82enne di Saronno dona un rene al figlio di 53 anni
Il trapianto all’ospedale Molinette di Torino a fine gennaio. Una storia di generosità e amore
Una storia di generosità e amore, come quella di Melina e Massimo, che abbiamo raccontato pochi giorni fa.
Cinque anni fa donò un rene al marito per salvargli la vita. Oggi aspettano insieme la vaccinazione
Questa volta a donare un rene al proprio figlio Francesco è stato Pasquale Longo, 82enne di Saronno. Il trapianto di rene da vivente è stato eseguito alle Molinette di Torino a metà gennaio ed è stato eseguito per salvare la vita al 53enne, affetto da glomerulonefrite, per evitare di farlo andare in dialisi.
L’ha raccontata Luigi Biancone, direttore della Nefrologia e Responsabile del Programma di Trapianto di Rene dell’ospedale torinese, alla vigilia della Giornata mondiale del rene: «Il trapianto da donatore vivente è in crescita anche in Italia – spiega Biancone -. Per l’età del donatore non c’è un limite, ma il dato anagrafico va rapportato con i dati clinici, morfologici e funzionali che possono segnalare un’età biologica più bassa».
«Non ho fatto nulla di eccezionale, per un padre è più che normale fare ciò che può per migliorare la vita di suo figlio. Io stavo bene prima e sto bene dopo. Mio figlio, che era arrivato alla soglia della dialisi, adesso è un leone». Lo ha raccontato all’Ansa l’82enne: «Da 12 anni mio figlio era sottoposto a controlli stringenti, era costretto a prendere medicine e seguire una dieta ferrea. Ma l’insufficienza renale è progressiva e può solo peggiorare. L’autunno scorso è arrivato al limite oltre il quale scatta la dialisi. Io pensavo già da tempo di compiere questo passo: aspettavo solo il via libera dei medici, che volevano attendere che arrivasse il momento opportuno, quello cioè in cui i reni di mio figlio non ce l’avrebbero più fatta da soli».
«Siamo entrati in ospedale a Torino il 17 gennaio – racconta l’uomo, ex dirigente d’azienda che vive a Saronno – e siamo usciti il 29. Alle Molinette abbiamo avuto un’esperienza ottima: è un fiore all’occhiello della medicina nazionale, con grandi professionisti, un reparto ottimamente organizzato, e personale infermieristico sempre presente. noi eravamo costantemente sotto osservazione, seguiti, non ci lasciavano mai soli – aggiunge -. Mio figlio, dal quale ho quattro nipoti insegna alla Bocconi e vive a Milano, ma abbiamo scelto le Molinette per la grande tradizione che questo ospedale ha nei trapianti. A chi pensasse di seguire il mio esempio, dico che oggi la tecnica è talmente avanzata che si può affrontare l’operazione con serenità. Io sono in forma come prima – sottolinea – porto ancora la fascia elastica sulla pancia ma non mi dà nessun fastidio. Mi attengo alle prescrizioni, non sono un no vax… mio figlio non poteva mangiare carne e bere alcol, e doveva essere attentissimo con le salse e con gli zuccheri. Ha sempre fatto il suo dovere e seguito alla lettera le indicazioni dei medici, ma la sera si sentiva un po’ stanco. Ora invece è pieno di energia: lui è contento e io sono felice».
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