Richieste di deroga alla didattica a distanza: è caos
Bambini a casa e genitori al lavoro: le famiglie riempiono le scuole di richieste per la didattica in presenza. I presidi scrivono a Fontana per avere chiarimenti
In queste ore le scuole dell’infanzia e le scuole primarie ricevono ciascuna decine e decine di richieste di deroga alla didattica a distanza da parte di mamme e papà che sono “lavoratori indispensabili”. Il diritto alla didattica in presenza per gli alunni con disabilità o difficoltà di apprendimento, ma anche per i figli dei “lavoratori indispensabili”, è previsto da alcune note del Ministero dell’istruzione (di cu l’ultima è del 4 marzo), dalle raccomandazioni contenute nel Piano per la scuola del lontano giugno 2020, e anche in una Faq della Regione Lombardia.
Le domande però mettono in crisi l’organizzazione scolastica, così le risposte dei presidi sono le più disparate, tra chi accetta le istanze e chi no, chi offre in presenza orario pieno e chi solo l’orario ridotto della Dad. Un caos, in cui sono coinvolte le famiglie e le scuole, tanto che i presidi lombardi di Anp hanno scritto a Fontana per chiedere chiarimenti.
“Ci sono classi in cui sono di più gli alunni figli di lavoratori indispensabili di quelli costretti a casa – racconta la preside Maria Rosa Rossi del IC Varese 5 Dante Alighieri – In questo modo non è possibile organizzare un’adeguata didattica né in presenza né in Dad e soprattutto di fatto la scuola non è chiusa. Le indicazioni devono essere chiare: se le primarie devono chiudere per esigenze sanitarie allora che siano chiuse davvero, e non che restino aperte per garantire ai lavoratori il servizio di babysitteraggio. Così non ha senso”.
Nella lettera scritta dai presidi lombardi a Fontana (qui il testo integrale) si segnalano le difficoltà di gestire contemporaneamente didattica in presenza per i tanti alunni con diagnosi, aggravata dalla frequente necessità dei docenti di svolgere le attività in DAD da casa perché la rete internet scolastica inadeguata.
“Sarebbe opportuno precisare che la deroga per ottenere la didattica in presenza è applicabile compatibilmente con le condizioni organizzative dei singoli servizi ed istituti nonché nel rispetto dell’autonomia scolastica”, propongono i presidi lombardi nella loro lettera di cui riportiamo di seguito le ultime righe.
“Si possono creare nelle scuole situazioni che renderebbe del tutto vana l’intenzione di sospendere l’attività didattica come misura preventiva imposta dalla virulenza delle varianti del virus e dal coinvolgimento pandemico delle fasce giovanili ed infantili. Se le strutture scolastiche sono state individuate dal CTS come potenziali vettori di contagio, al punto da essere costretti a decidere la loro chiusura, ogni ampliamento degli accessi in presenza in deroga espone i ragazzi che frequentano (e indirettamente le loro famiglie) e tutto il personale scolastico a possibili rischi di contagio.
Le scuole negli ultimi dodici mesi non si sono mai tirate indietro e non lo faranno neanche in questo frangente. Il personale scolastico ha dato ampie e ripetute dimostrazioni di spirito di servizio. Ma è oggettivamente difficile, a volte impossibile, conciliare norme e indicazioni che rispondono ad interessi contrastanti e a volte inconciliabili. Se la scuola oggi rappresenta un pericolo lo si dica chiaramente, si contenga per quanto possibile l’utenza in presenza e si approntino tutte le forme di controllo e prevenzione necessarie (a partire dai tamponi e dai vaccini), ma si eviti un momento dopo di contraddire la premessa perché bisogna contemperare più esigenze.
Le scuole e i dirigenti scolastici sono sulla front line di un’emergenza sanitaria e sociale; stanno facendo e continueranno a fare tutto quello che è possibile, ma hanno bisogno di supporto e di indicazioni chiare e univoche.
Altro tema controverso riguarda le definizione dei “lavoratori indispensabili” tra quanti prendono in considerazione “i servizi pubblici essenziali”, come definiti dalla normativa (qui un elenco esemplificativo fornito dai presidi), e chi invece fa riferimento ai codici Ateco delle attività rimaste aperte con i Dpcm del marzo 2020 (primo lockdown).
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