La protesta per riaprire bar e ristoranti tra adesioni in provincia e voci contrarie
L’iniziativa non ha una vera e propria organizzazione ma sta rimbalzando in diversi luoghi d’Italia attraverso le adesioni di singoli baristi o ristoratori. Le adesioni segnalate fino ad ora in provincia di Varese sono otto
Viaggia sui social network una chiamata alla protesta indirizzata ai titolari di attività di bar e ristorazione con l’hashtag #Ioapro. Una provocazione con l’obiettivo dichiarato di organizzare l’apertura non autorizzata dei locali il prossimo venerdì 15 gennaio contro le norme disposte dal Governo nazionale e dalle Regioni per frenare la diffusione del coronavirus.
In sostanza la protesta prevederebbe l’apertura dei locali contro le disposizioni consentite dal Dpcm, che proprio il 15 gennaio dovrebbe vedere l’introduzione di nuove limitazioni, con l’intento di accogliere i clienti garantendo il rispetto nelle norme anti-Covid.
L’iniziativa non ha una vera e propria organizzazione ma sta rimbalzando in diversi luoghi d’Italia attraverso le adesioni di singoli baristi o ristoratori. Le adesioni segnalate fino ad ora in provincia di Varese sono otto.
In centro a Varese c’è il ristorante il Vicolino: «Noi venerdì apriremo perché siamo stufi di misure che non portano a niente – spiega la titolare -. Se la situazione dei contagi impedisce davvero l’apertura allora i ristori devono essere effettivi altrimenti ci devono lasciar fare il nostro lavoro come sappiamo fare in sicurezza. Abbiamo tantissime spese e i ristori, che sono arrivati ieri, sono finiti in un attimo. Venerdì apriremo e se arrivano multe vedremo se pagarle o contestarle».
Ad aprire sarà anche La Baita di Ispra: «Abbiamo deciso deciso di aprire venerdì sia a pranzo che a sera seguendo le normative di sicurezza: facciamo entrare 30 persone al locale al massimo 2 per tavolo. Siamo capaci e responsabili di lavorare in sicurezza, diversamente non riusciremmo più a sostenerci».
La cooperativa del circolo di Daverio, il cui nome gira tra quello degli aderenti alla protesta, non sarà invece aperto. Lo spiega il presidente Ernesto Longhini: «non sono stato informato di questa iniziativa noi non parteciperemo perché non abbiamo intenzione di ricevere multe e contestazioni».
Tra chi ha comunicato di voler agire in senso opposto c’è anche il Village di Varese che ha diffuso un messaggio nel quale è esplicitamente detto che venerdì non parteciperà alla protesta e continuerà il normale servizio di asporto e delivery.
Anche dal bar Roxy di Cadrezzate il titolare di dissocia dall’iniziativa: “io non metto a rischio la salute e il portafoglio di clienti e amici”, ha spiegato in un post su Facebook.
Aderirà invece il Nerocaffè di Laveno Mombello: «Venerdì saremo aperti fino alle 19. Vogliamo far sapere la nostra contrarietà a come sono costruite queste norme: non si può equiparare i bar nel centro delle grandi metropoli alle nostre piccole realtà di periferia non ha senso. Noi garantiamo una sicurezza ai nostri clienti».
Dello stesso parere un’altra realtà, il Bohemian Rhapsody di Angera che però non è ancora certo di aderire: «lo farò solo se aderiscono in tanti perché non voglio rischiare. Siamo in difficoltò perché dovevano farci lavorare almeno a Natale invece ora non riusciamo più a stare dietro alla spese».
Nelle ultime ore anche il leader della Lega Matteo Salvini ha appoggiato l’iniziativa dando spazio in una delle sue dirette ad un ristoratore che aprirà venerdì: “Non sarà un open day una tantum ma da venerdì riapriamo i nostri locali oltre l’orario consentito perché ne abbiamo necessità”. Il leader della Lega ha spiegato: “Si parte venerdì. Avranno dei protocolli molto rigidi, ma non ce la fanno più. Dicono che non riescono a pagare i fornitori, basta zone gialle, arancioni”.
A sostegno dell’iniziativa anche il gruppo Varese Ideale. Così il coordinatore Mattia Cavallini: “L’iniziativa nata da Umberto Carriera e che si sta allargando a tutta Italia compreso la nostra Città trova tutto il nostro sostegno e supporto. Dopo quasi un anno dall’inizio della pandemia bar, ristoratori, pub, insieme al settore sportivo e culturale, sono stati duramente colpiti e abbandonati. Da un lato è doveroso e importante tutelare la salute pubblica, dall’altro non possiamo permetterci di perdere interi settori economici che creano posti di lavoro, mantengono le famiglie dei dipendenti e hanno fatto importanti investimenti per adeguarsi alle normative anticovid”.
A Varese l’iniziativa è stata lanciata attraverso alcuni articoli di giornale e due gruppi Telegram ai quali partecipano quasi esclusivamente potenziali clienti ansiosi di sapere quali sono i nomi di ristoranti e bar che violeranno le norme. A tirare le fila nelle chat è un volto noto della protesta varesina, quello stesso Francesco Tomasella che chiamò all’adunata in piazza Montegrappa contro la “dittatura sanitaria” lo scorso ottobre. Allora risposero alla chiamata alcuni varesini e imprenditori preoccupati, cui si unirono negazionisti e alcuni esponenti dell’estrema destra.
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