Il paradosso dei negozi di articoli sportivi: aperti ma senza clienti. E senza “ristori”
Lo sfogo di un commerciante al dettaglio dopo le ultime misure che in pratica vietano di praticare sport ma tengono aperti i negozi di settore. Che restano senza clienti e senza sostegni pubblici
Buongiorno direttore,
mi chiamo Stefano Tamborini, intestatario di una Partita IVA e titolare di un negozio al dettaglio specializzato, che si occupa di calzature ed articoli sportivi, principalmente per sport di squadra.
Negozio situato in Lombardia, ad oggi identificata come zona rossa, ovvero a massimo rischio di diffusione del contagio da Covid-19.
Mi rivolgo a voi per segnalare una situazione che si pone a tutti gli effetti al limite del paradossale nella gestione di quella che, dopo quasi otto mesi, viene ancora definita “emergenza” coronavirus.
E’ noto come, a seguito degli ultimi provvedimenti emanati dagli organi di governo (nello specifico trattasi delle Ordinanze n° 620 e 623 del Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, oltre al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato in data 26 Ottobre), lo sport in Italia ed in particolare nelle zone rosse si sia effettivamente fermato. (Foto di GREGOR da Pixabay)
Fatte salve le competizioni di carattere nazionale infatti (Serie A e Serie B di calcio; Superlega, Serie A2 e A3 di pallavolo, per citare alcuni esempi), l’attività sportiva resta consentita solamente nei pressi della propria abitazione e lo sport di squadra, compreso quello organizzato dalle Associazioni Sportive Dilettantistiche, risulta a tutti gli effetti sospeso.
Non volendo aprire una parentesi troppo grande entrando nel merito della liceità o meno di tale decisione (risulta quantomeno discutibile come nel nostro Paese si decida di combattere una patologia respiratoria chiudendo le palestre ma non facendo nulla per disincentivare il fumo, per fare un esempio..) o di come le Società Sportive abbiano adottato protocolli complessi ed in molti casi anche onerosi pur di poter riprendere la propria attività in sicurezza, argomento già ampiamente dibattuto in altre sedi; mi limiterò in questo esposto a sottolineare il paradosso per cui, a fronte di uno stop imposto allo sport, si sia deciso di mantenere invece APERTI i negozi di articoli sportivi (a tal proposito vedasi allegato n° 23 al DPCM del 3/11).
Aperti per chi, mi viene da chiedere? Forse per quei clienti ai quali viene detto da parte di ogni mezzo di informazione che possono muoversi da casa solamente per esigenze lavorative, di salute o di comprovata necessità, ovvero la spesa per il sostentamento e non lo shopping?
Con la pubblicazione del provvedimento noto come Decreto Legge “Ristori BIS”, emanato in data 9 Novembre 2020, ho finalmente compreso il motivo per cui siamo aperti: evidentemente per far risparmiare un ulteriore onere alle già dolenti casse dello Stato, dal momento che per il codice ATECO 47.72.10, a cui fanno riferimento i negozi di articoli sportivi, non solo non è prevista l’erogazione di un contributo a fondo perduto, ma nemmeno è previsto un credito d’imposta sui canoni di locazione, piuttosto che una sospensione o una proroga sui versamenti tributari.
Quindi, pur non esistendo alla data attuale un business su cui poter operare, i negozi restano aperti: il nostro mercato è stato letteralmente azzerato; tolti Gennaio e Febbraio (anteriori allo scoppio dell’emergenza) abbiamo potuto lavorare “decentemente” soltanto durante i mesi di Settembre e Ottobre prima che lo sport giungesse nuovamente a uno stop; ai nostri clienti viene detto che non possono di fatto muoversi da casa, ma essendo noi formalmente aperti non è previsto che ci spetti nessun tipo di sostegno da parte di uno Stato per il quale paghiamo ogni anno migliaia di euro di tasse.
Tasse sulle quali ora (oltre al danno, la beffa!), come se non bastasse, lo stesso Stato ci chiede un acconto per l’anno successivo, non avendo evidentemente realizzato come il fatto di non aver potuto lavorare abbia generato una perdita di fatturato di proporzioni spaventose.
Il mio auspicio è che una situazione del genere sia frutto di una semplice dimenticanza da parte di chi ha in carico la gestione di una situazione così delicata. Dico di più, accetterei anche fosse il risultato di una colposa ma ingenua incompetenza (che per quanto grave, rifletterebbe la colpa di noi cittadini per aver messo il potere decisionale nelle mani di persone pericolosamente non qualificate); non oso invece pensare che una situazione di questo tipo possa essere figlia di una indifferenza premeditata e volontaria, di un’azione dolosa, studiata e voluta, poiché in questo caso mi chiederei veramente come il Professor Roberto Gualtieri, Ministro dell’Economia e delle Finanze, ed il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, riescano a coricarsi la sera addormentando ogni peso sulle proprie coscienze.
RingraziandoVi per l’attenzione che vorrete dedicare a questa mia, porgo cordiali saluti.
Stefano Tamborini
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