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Medici e infermieri dell’Asst Valle Olona all’ospedale in Fiera

Tre medici e 9 infermieri lavoreranno a Fiera Milano City per seguire 14 letti. A coordinarli Paolo Mirri, già primario della Neonatologia dell'ospedale di Saronno. Il direttore generale parla dell'emergenza che si fa ogni giorno più impegnativa

medici e infermieri in partenza per ospedale in fiera

Tre medici e 9 infermieri. È il drappello di sanitari che l’Asst Valle Olona invia all’ospedale in Fiera a Milano. Si occuperanno di un modulo di 14 letti insieme a medici e infermieri delle Asst Ovest Milanese e Rhodense.

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Sono stati salutati dalla direzione strategica dell’azienda e sono coordinati dal dottor Paolo Mirri, intensivista neonatologo di Saronno, già primario della Neonatologia dell’ospedale di piazzale Borella: «Abbiamo un compito, che è curare. Non sta a noi decidere dove, facciamo parte di sistema sanitario pubblico, ci adoperiamo a curare indipendentemente dal luogo – ha detto Mirri nel corso della cerimonia pre partenza per l’ospedale in Fiera -. Regione ha chiesto di adoperarci per aiutare, lo facciamo come facciamo tutti i giorni, per rispondere ad un bisogno. C’è in questo momento un’accelerazione del bisogno, noi diamo una risposta rapida».

«ASST Valle Olona risponde alla richiesta di Regione Lombardia individuando professionisti di grandissimo valore e esperti da inviare a Milano Fiera per l’alta intensità di cura- ha spiegato il direttore sanitario, dottoressa Paola Giuliani -. Nel centro di Milano una nostra delegazione avrà la possibilità di esercitare la propria professionalità incontrandosi e confrontandosi con le altre équipe che vengono da tutta la regione. Sarà un’occasione unica per salvare vite e per crescere tutti insieme. È per questa ragione che i colleghi che rimangono sul nostro territorio consegnano il testimone di ASST Valle Olona ai colleghi che partono per Milano: apparteniamo tutti allo stesso corpo, alla stessa Azienda».

I letti dell’ospedale in Fiera sono gestiti a livello centrale e rispondo a due canali: quello del sistema di emergenza urgenza di Areu per pazienti a domicilio e l’altro degli ospedali che richiedono, in presenza di condizioni specifiche,  il ricovero in quella che è la più grande terapia intensiva d’Europa.

I quattro ospedali della Valle Olona proseguiranno a offrire assistenza: «Ogni presidio ha una vocazione – spiega il direttore generale Eugenio Porfido – l’ospedale principale rimane quello di Busto che ha tutte le specialità richieste per l’assistenza dei pazienti Covid. Saronno è la realtà sanitaria che ha dato un grande contributo nella prima fase della pandemia e mette sul piatto la sua esperienza e professionalità. Non esistono ospedali totalmente covid e altri completamente liberi. L’azienda darà assistenza a chiunque ne abbia bisogno. Non lasceremo indietro nemmeno l’altra casistica urgente e non differibile. Ciò che non rientra nei criteri dell’urgenza verrà posticipato così come l’attività ambulatoriale verrà ridotta».

Il direttore Porfido parla dunque di terzo livello di allarme: «I virus non scompaiono. Abbiamo sottovalutato la situazione e aperte autostrade alla sua circolazione. Ora le dobbiamo richiudere in fretta. Le attuali condizioni non permettono diversa soluzione delle regole base del distanziamento, dell’igiene e della mascherina. Sono le uniche vere armi che abbiamo per bloccare i contagi».

Il direttore Porfido non si dilunga su numeri e situazioni lavorative: «In sanità non è importante avere i numeri precisi. È solo importante ribadire la necessità dei comportamenti corretti. In corsia oggi ricoveriamo pazienti che hanno meno bisogno di terapia intensiva,  ma richiedono respirazione assistita. Hanno un’età media più giovane rispetto alla scorsa ondata pandemica. L’elemento più preoccupante è che questa fase colpisce aree densamente abitate, molto più che le zone della Bergamasca come Milano e il suo hinterland, il Varesotto e la Brianza. E il bisogno di cura è destinato a essere superiore. In Italia sta avvenendo ciò che accade in Francia, dove sono in anticipo di 15 giorni». E alla gravità si somma la stanchezza e l’amarezza del personale: «C’è grande preoccupazione per la scarsa attenzione generale verso questa crisi che si aggrava di giorno in giorno».

Tra gli infermieri che sono pronti a prendere servizio in Fiera anche Giuseppe Martino, che lavora a Busto Arsizio e che sta studiando per il concorso: «Già a marzo sono stato impegnato in un reparto Covid – spiega -, un’esperienza molto forte e formante allo stesso tempo. Fare l’infermiere oltre che una professione è una missione: siamo pronti a lavorare in team, siamo aperti e disponibili a lavorare in un nuovo posto».

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Pubblicato il 03 Novembre 2020
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