far parte di questa rete di adulti a sostegno dei ragazzi. I bisogni sono tanti e tra i più diversi, proprio per questo motivo ciascuno può dare il proprio apporto in un progetto così prezioso.
Maggiori informazioni a questo link.
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