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La vita da oratorio ai tempi del Covid: don Federico Bareggi sbarca su YouTube per parlare ai più giovani

Responsabile della Pastorale Giovanile di Saronno che comprende i sei oratori della città, don Federico racconta come il Covid ha impattato nella vita dei ragazzi delle parrocchie. Un anno fa ha aperto un canale YouTube, come strumento di condivisione della quotidianità

Generica 2020

Come gli oratori e i giovani hanno vissuto quest’anno di pandemia? Com’è cambiata la vita e l’attività delle parrocchie ai tempi del Covid? A raccontarlo è don Federico Bareggi, responsabile della Pastorale Giovanile di Saronno che comprende i sei oratori della città.

A Saronno dal 2011, don Federico ben conosce l’ambiente in cui opera, ormai da 10 anni, occupandosi dei giovani a 360 gradi e ha vissuto in prima persona il cambiamento nella vita dei giovani e il nuovo modo di rapportarsi con i ragazzi dettato dall’avvento della pandemia: «Sono prete da 20 anni, sono a Saronno dal 2011 e mi occupo di tutto ciò che si muove nel mondo giovanile della città – racconta il parroco -. Seguo anche gli scout e più in generale tutte le realtà di Saronno in cui vi sono giovani e ragazzi che fanno attività legate al mondo cattolico. Essere qui da 10 anni è sicuramente un vantaggio, perchè conosco bene l’ambiente, la città e gli oratori».

La pandemia è stato indubbiamente un avvenimento storico, che ha cambiato le nostre vite e che ha inciso profondamente nelle relazioni sociali. Don Federico ha individuato tre fasi distinte che hanno caratterizzato l’ultimo anno vissuto dai suoi ragazzi.

La prima fase è stata quella che coincide con il primo grande lockdown iniziato a marzo 2020: un approccio con una realtà di vita nuova, che ci ha costretto a chiuderci in casa e che ha paradossalmente aiutato a riscoprire i rapporti con la propria famiglia: «I ragazzi hanno vissuto questo periodo a fasi – spiega -. La prima è stata quello dello shock di entrare in un mondo nuovo e totalmente diverso. Soprattutto per i più piccoli è stata vissuta quasi come una cosa divertente, c’è stata la vaga idea di una vacanza in casa con la propria famiglia, durante la quale è stato possibile stare vicini ai genitori e riscoprire i rapporti familiari. A livello di attività tutto si è ovviamente spostato sull’online con incontri virtuali, spettacoli da condividere e tanto altro».

Poi l’estate e le vacanze, un periodo caratterizzato da tanta spensieratezza, ma anche “incoscienza e imprudenza”, come spiega don Federico: «L’estate è stato il tempo contraddistinto da un pò di imprudenza e di incoscienza, perchè ci si è quasi dimenticati del virus, quanto il virus era in realtà ancora in mezzo a noi».

Ma i mesi più difficili sono stati quelli del periodo più recente, tra novembre, dicembre e gennaio. È stato il tempo del nuovo “ritorno al distanziamento”, obbligato dalla seconda ondata cominciata ad ottobre: «Penso che il momento peggiore di quest’ultimo anno sia cominciato a novembre, con la seconda ondata, che ha colpito duramente anche la nostra città – spiega don Federico -. I ragazzi non avevano e non hanno tutt’ora riferimenti, certezze, non c’è un termine e tutto viene costantemente rimandato».

Don Federico mette in evidenza soprattutto gli sforzi fatti dai ragazzi e il mancato riconoscimento da parte della società, che ha invece spesso puntato il dito contro i giovani come una delle categorie maggiormente responsabili della diffusione del contagio: «Non vedere una fine ha fatto scoraggiare e arrabbiare i ragazzi con un mondo che, oggettivamente, si è occupato poco di loro. La società non ha messo i giovani nella situazione di far sentire loro la gratitudine e la riconoscenza per tutti gli sforzi e le rinunce fatte da un anno a questa parte tra scuola, amici, sport. Nelle famiglie c’è preoccupazione perché i ragazzi hanno meno voglia di socialità, di uscire e di fare attività. Ma questo è inevitabile e qualche preoccupazione c’è anche sui percorsi di fede che portiamo avanti».

A subire in misura maggiore questa situazione, racconta don Federico, sono soprattutto i ragazzi delle scuole medie e i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 20 anni. Un’età in cui la vita si apre a nuovi orizzonti: termina la scuola, arriva la maturità, comincia l’università o la vita lavorativa. Un’età in cui, normalmente, nascono nuove sfide e ci si confronta con nuove realtà, che la pandemia ha limitato a realtà “virtuali”: «Divertirsi, stare insieme, giocare, tutto ciò con la pandemia viene meno – prosegue il parroco -. Mi sento di dire che a subire maggiormente questa situazione sono specialmente i ragazzi delle scuole medie e, soprattutto, la fascia dei 18-20 anni. Loro si sentono accusati di essere promossi senza aver fatto niente, hanno svolto la maturità in un modo diverso, hanno cominciato l’università senza mai vedere le aule dal vivo e sono stati costretti a tagliare le relazioni».

Gli oratori, le parrocchie e la Pastorale Giovanile hanno affrontato la pandemia adattandosi a un nuovo modo di vivere, di condividere e di fare comunità: «Quest’anno è sicuramente stato un’occasione anche per noi preti per approfondire e riprendere in mano ciò che col tempo viene un pò dimenticato. Abbiamo tenuto in piedi i percorsi di fede che facevamo online, e di renderci presenti in tutti i modi possibili, distribuendo ad esempio dei gadget alle famiglie e ai bambini fuori da messa, quando le celebrazioni sono ripartite a maggio. Ho proposto dei modi di pregare a distanza insieme e di condividere dei momenti collettivi, anche se purtroppo, come per la scuola, l’online rende meno dell’offline. E per noi della Pastorale gli incontri in presenza funzionano come per la scuola e seguono le stesse regole».

Le nuove frontiere dei social offrono molte opportunità per restare connessi nonostante la distanza, e don Federico ha trovato la strada per sfruttarle. Si è infatti adattato al periodo anche in termini di digitalizzazione aprendo il suo nuovo canale YouTube, arrivato a quasi 800 iscritti, dove da un anno a questa parte condivide giornalmente contenuti legati al Vangelo del giorno, con spunti e riflessioni che possono accompagnare i fedeli durante la giornata.

«Ho aperto il mio canale YouTube un anno fa, all’inizio della pandemia – spiega il sacerdote -. Non potendo venire a messa ho deciso di iniziare a dedicare dei pensieri domenicali su questa piattaforma. Mi hanno insegato ad aprire il canale a distanza perché non ho un buon rapporto con la tecnologia e da questo punto di vista sono uno all’antica. Non avevo dimestichezza e tutt’ora faccio quello che posso, per gli altri. È stata una di quelle cose che anche se non ti senti di fare, provi a farla comunque per dare valore al tuo prossimo».

L’obiettivo del canale social di don Federico è quello di stare vicino alle altre persone: «Il canale è fatto per stare vicino alle persone, è il bisogno più forte che c’è in un periodo come questo. Giornalmente propongo un contenuto sul Vangelo del giorno, con pensieri e riflessioni che possono accompagnare chi mi ascolta durante la giornata. Ed è uno strumento di divulgazione che per noi preti può tornare molto utile.».

Parlando di YouTube si può ormai affermare con convinzione l’enorme valore della piattaforma anche in termine di attività cattoliche: come racconta don Federico Bareggi, YouTube diventa un formidabile strumento di divulgazione, dove proporre contenuti che per la natura della piattaforma, rispetto ai vari Facebook e Instagram, vengono fruiti in modo consapevole dagli utenti.

La pandemia ha fatto nascere la nuova categoria dei sacerdoti “smart”: lampante il caso di don Alberto Ravagnani, 27enne parroco di Busto Arsizio, indiscutibilmente il prete “più figo” del web, dotato di grande capacità comunicativa, di competenze digitali e forte di un canale YouTube che conta ben 137.000 iscritti, a cui si aggiungono i followers dei vari Facebook, Instagram, TikTok e anche Clubhouse, social appena nato che è diventato “l’ultima conquista” di don Alberto.

(LEGGI QUI: https://www.varesenews.it/2021/02/un-prete-chiacchierare-don-alberto-sbarca-clubhouse/)

Un altro caso emblematico non distante da Saronno è quello di don Ambrogio Cortesi, parroco di Castiglione Olona, autore del “decalogo social per cristiani 2.0”.

(QUI L’ARTICOLO: https://www.varesenews.it/2013/11/il-don-firma-il-decalogo-social-per-cristiani-2-0/)

Don Federico Bareggi ha chiuso con una riflessione: cosa ci ha insegnato la pandemia? Secondo il parroco, il Covid ha fatto riscoprire la voglia di essere reciprocamente solidali e vicini, l’uno con l’altro, anche tra i più giovani: «Siamo migliori di quanto pensiamo, mi porto a casa questo insegnamento – conclude don Federico -. Spesso nella vita concreta siamo egoisti, e invece con la pandemia è scattato un desiderio di solidarietà e di vicinanza grandissimo. Si è visto tra le famiglie e negli stessi giovani, ad esempio rendendosi disponibili per dare servizio alla comunità, portando la spesa alle persone più in difficoltà e dando un aiuto a distribuire i pacchi alimentari».

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Pubblicato il 09 Marzo 2021
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