Rescaldina, l’US Carcor non si allena: «Meglio un calciatore arrabbiato, che un nonno ricoverato»
Nonostante il sì da Roma agli allenamenti individuali per gli sport di contatto, l'U.S. Carcor di Rescaldina ha deciso per lo stop per tutelare la salute di calciatori e familiari
Il sì agli allenamenti individuali e all’aperto per gli sport di contatto arrivato dal Governo non cambia la decisione dell’U.S. Carcor di Rescaldina: per ora al campo di via Vittorio Veneto di tornare ad allenarsi non se ne parla. Con poche ma incisive parole, affidate nei giorni scorsi ad una lettera inviata alle famiglie dei suoi calciatori, il presidente Maurizio Carminati non ha lasciato spazio a dubbi: «Meglio un genitore o un calciatore arrabbiato, che un nonno ricoverato».
Carminati, che ha toccato da vicino le conseguenze a cui può andare incontro chi contrae il Covid-19, lancia anche un messaggio al ministro Spadafora, che continua «ad invitare il mondo dello sport a non fermarsi, così come il presidente Fontana ha scritto nell’ultima ordinanza regionale»: il messaggio avrebbe avuto «un minimo di validità (forse)» a metà ottobre, «quando la situazione degli ammalati era decisamente diversa».
«Dall’inizio di questa pandemia – aggiunge il presidente dell’U.S. Carcor -, i ritardi delle azioni di contrasto, da parte delle istituzioni, sono stati il prezzo salato che abbiamo pagato in termini economici e di vittime: si aspetta e si aspetta, perché si ha paura delle reazioni della gente, ma così facendo si è sempre in ritardo e gli effetti si amplificano, diventando poi sempre più impattanti ed ingestibili. Per ultimo, non possiamo essere sordi ai continui inviti provenienti dal mondo scientifico, che ci consigliano di evitare di uscire di casa, se non per le cose indispensabili, ovvero la scuola ed il lavoro».
Carissimi genitori,
come presidente e responsabile di questa società sportiva, sento il peso dell’affidamento dei vostri figli, nel momento in cui li avete iscritti presso di noi. Un affidamento che, nel caso del virus, non si limita ai soli ragazzi, ma si estende a tutti i loro familiari, in particolare ai loro nonni, poiché chi appartiene a questa fascia di età ha purtroppo meno probabilità di superare la malattia. Come sapete, io ho toccato da vicino le ricadute di questo virus e vi assicurò che, quando si finisce in ospedale, si ha a che fare con una situazione davvero molto provante sotto il profilo psicologico e pesantissima dal punto di vista fisico, un’esperienza che non auguro proprio a nessuno.
Mi permetto anche un inciso relativamente ai messaggi del nostro ministro Spadafora, che continua ad invitare il mondo dello sport a non fermarsi, così come il presidente Fontana ha scritto nell’ultima ordinanza regionale: io ritengo che queste indicazioni avrebbero avuto un minimo di validità (forse) almeno una settimana fa, quando la situazione degli ammalati era decisamente diversa.
Dall’inizio di questa pandemia, i ritardi delle azioni di contrasto, da parte delle istituzioni, sono stati il prezzo salato che abbiamo pagato in termini economici e di vittime: si aspetta e si aspetta, perché si ha paura delle reazioni della gente, ma così facendo si è sempre in ritardo e gli effetti si amplificano, diventando poi sempre più impattanti ed ingestibili. Per ultimo, non possiamo essere sordi ai continui inviti provenienti dal mondo scientifico, che ci consigliano di evitare di uscire di casa, se non per le cose indispensabili, ovvero la scuola ed il lavoro.
Per tutte queste ragioni, ritengo prudente e necessario attendere almeno ancora un paio di settimane prima di riprendere gli allenamenti, anche in forma individuale: in sintesi, meglio un genitore o un calciatore arrabbiato, che un nonno ricoverato.
Vi ringrazio per la comprensione che mi auguro di trovare, nella speranza di essere riuscito a spiegare le ragioni per le quali sto chiedendo questo sacrificio.
Un caro saluto!
Maurizio Carminati (presidente US Carcor)
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