C’era una volta il punk
Il documentario “La scena” racconta un’epoca d’oro, quella del punk italiano degli anni Novanta: fumettistico, politico, arrabbiato, ironico. Ma sempre sulla strada e con il palco “aperto”
L’etichetta non era la società che produceva il disco, ma quella che il chitarrista incollava sulla cassetta, fotocopiata. Non c’erano i video e le visualizzazioni su YouTube, ma solo amplificatori al massimo e una gran folla di gente che cantava.
«Noi vogliamo il pubblico sul palco» dicono i Punkreas in una intervista a Tmc2, perfetta fotografia del momento in cui il fenomeno sotterraneo si trasformò anche in qualcosa che era quasi (quasi) di massa, buono anche per passare in televisione.
Se Punkreas, Shandon, Derozer e simili erano i gruppi più conosciuti, a far fermentare il tutto ci pensavano una marea di gruppi, che si scambiavano musicassette, chitarristi e batteristi, dischi di importazione comprati in centro a Milano, oltre ovviamente a bottiglie di birra. «Quello che suonava sul palco prima era giù con me ad ascoltare quelli prima e dopo potevi andare a parlarci. Anche tu facevi parte del concerto».
Un clima raccontato dal documentario autoprodotto “La scena”, in cui ritornano anche diverse località della Brianza e dell’Alto Milanese che hanno fatto un po’ da culla alla scena punk. Scena povera, che spuntava anche in provincia, non solo in città. Tutti conoscevano San Lorenzo di Parabiago dei Punkreas, per tutti la verde Mezzago faceva rima con Bloom, il mitico locale che aveva ospitato persino i Nirvana. Ma nelle registrazioni live sgranate e ingrigite dal formato Vhs compaiono anche il “Live Rescaldina” del 24 febbraio 1990 o un concerto a Olgiate Olona.
Raduni dove si entrava (quasi sempre) con pochi soldi, perché del resto i gruppi correvano live ininterrottamente e macinavano serate su serate: «Volevamo una pipa di tabacco e portavamo duemila persone», raccontano i Derozer in un divertente siparietto ambientato nei locali della nebbiosa pianura veneta. In provincia di Varese ribollivano Pornoriviste e Pay, poco più in là Thee STP da Arona. C’erano le band al femminile, come le Bambole di pezza o le toscane Cleopatras (ancora in attività).
È un documentario che mette al centro soprattutto la scena milanese, in tempi in cui ogni città era ancora un po’ un mondo a parte e Milano era città grigia e dura e criminale (il 1999 che si apre con nove morti in nove giorni), niente a che vedere con la Milano da bere degli anni Ottanta o con quella globalizzata di oggi. Nel documentario – che nella parte finale si abbandona a un po’ di eccessiva nostalgia – c’è la fase di massa, con i passaggi su Tmc – ma anche la fase sotterranea, quando tutta la scena di Milano e dintorni girava intorno a un paio di negozi, schegge punk piantate in riva alla darsena o nelle rispettabili viuzze del centro storico della città.
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